IL CERVELLO, LA RABBIA
E LA SUA PERCEZIONE NELLA VOCE
La rabbia, intesa come uno stato
di eccitazione aggressiva strettamente correlata alla reazione di attacco, può essere prodotta
sperimentalmente con una serie di lesioni e stimolazioni in aree cerebrali
diverse.
Ad esempio, la lesione del nucleo
ventromediale dell’ipotalamo e dei nuclei settali, così come la stimolazione di
alcune parti dell’amigdala, produce rabbia in animali come il gatto. Nei felini
questa reazione è associata a fischi, sputi, brontolìo, piloerezione,
dilatazione pupillare, e morsi e graffi specificamente indirizzati contro un
bersaglio o un avversario. Per contro, la distruzione bilaterale dei nuclei
amigdaloidei determina placidità. Ma, se alla distruzione dell’amigdala si
associa anche quella del nucleo ventromediale dell’ipotalamo, la tranquilla
serenità dell’animale si tramuta nuovamente in uno stato di rabbiosa
reattività.
Altri ricercatori hanno prodotto
rabbia negli animali stimolando un’area che si estende dall’ipotalamo laterale
alla sostanza grigia centrale del mesencefalo. Ma è anche noto da tempo che si
può indurre rabbia, anche per gli stimoli fastidiosi più banali, rimovendo la
neocorteccia in animali da esperimento. Gli stimoli fisiologici in grado di eccitare
questa emozione, come gli ormoni androgeni o l’esperienza dell’entrata di un
estraneo nel territorio difeso dall’animale, accentuano le reazioni di rabbia
artificialmente prodotta da lesioni.
Sono sufficienti questi semplici
riferimenti di fisiologia sperimentale per rendersi conto di quanto si sia
ancora lontani dalla definizione della sede e dei precisi meccanismi alla base
della risposta aggressiva.
Tuttavia, sebbene ci sia ancora
molto da conoscere ed indagare al livello neurofisiologico comparato, spesso
reimpostando i problemi e, con essi, gli obiettivi delle ricerche, può essere
utile ed importante seguire un’altra traccia in questi studi, quella del ruolo
che questo genere di risposta emozionale assume nella relazione fra individui
di una specie e, in particolare, nella comunicazione umana.
Didier
Grandjean e coll. (The
voices of wrath: brain responses to angry prosody in meaningless speech. Nature Neuroscience 8, 145-146, 2005) hanno condotto due diversi
esperimenti mediante risonanza magnetica funzionale, confrontando le risposte
cerebrali che si avevano in due casi distinti. Nel primo caso si faceva
ascoltare un discorso privo di significato con una prosodia neutra. Nel secondo
caso i soggetti potevano ascoltare lo stesso tipo di discorso, ma questa volta
caratterizzato dall’accento prosodico di una persona adirata.
I risultati di questi esperimenti
sono interessanti perché confermano la distinzione e l’azione in parallelo fra le
aree e le vie del sistema cognitivo-attentivo e quelle ritenute responsabili
dell’elaborazione emozionale. Questa caratteristica è stata dimostrata sia nell’elaborazione
della voce udita che in quella dei volti visti.
Si ritiene che questa distinzione anatomo-funzionale
nell’elaborazione della voce e dei volti umani, rifletta un vero e proprio
principio organizzativo cerebrale.
Solo il discorso pronunciato con
un tono che rifletteva lo stato d’animo dell’ira, attivava i neuroni posti nella
parte mediana del solco temporale superiore.