COME VEDIAMO I VOLTI: UN RISULTATO DECISIVO

 

 

La visione, come ogni altra esperienza percettiva, è una funzione nervosa basata sull’inferenza. In altri termini, la presenza di memorie percettive della specie e dell’individuo, è cruciale per poter organizzare i dati provenienti dall’occhio in configurazioni riconoscibili: il cervello impiega gli schemi percettivi che possiede in memoria e, cimentandoli con il flusso di informazioni in entrata, vede e riconosce piante, animali, persone, ambienti ed oggetti in numero illimitato. Tale inferenza impiega processi caratterizzati da un certo grado di flessibilità che consente “generalizzazioni”, dalle quali derivano le interpretazioni automatiche di cose mai viste in precedenza.

Alla base di tali processi si ritiene che esistano dei prototipi caratterizzati da parti fisse e parti variabili, ma ancora non si sa bene se questi siano costituiti da serie degenerate o da stampi (template), con componenti stabili caratterizzanti il tipo (o tema) e componenti aggregate di volta in volta a mosaico fluido, che costituirebbero le variazioni sul tema del prototipo. I ricercatori che hanno realizzato modelli e macchine percettive, hanno compreso la straordinaria efficienza dei repertori inferenziali flessibili tipici della realtà neurobiologica.

La comprensione dei processi che consentono la visione dei volti è una sfida per le neuroscienze in generale, per le intuibili implicazioni in campi che vanno dalla neuropsicologia dei processi percettivi, allo studio delle modalità con le quali la principale fonte di linguaggio non verbale evoca emozioni e sentimenti. Per questo, la recente pubblicazione su Science dell’identificazione da parte del gruppo di Summerfield dello schema anatomo-funzionale del processo, può ritenersi rilevante sia per gli studiosi di formazione neurobiologica e medica, sia per quelli di formazione psicologica (Predictive codes for forthcoming perception in the frontal cortex. Science 314, 1311-1314, 2006).

Lo studio, condotto mediante Risonanza Magnetica Funzionale, fornisce chiare evidenze della localizzazione dello stampo per i volti (template) nella corteccia frontale mediale, e della sua attivazione anticipatoria (inferenziale), alla quale segue l’invio top-down di segnali alle aree cerebrali sensibili ai volti umani.

Gli esperimenti dimostrano che i processi che portano a decidere se si sta vedendo una faccia oppure no, implicano la comparazione delle informazioni in memoria nei sistemi neuronici della corteccia frontale mediale con quelle provenienti dalle aree della corteccia extra-striata sensibile ai volti.

E’ possibile che un simile substrato anatomo-funzionale esista per altre categorie di stimoli visivi, e, più in generale, si spera che presto la ricerca individui le basi neurali dei principali processi di inferenza percettiva.

 

L’autrice della nota ringrazia Giuseppe Perrella e rimanda al prossimo incontro del “Seminario Permanente sull’Arte del Vivere” per ulteriori approfondimenti e per una discussione dell’opera di Paul Ekman, massimo esperto del linguaggio del volto.

 

Nicole Cardon

BM&L-Gennaio 2007

www.brainmindlife.org