COME LE CELLULE T ENTRANO NEL CERVELLO NEI PROCESSI AUTOIMMUNI

 

 

Flügel e i suoi collaboratori del Max Plank Institute for Neurobiology (Martinsried, Germany), impiegando il real-time imaging delle cellule T effettrici, hanno acquisito nuovi elementi sul processo che consente ai linfociti autoreattivi di interagire con le strutture dell’encefalo ed entrare nel sistema nervoso centrale causando patologia autoimmune (Bartholomäus I., et al. Effector T cell interactions with meningeal vascular structures in nascent autoimmune CNS lesions. Nature 462, 94-98, 2009).

I neuroni e la glia del sistema nervoso centrale sono separati dalla circolazione sanguigna mediante un filtro protettivo costituito da vasi specializzati, che sono impermeabili non solo alle cellule ma anche a molte macromolecole presenti nel sangue. Come è noto, nonostante questa barriera, i tessuti dell’encefalo e del midollo spinale sono soggetti alla sorveglianza immunitaria e sono vulnerabili agli attacchi autoimmuni. Molto è stato accertato sui processi che consentono il danno autoimmune, ma molto c’è ancora da scoprire, per questo è importante il contributo di Flügel e colleghi che hanno documentato, con immagini registrate in vivo (two-photon imaging), tutti i movimenti delle celle T effettrici dal loro arrivo fino allo sviluppo della patologia.

I ricercatori hanno indotto nei ratti un’encefalomielite autoimmune sperimentale (Lewis rat model) mediante una procedura standard che prevede l’iniezione endovenosa di cellule T effettrici specifiche per l’antigene della proteina basica della mielina (MBP)[1]. Hanno poi seguito le cellule T con un marker fluorescente per 3-4 giorni dopo il trasferimento, fino all’insorgenza del danno. Le prime cellule T apparivano nel sistema nervoso centrale 1-2 giorni dopo il trasferimento nei vasi sanguigni piali delle aree subaracnoidee. Le cellule T intraluminali tendevano a procedere lentamente strisciando lungo la superficie interna del vaso, in media per circa 15 minuti, e muovendosi spesso nella direzione opposta a quella del flusso.

Un numero elevato e sempre crescente di cellule T MBP-specifiche, entro il secondo giorno, era migrato fuori dei vasi piali ed aveva cominciato anche qui a strisciare, prima percorrendo la superficie esterna dei vasi e poi spostandosi lungo la sottostante membrana leptomeningea. Al terzo giorno, con l’insorgere dei primi sintomi, i ricercatori hanno rilevato l’invasione del parenchima del midollo spinale da parte delle cellule T autoimmuni. Al quarto giorno, coincidente con il picco delle manifestazioni patologiche, i linfociti apparivano dispersi in tutto il tessuto nervoso spinale, dove avevano estesamente invaso tanto la sostanza bianca quanto la materia grigia.

Questo comportamento appare più interessante se lo si confronta con quello che i ricercatori hanno rilevato per le cellule T effettrici specifiche per un antigene non-cerebrale come l’ovalbumina (OVA). Questi linfociti mostravano, infatti, un accumulo e un comportamento simile nelle leptomeningi, ma solo eccezionalmente entravano nel sistema nervoso. Un tale reperto suggerisce che l’infiltrazione dell’encefalo e del midollo spinale richiede un processo antigene-specifico. A conferma di questa interpretazione, Flügel e i suoi collaboratori hanno reperito cellule T MBP-specifiche che, attraversando la parete vascolare piale, incontravano fagociti perivascolari che potevano presentare gli antigeni della mielina, portando all’attivazione dei linfociti T, con produzione di mediatori pro-infiammatori, innesco dell’invasione tessutale e formazione di infiltrati infiammatori.

In conclusione, si può osservare che le cellule T effettrici, nell’attraversare i vasi leptomeningei e le membrane del sistema nervoso centrale, vanno incontro ad una serie di fasi in cui scorrono lentamente, quasi strisciando, per poter scandagliare le superfici alla ricerca dell’antigene specifico presentato dai fagociti locali, dal quale ricevono l’innesco necessario per l’accesso al sistema nervoso con il conseguente sviluppo della patologia.

 

L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Floriani per la correzione della bozza e invita a leggere gli altri scritti di argomento connesso pubblicati nelle “Note e Notizie” e in altre sezioni del sito.

 

Nicole Cardon 

BM&L-Dicembre 2009

www.brainmindlife.org

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

 

 

 

 

 

 



[1] La MBP è implicata nella patogenesi della sclerosi multipla.