BENZODIAZEPINE SENZA RISCHIO DI DIPENDENZA

 

 

Le benzodiazepine esercitano il loro rapido ed efficace effetto ansiolitico accrescendo la neurotrasmissione inibitoria mediante il legame allo specifico sito (BZ) del recettore del GABA (acido γ-aminobutirrico), il neuromediatore inibitorio più importante della corteccia cerebrale e di tutto l’encefalo umano.

L’impiego di questi farmaci che, fra gli anni Sessanta e Settanta del secolo appena trascorso ha soppiantato l’uso di sedativi-ipnotici pericolosi come i barbiturici, ha poi fatto registrare degli eccessi nei decenni successivi, quando l’insieme delle preparazioni e delle specialità farmaceutiche contenenti benzodiazepine costituiva la categoria farmacologica più venduta al mondo. La documentazione di un numero sempre crescente di pazienti che, trattati per disturbi dello spettro dell’ansia, finivano per aumentare spontaneamente le dosi giungendo ad un’assunzione voluttuaria e, talvolta, a condotte simili a quelle indotte dalle comuni sostanze psicotrope d’abuso, ha moltiplicato gli studi sul pericolo di dipendenza[1] ed indotto, soprattutto nell’ultimo decennio, ad una maggiore prudenza nella prescrizione.

Lüscher e collaboratori del Department of Basic Neurosciences, Medical Faculty, University of Geneva (Svizzera) hanno dimostrato in modo convincente che la potenziale induzione di dipendenza da parte delle benzodiazepine è legata alla modulazione positiva dei recettori GABAA contenenti la subunità α1 nei neuroni dell’area tegmentale ventrale (VTA), - struttura implicata nei meccanismi del piacere e della dipendenza - e suggeriscono la realizzazione di composti in grado di evitare i recettori contenenti l’isoforma α1 per eliminare ogni rischio di addiction (Tan K. R., et al. Neural bases for addictive properties of benzodiazepines. Nature 463, 769-774, 2010).

E’ noto che le sostanze psicotrope in grado di indurre dipendenza accrescono i livelli di dopamina mesolimbica riducendo l’inibizione dei neuroni dopaminergici (effetto di disinibizione); in realtà agiscono con due meccanismi: la diretta depolarizzazione delle cellule e l’inibizione dei trasportatori della catecolamina che consentono la ricaptazione. Sono poi in grado di innescare cambiamenti di lunga durata nella VTA che possono essere ricondotti ad un aumento della ratio AMPA/NMDA e a una variazione nel gradiente della curva corrente-voltaggio delle correnti postsinaptiche eccitatorie evocate (EPSC).

I ricercatori, dopo aver rilevato che le benzodiazepine inducono tali modificazioni nei circuiti della VTA di topo già 24 ore dopo l’iniezione, hanno sottoposto a verifica l’ipotesi che questi effetti fossero causati dall’azione su particolari isoforme dei recettori GABAA.

I topi con una mutazione nella subunità α1 del recettore GABAA (H101R), che compromette il legame con le benzodiazepine, perdevano la plasticità adattativa indotta da questi farmaci. Un modulatore recettoriale selettivo per sub-tipo di GABAA, che ha proprietà ansiolitiche ed agisce come agonista parziale per i sotto-tipi α2, α3 e α5, ma da antagonista di α1, non induceva la plasticità adattativa, suggerendo che questo effetto dipende dai recettori della VTA che contengono la subunità α1.

Le colorazioni immunoistochimiche hanno rivelato che la VTA è ricca di neuroni gabaergici contenenti l’isoforma α1. Inoltre, le registrazioni elettrofisiologiche in vivo hanno dimostrato che la disinibizione indotta da benzodiazepine dei neuroni dopaminergici della VTA era abolita nei topi con la mutazione H101R, ma non nei ceppi murini in cui erano mutate altre isoforme della subunità α.

Infine, un ultimo tipo di esperimenti ha fornito un dato importante sui topi con la mutazione H101R: questi roditori non erano in grado di sviluppare preferenza per una soluzione da bere contenente benzodiazepine, ma conservavano la capacità di acquisire una forte preferenza per soluzioni contenenti saccarosio rispetto all’acqua pura, dimostrando che il sistema generico di rinforzo basato sulla ricompensa, o sistema a ricompensa della VTA era assolutamente integro.

Concludendo, l’identificazione delle basi molecolari del comportamento di dipendenza indotto da benzodiazepine consentirà di sperimentare ansiolitici selettivi rispetto alle isoforme  delle subunità recettoriali GABAA e privi dell’effetto indesiderato che limita la prescrizione.

 

L’autrice della nota invita alla lettura degli scritti di argomento connesso che compaiono su questo sito.

 

Ludovica R. Poggi

BM&L-Maggio 2010

www.brainmindlife.org

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

 

 

 

 



[1] Il ruolo dei fattori genetici e di altre causa predisponenti, in termini di fenotipo cerebrale e stato di attivazione, è senz’altro molto importante nel determinare o meno lo sviluppo di dipendenza. Numerosi studi sono stati condotti, ma è necessario proseguire la ricerca alla luce delle nuove conoscenze. Gli psichiatri di tutto il mondo hanno documentato casi di pazienti trattati anche con dosi elevate e numerose volte nell’arco di tutta la vita, senza che mai sviluppassero dipendenza, manifestando solo, nel caso di assunzioni protratte, la fisiologica assuefazione (riduzione dell’effetto a parità di dose) che, dopo un congruo periodo di sospensione, scompariva.