IL BACIO, LA SUA FISIOLOGIA E LA SUA ORIGINE

 

 

(SECONDA PARTE)

 

 

ORIGINE DEL BACIO. In una prospettiva darwiniana l’atto del baciarsi, al pari di ogni altra espressione di affetti ed emozioni con carattere comunicativo[1], deve avere una storia evolutiva che abbia consentito la sua conservazione mediante un vantaggio selettivo diretto o indiretto. Seguendo tale ipotesi, fin dal secolo scorso, si è cercato di rintracciare degli antecedenti in varie specie animali, provando a definirne il valore biologico che ne avrebbe giustificato l’affermazione. Questo lavoro, tuttavia, è apparso difficile fin dagli inizi, in quanto il baciarsi sulla bocca è un comportamento rarissimo da osservarsi nelle specie animali e non obbligatorio nella realtà umana, rivelando perciò un legame debole con i vincoli decisivi per il successo selettivo. Non sorprende, perciò, che l’ipotesi avanzata per primo da Desmond Morris[2], negli anni Sessanta, sia rimasta unica a lungo e fondi ancora l’opinione della maggioranza degli studiosi.

Ecco, in sintesi, la recentissima filogenesi del bacio.

Morris aveva osservato nei primati la pratica delle madri di masticare il cibo e poi nutrire bocca a bocca i piccoli, introducendo i frammenti fra le labbra non dischiuse di questi. Suppose, perciò, che gli ominidi proto-umani, con un patrimonio genetico simile a quello delle scimmie, nelle stesse condizioni potrebbero aver fatto la stessa cosa. La pressione delle labbra sulle labbra, sarebbe stata poi impiegata come modo per placare le richieste di piccoli affamati nei periodi di scarsità di cibo e, successivamente, sarebbe divenuta una maniera per esprime amore ed affetto in generale[3]. Le varie forme presenti nelle nostre società, dal bacio più casto al più erotico, sarebbero il prodotto di un’ulteriore evoluzione di tipo culturale.

Attualmente si dispone di molte descrizioni del comportamento di vari primati con ordinate forme di organizzazione sociale, quali i macachi del Giappone, e di varie altre specie di grandi dimensioni, quali scimpanzé, gorilla e oranghi, e sebbene i dati sulla tendenza a baciarsi siano scarsi e non sempre concordanti, sembra vi sia accordo nel definire il bonobo, ossia lo scimpanzé pigmeo, particolarmente propenso a questa effusione. In proposito vale la pena fare un breve cenno ad un episodio narrato di Frans de Waal, primatologo della Emory University[4]: un impiegato dello zoo che ben conosceva l’abitudine di uno dei bonobo di baciare i suoi cospecifici, fatto oggetto di pressioni affettuose, decise di accettare la manifestazione d’affetto della scimmia, ma questa, quando ebbe la possibilità di baciarlo, gli introdusse la lingua in bocca con passione, generando grande disagio e stupore nel malcapitato.

Simili episodi fanno pensare che un tal modo di baciare non sia stato attuato per la prima volta in ambito umano[5].

Aneddotica a parte, il dato di maggior interesse ricavato dallo studio del bacio negli animali è la conferma della suo valore relativo in rapporto all’efficacia riproduttiva e all’affermazione in un territorio: la maggior parte delle specie animali studiate non presenta questo atto nel repertorio comportamentale, pur generando pienamente la propria prole e non manifestando svantaggi nella competizione con specie che si scambiano questa effusione fra partners.

Il bacio non sembra dunque avere un ruolo di necessità in chiave evoluzionistica e, se passiamo dalla prospettiva comparata a quella antropologica, ne abbiamo una conferma.

Lo studioso danese Kristoffer Nyrop (1858-1931) descrisse delle tribù finniche i cui membri facevano il bagno nudi insieme, senza separazioni fra sessi, ma consideravano baciarsi una cosa indecente[6].

Nel 1897 l’antropologo francese Paul d’Enjoy riportò che i Cinesi di quel tempo consideravano il baciarsi sulla bocca una cosa tanto orrenda quanto il cannibalismo. In alcune aree della Cina, nonostante i radicali mutamenti culturali, questo tabù permane.

In Mongolia, i padri non baciano i propri figli, ma ne annusano il capo con lo stesso valore di scambio affettivo.

A queste popolazioni se ne possono aggiungere tante altre che non usano il bacio o presentano usi alternatvi, quali lo sfregarsi il naso degli Esquimesi o i vari comportamenti intimi di gruppi etnici dell’Africa e dell’Oceania.

In una pubblicazione del 1970 Irenäus Eibl-Eibesfeldt riportava che almeno un decimo del genere umano non pratica l’osculazione [7]. Dopo oltre vent’anni, nel 1992, gli studi della Fisher sostanzialmente confermarono questo dato, andando oltre. Si stima, infatti, che oltre 650 milioni di esseri umani non si bacia sulle labbra, ossia una popolazione superiore agli Stati Uniti e all’Europa occidentale messi insieme.

 

[Continua]

 

L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Floriani per la correzione della bozza e i colleghi del Seminario Permanente sull’Arte del Vivere.

 

Nicole Cardon

BM&L-Aprile 2008

www.brainmindlife.org



[1] Charles Darwin, The expression of emotion in man and animals. Longmans, Londra 1872.

[2] Zoologo inglese, Desmond Morris acquisì fama internazionale per il suo studio del comportamento umano in chiave etologica, proposto in saggi divulgativi quali La scimmia nuda e Zoo umano, non scevri da critiche di evoluzionisti e neuroscienziati, fra i quali Steven Rose (cfr. S. Rose, Il cervello e la coscienza. EST Mondadori, Milano 1973).

[3] A questa interpretazione, che fa risalire il bacio all’atto compiuto dalla madre, Giuseppe Perrella ha apportato una variante ipotetica che attribuisce l’involontaria “invenzione” del bacio al piccolo che, durante la nutrizione bocca a bocca, potrebbe impiegare il riflesso di succhiamento col quale si allatta al seno.

[4] Cfr. p. 27 di Chip Walters, Affairs of the lips. Sci. Am. Mind 19 (1): 24-29, 2008.

 

 

[5] La convinzione radicata, che il baciarsi sulla bocca toccandosi la lingua abbia una specifica origine culturale, è testimoniata dalla definizione “French kiss”, che si fa risalire al 1923, ed è tuttora in uso nei paesi di lingua inglese e, in particolare, in alcuni Stati degli USA ancora indica un uso peccaminoso, sconveniente o volgare, estraneo alla cultura di rigorosa osservanza biblica portata dai Pilgrim Fathers.

[6] Si veda in Kristoffer Nyrop, The kiss and its history. Singing Tree Press, Detroit 1968.

[7] Irenäus Eibl-Eibesfeldt, pioniere dell’Etologia ora a capo del Max-Planck-Society Film Archive of Human Ethology in Andechs (Germania), presentò questo dato in Love and Hate: The Natural History of Behavior Patterns. Holt, Rinheart and Winston (prima edizione tradotta in inglese), 1972.