SPERANZE PER LA CURA DEL TREMORE

 

 

Il tremore, come dicevano i vecchi clinici, è sempre stato la “bestia nera dei neurologi” e, pur essendo noto e studiato tanto da costituire un cardine della semeiotica extrapiramidale e cerebellare, continua ad essere spesso resistente ai trattamenti e non di rado intrattabile.

Gli studenti delle facoltà di medicina imparano presto a distinguere il tremore a riposo del paziente parkinsoniano da quello che accompagna i movimenti intenzionali del cerebellare, e conoscono il valore che assume il sintomo inserito in un complesso diacritico per risalire alla sede del danno (ad esempio, la triade costituita da nistagmo, tremore intenzionale e parola scandita, indica lesione del cervelletto), ma sanno anche che le scosse fini o ampie, ben visibili all’estremità degli arti superiori, esprimono varie forme di perdita di un controllo risultante da complessi equilibri funzionali, le cui basi molecolari sono in gran parte ignote. Si pensi che, ad esempio, il tremore della malattia di Wilson, che si accompagna ad atassia ed è caratterizzata da lesioni diffuse, si può presentare con gli stessi caratteri delle oscillazioni ritmiche a riposo della malattia di Parkinson, che notoriamente origina da una lesione al sistema nigrostriatale dopaminergico ed ha quindi una base fisiopatologica localizzata e diversa per sistemi neuronici, neurotrasmettitori e recettori.

Da medici, sapranno che non soltanto il tremore intrattabile crea problemi, ma anche quello che hanno diagnosticato inserendolo in una costellazione di sintomi appartenenti ad una sindrome che si giova di efficaci trattamenti farmacologici. Infatti, può accadere che, dopo un’iniziale eliminazione, il sintomo può ripresentarsi divenendo resistente alla terapia, manifestandosi con caratteri diversi da quelli del suo primo insorgere e ponendo dilemmi di non facile soluzione.

Alcuni recenti risultati della ricerca sui meccanismi molecolari del tremore possono, però, giustificare un certo ottimismo per il prossimo futuro.

L’apprezzabile efficacia terapeutica della DBS (Deep Brain Stimulation) ha incoraggiato studi sui processi sottostanti la sua azione, finalizzati all’individuazione di bersagli farmacologici per interventi sinergici o indipendenti.

Bekar e collaboratori hanno rilevato che la stimolazione di alta frequenza di sezioni talamiche sottili di topo, innalzava i livelli di adenosina e riduceva la trasmissione sinaptica. L’effetto poteva essere annullato da antagonisti recettoriali dell’adenosina (Bekar L., et al. Adenosine is crucial for deep brain stimulation-mediated attenuation of tremor. Nature Medicine 14, 75-80, 2008).

Gli esperimenti condotti in vivo in modelli murini di tremore neurologico umano, hanno dimostrato che la DBS talamica era in grado di abolire le scosse, così come l’infusione intratalamica di adenosina, suffragando l’ipotesi dell’attivazione di un meccanismo di controllo mediato dalla segnalazione di questa molecola. L’impiego di un antagonista del recettore A1 dell’adenosina esacerbava il tremore negli animali da esperimento, causando gli effetti collaterali tipici della DBS.

I risultati di questo studio indicano un nuovo obiettivo per il trattamento farmacologico del tremore e per un’azione sinergica volta al miglioramento dei risultati ottenuti con la DBS.

 

Giovanni Rossi

BM&L-Febbraio 2008

www.brainmindlife.org