GUARDARE IL PROPRIO CORPO HA EFFETTO ANALGESICO

 

 

La ricerca sulla patogenesi e sulla terapia dell’arto fantasma ha consentito di capire molti aspetti dell’elaborazione centrale della percezione, fornendo alcune tessere importanti ad un mosaico funzionale che va poco a poco completandosi. Si pensi agli esperimenti pionieristici di Vilayanur Ramachandran e sua moglie Diane Rogers Ramachandran, che impiegarono uno specchio per simulare l’arto mancante e sottoporlo così ad esercizi virtuali, e allo studio più rigoroso e strutturato condotto dieci anni dopo dal gruppo di Eric Brodie della Glasgow Caledonian University su 80 pazienti, che consentì di ridurre il dolore e gli altri fastidiosi sintomi riferiti all’arto fantasma, mediante esercizi basati sull’inganno percettivo dello specchio (si veda in “In Corso”: L’ARTO FANTASMA).

Il progredire degli studi su questi pazienti ha permesso di accertare che la visione del proprio corpo incrementa i processi che elaborano la percezione tattile e può determinare una riduzione degli eventi neurali necessari perché si senta il dolore cronico tipico dell’arto fantasma.

Longo e collaboratori dell’Institute of Cognitive Neuroscience, University College of London, hanno indagato la possibilità che meccanismi simili od identici possano operare più in generale nella percezione somatosensoriale umana in condizioni fisiologiche (Longo M. R., et al., Visually induced analgesia: seeing the body reduces pain. Journal of Neuroscience 29, 12125-12130, 2009).

In soggetti volontari in buone condizioni di salute è stato indotto dolore acuto ad una mano mediante laser a raggi infrarossi. La sensazione dolorosa è stata inferta mentre le persone potevano guardare direttamente la mano colpita dai raggi, oppure l’altra mano in una riflessione speculare che creasse l’illusione di vedere la mano sottoposta all’irradiazione dolorosa.

In entrambe le condizioni, è stata registrata la riduzione della sensazione soggettiva di sofferenza e, parallelamente, sono state rilevate delle variazioni nell’attività corticale generata in risposta allo stimolo algico coerenti con una minore attività del substrato cerebrale della percezione del dolore.

Se questo risultato sarà confermato, varrà la pena avviare una sperimentazione volta a sviluppare tecniche analgesiche per ottenere in molte condizioni il trattamento del dolore mediante l’auto-osservazione vera o simulata.

 

Si invitano i lettori a cercare nell’elenco delle “Note e Notizie” le numerose ed interessanti recensioni di lavori che hanno studiato i meccanismi cerebrali della percezione del dolore e dell’analgesia. 

 

Giovanni Rossi

BM&L-Novembre 2009

www.brainmindlife.org

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]