IL CODICE DELLA MEMORIA

 

 

Il flusso lineare di segnali che vanno da un neurone all’altro non può spiegare, da solo, come il cervello rappresenti la percezione e la memoria, per questo la ricerca di un codice neurale che possa tradurre le esperienze in processi biologici, richiede l’indagine delle funzioni alla base dell’attività coordinata di grandi popolazioni di neuroni. In questo studio sono impegnati ricercatori che partecipano ad un ambizioso e prestigioso progetto internazionale presso l’Instituto Interacional de Neurociencia de Natal (IINN) che ha tra i suoi fondatori Miguel Nicolelis e Sidarta Ribeiro (Note e Notizie 23-12-06 In Brasile alla ricerca del codice neurale) e gruppi come quello di Joe Z. Tsien della Boston University, che ha focalizzato l’attenzione sul codice della memoria.

Per decadi si è cercato di andare oltre i meccanismi della memoria cellulare e comprendere quale sia la base funzionale dei nostri ricordi, ora sembra che questo traguardo sia prossimo. Combinando un insieme di nuovi esperimenti con potenti analisi matematiche ed una tecnica di registrazione simultanea di oltre 200 neuroni in topi svegli, Tsien e i suoi collaboratori hanno scoperto un meccanismo di base che il cervello usa per ricavare informazioni dalle esperienze e trasformarle in memorie. Inoltre, i loro esperimenti hanno dimostrato che le popolazioni neuroniche implicate nella codifica di varie esperienze memorizzate, svolgono anche la funzione di estrazione del senso di ciò che registrano, verosimilmente trasformandolo in conoscenza e idee.

Tsien sostiene che, i risultati ottenuti nel suo laboratorio, permetteranno a breve di decifrare il codice neurale universale, cosa che consentirà di leggere i ricordi di una persona monitorando la sua attività cerebrale (Joe Z. Tsien, The memory code. Scientific American 297 (1), 34-41, 2007).

Ma vediamo, in estrema sintesi, gli elementi-chiave emersi da queste ricerche.

 

1. Le esperienze della vita di un mammifero lasciano traccia nel suo cervello mediante l’azione combinata di estese popolazioni di cellule nervose.

 

2. Nell’ippocampo di topo, particolari sotto-insiemi di tali popolazioni, definite “neural cliques”, rispondono ad aspetti diversi di un’esperienza; alcuni gruppi neuronici sembrano in grado di rappresentare informazioni generali relative ad una situazione, altri sembrano essere deputati alla conservazione di elementi specifici.

 

3. La stessa organizzazione funzionale usata dal cervello per formare memorie sembra essere impiegata per convertire serie di impulsi elettrici in percezione, attività motoria e conoscenza. Se i risultati degli esperimenti su cui si fonda questa ipotesi saranno confermati, si andrà delineando un linguaggio comune a processi quali rilevare, riconoscere, conservare, attribuire senso e rievocare esperienze. Un passo verso la definizione di un codice universale.

 

4. Joe Z. Tsien e i suoi collaboratori hanno convertito le registrazioni dell’attività elettrica dei neuroni “clique” in codice binario. Tale cifratura dei segnali può costituire uno strumento per una codifica univoca ed oggettiva delle funzioni globali dell’encefalo, consentendo di comparare l’attività mentale spontanea o l’elaborazione di un’esperienza da parte di individui della stessa specie o di specie diverse. Importanti applicazioni si potrebbero avere nelle interfacce cervello/macchina -dagli arti robotici alle protesi cerebrali nei deficit cognitivi- e nella realizzazione di nuovi computers ad intelligenza animale.  

 

L’esistenza di un codice neurale universale non vede d’accordo tutti i ricercatori, alcuni ipotizzano, ad esempio, che solo una parte dei processi cerebrali in specie diverse abbia un codice comune; tuttavia il recente lavoro sulla codifica neurale del concetto di tana (nido) fornisce uno strumento straordinario per mettere alla prova questa ipotesi. Si può infatti verificare se un concetto astratto, come quello relativo alla funzione di accogliere il proprio corpo, sia codificato allo stesso modo in animali diversi dal topo (L. Lin, G. Chen, H. Kuang, D. Wang and J. Z. Tsien, Neural Encoding of the Concept of Nest in the Mouse Brain. PNAS USA 104, 6066-6071, 2007).

In sintesi, nel corso dei loro esperimenti, i ricercatori avevano casualmente notato che un gruppo di cellule dell’ippocampo rispondeva specificamente alla vista del covacciolo, ossia quell’oggetto cavo usato dai roditori di laboratorio per dormire. Per sincerarsi circa i requisiti in grado di attivare queste “neural cliques”, hanno proposto agli animali varianti tonde (scodella, piatto fondo), triangolari, quadrate, di legno, plastica o cotone, ed hanno sempre potuto registrare un’intensa reazione di quelle specifiche cellule ippocampali. La reazione cessava semplicemente coprendo con un pezzo di vetro il piccolo alveo, in modo che fosse inaccessibile al topo. Era evidente, dunque, che quel gruppo neuronico non rispondeva ai requisiti fisici dell’oggetto, come fanno le cellule della corteccia visiva, ma nemmeno alla sua localizzazione od altro, reagiva ad una proprietà funzionale, ossia quella di consentire di saltare dentro, accoccolarsi e dormire. L’attivazione era generata per effetto di requisiti astratti, che Tsien e i suoi collaboratori definiscono “concetto di nido”.

Concludendo, vogliamo riportare qualche dato biografico di quest’autore, le cui ricerche, in un futuro non lontano, potrebbero consentirgli il conseguimento del Premio Nobel.

Joe Z. Tsien, che recentemente ha fondato lo Shanghai Institute of Brain Functional Genomics presso l’Università Normale della Cina Orientale, ha acquistato fama internazionale nel 1999 quando, all’Università di Princeton, ha realizzato la varietà di topo artificiale battezzata “Doogie”, in grado di imparare più rapidamente e ricordare più a lungo di qualsiasi altro roditore. Pioniere di tecniche per il knockout di geni e proteine in tempi e tessuti specifici, si è trasferito a Boston nel 2004, dove attualmente dirige il Center for Systems Neurobiology e insegna farmacologia ed ingegneria biomedica.

 

Ludovica R. Poggi & Nicole Cardon

BM&L-Ottobre 2007

www.brainmindlife.org