UN ATTO SESSUALE CHE LEGA UNA COPPIA PER SEMPRE

 

 

Un simpatico animaletto della famiglia dei criceti, classificato come Microtus ochrogaster e noto fra i ricercatori americani con il nome di “prairie vole”, dopo una singola esperienza sessuale forma con il partner un legame di coppia tanto stabile e duraturo da meritargli la fama di monogamo per antonomasia. La base neurobiologica della sua fedeltà coniugale si ritiene sia rinvenibile nei circuiti dopaminergici del nucleo accumbens, come è stato dimostrato da numerosi esperimenti in passate ricerche. Brandon Aragona e i suoi collaboratori hanno indagato in dettaglio i meccanismi molecolari alla base della formazione della coppia e della fedeltà che ne segue (Nucleus accumbens dopamina differentially mediates the formation and maintenance of monogamus pair bonds. Nature Neuroscience 9, 133-139, 2005).

L’attività di trasmissione dopaminergica che promuove la formazione della coppia ha luogo nella parte esterna rostrale del nucleo accumbens, ma non nella parte centrale, il “core” del nucleo, né nei neuroni delle porzioni esterne caudali. In queste specifiche aree encefaliche, i ricercatori hanno riscontrato un comportamento opposto per i recettori D-1-simili e D-2-simili. Infatti l’attivazione dei D-1-simili impediva la formazione della coppia, mentre l’attivazione dei D-2-simili la facilitava. Dopo una prolungata coabitazione con una femmina, i maschi presentavano il comportamento che indica il mantenimento del legame, caratterizzato dalla selettiva aggressione di femmine non familiari. A questo stato cerebrale corrispondeva una “up-regulation” dei recettori D-1-simili del nucleo accumbens. Il blocco di questi recettori aboliva l’aggressione selettiva per le femmine estranee.

Aragona e i suoi colleghi sostengono che la riorganizzazione neuroplastica del sistema dopaminergico del nucleo accumbens determini un equilibrio fisiologico stabile, responsabile del mantenimento in permanenza del legame monogamico quando questo sia stato stabilito. Inoltre, dimostrano che questo sistema può contribuire all’organizzazione sociale specie-specifica.

Questo studio, che merita certamente i nostri complimenti per come è stato condotto, mi suggerisce una considerazione semi-seria: se il cervello umano fosse più semplice, vedremmo presto qualche casa farmaceutica commercializzare dei D-1-agonisti come “pillole della fedeltà” con tanto di specifica posologica: sciogliere nei pasti o negli alimenti del proprio partner a sua insaputa. E se funzionasse davvero?

 

L’autrice della nota ringrazia Isabella Floriani per la correzione della bozza.

 

Nicole Cardon

BM&L-Gennaio 2006

www.brainmindlife.org