LE CEFALEE IN UN INCONTRO DI BRAIN, MIND & LIFE

 

 

Attualmente con il termine cefalea[1] non si indica genericamente un mal di testa, ma un’esperienza ricorrente, intensamente dolorosa e frequentemente invalidante, caratterizzata da fasi distinte e manifestazioni sintomatologiche associate.

Attribuite in passato nelle forme più frequenti a cause vascolari, oggi si ritiene che le cefalee abbiano origine neurologica in un’onda anomala di attività neuronica che si diffonde attraverso l’encefalo. Secondo numerose evidenze sperimentali, il primum movens sarebbe costituito da un’alterazione funzionale di gruppi neuronici del tronco encefalico (ipotesi dell’origine troncoencefalica), tuttavia alcuni ricercatori sostengono che l’aura e il dolore avrebbero entrambi origine in neuroni ipersensibili della corteccia cerebrale (ipotesi dell’origine corticale) che causerebbero la diffusione di uno stato elettrico anomalo (cortical spreading depression), agente secondariamente sui neuroni trigeminali del tronco encefalico. Altri ipotizzano un avvio subcorticale (ipotesi dell’origine nella sottocorteccia).

I due terzi delle persone colpite sono donne di età compresa fra i 15 e i 55 anni e mediamente soffrono di attacchi della durata di un giorno, con cadenza mensile. Il 10% degli affetti riferisce una frequenza settimanale, il 20% ha attacchi per due-tre giorni e oltre il 14% soffre per più di 15 giorni al mese.

I quattro stadi o fasi della descrizione clinica classica non sono sempre presenti: 1) i Prodromi, che durano da poche ore a pochi giorni, si rilevano nel 60% dei casi; 2) l’Aura, che dura da 20 a 60 minuti, nel 30% dei pazienti; 3) il Dolore, che persiste dalle 4 alle 72 ore e raramente è limitato ad un antimero del capo (emicrania), è l’unica fase ad essere sempre presente, perché conditio sine qua non per la diagnosi; 4) i Postumi, che permangono da poche ore a pochi giorni, sono riferiti dal 70% delle persone affette.

Gli studi degli anni più recenti, grazie ai progressi nel campo della genetica, della biologia molecolare e del brain imaging, hanno prodotto una grande mole di nuovi dati dai quali sta poco a poco emergendo un quadro organico dei meccanismi molecolari e dei processi fisiopatologici alla base di questa condizione che interessa oltre 300 milioni di persone in tutto il mondo[2]. Gli studi genetici, che hanno preso le mosse da una rara forma ereditaria definita familial hemiplegic migraine, hanno identificato varie mutazioni geniche in grado di alterare la funzione dei canali ionici e delle pompe che regolano l’equilibrio elettrico dei neuroni e della glia. Fra i geni più studiati nel disturbo familiare si annoverano CACNA1A, ATP1A2 e SCN1A. Il legame di questi geni con l’epilessia, uno dei primi disturbi nei quali è stata individuata un’alterazione del funzionamento dei canali ionici, fa pensare alla possibilità che le cefalee siano delle “canalopatie” (channelopathies).

Lo scorso sabato, i soci della Società Nazionale di Neuroscienze BM&L-Italia hanno tenuto un incontro preliminare per definire il programma di un meeting di aggiornamento che riguarderà tutti gli aspetti della ricerca sulle cefalee, dall’eziologia alle nuove prospettive terapeutiche, ma avrà come principale argomento i meccanismi molecolari della patogenesi.

 

Ludovica R. Poggi

BM&L-Settembre 2008

www.brainmindlife.org

 

[Tipologia del testo: ELEMENTI E COMUNICAZIONE]

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] Anche in trattazioni specialistiche si legge spesso il termine emicrania, per effetto di una traduzione  ad orecchio del termine inglese migraine che in medicina equivale a cefalea. L’uso erroneo va evitato, perché la forma di dolore circoscritta solo all’emicranio destro o a quello sinistro esiste come distinta entità clinica. Secondo etimologisti inglesi il termine migraine originerebbe da megrim, corruzione del termine latino dotto hemicrania (impiegato già da Galeno nel suo corretto significato) a sua volta derivato dal greco hemikrania.

[2] Un report dell’Organizzazione Mondiale della Sanità descrive la cefalea come uno dei quattro disturbi medici cronici più disabilitanti.