AUTISMO, MACROCEFALIA E TUMORI LEGATI IN UN GENE

 

 

Tumori, macrocefalia, crisi epilettiche e ritardo mentale, possono essere causate da mutazioni nel gene soppressore tumorale Pten che, pur senza prove decisive, è stato messo in relazione anche con disturbi dello spettro autistico. Vari studi lo hanno messo in rapporto con la polarità cellulare e con proprietà delle sinapsi. Delezioni sperimentali di questo gene hanno evidenziato la sua importanza nel controllo delle dimensioni e del numero delle cellule, suggerendo una stretta relazione con la malattia di Lhermitte-Duclos e la macrocefalia; infine, è stata dimostrata una sua funzione di regolazione nella differenziazione della glia di Bergmann nello sviluppo del cervelletto.

Una ricerca, condotta da Chang-Hyuk Kwon e colleghi presso il centro per la ricerca di base sulla crescita nervosa e sulla rigenerazione dell’Università del Texas a Dallas, fornisce ora prove dirette degli effetti dell’inattivazione di questo gene e propone nuovi elementi di discussione e interpretazione (Pten regulates neuronal arborization and social interaction in mice. Neuron 50, 377-388, 2006).

Poiché i topi privi di Pten muoiono durante l’embriogenesi, il gruppo di Kwon ha impiegato un approccio knockout condizionato per studiare il ruolo di PTEN in neuroni in cui la polarità e la funzione sinaptica fossero mature e ben definite. A tale scopo hanno eliminato Pten in alcune popolazioni neuroniche differenziate della corteccia cerebrale e dell’ippocampo. I topi mutanti sviluppavano una macrocefalia prevalentemente localizzata nell’area del proencefalo, in corrispondenza del maggior numero di neuroni portatori della delezione.

E’ noto che la segnalazione legata al gene Pten partecipa ai processi di accrescimento e sviluppo delle diramazioni di dendriti ed assoni, perciò i ricercatori hanno studiato i prolungamenti neuronici nei topi portatori della delezione, rilevando marcate anomalie: assoni ectopici nelle cellule granulari, abnorme espansione della via delle fibre muscoidi ed aumento del numero delle vescicole sinaptiche dei singoli terminali assonici che apparivano ipertrofici. Impiegando il metodo di Golgi è stato possibile evidenziare un’ipertrofia dei dendriti caratterizzata dall’aumento del loro calibro complessivo e dall’accresciuta densità delle spine dendritiche. Queste anomalie morfologiche erano associate con l’attivazione della via Akt/mTor/S6k e l’inattivazione di Gsk3beta.

In altre parole, gli autori hanno rilevato un aumento dei composti a valle della via della fosfatidil-inositolo-3-chinasi (PI3K), coerente con l’intervento di PI3K nella plasticità sinaptica e con l’inibizione della segnalazione di PI3K da parte di PTEN. Perciò, Kwon e i suoi colleghi ipotizzano che l’anomala attivazione della via PI3K/AKT in specifiche popolazioni neuroniche possa essere alla base della macrocefalia e di anomalie del comportamento assimilabili a sintomi dello spettro autistico.

Per accertare la plausibilità di questa correlazione, gli autori hanno studiato varie prestazioni e comportamenti dei topi portatori della delezione di Pten, confrontandoli con quelli del gruppo di controllo.

Hanno così riscontrato che i topi mutanti rispetto ai controlli dedicavano un tempo più breve alla conoscenza di un nuovo topo con il quale venivano in contatto e, se indotti a scegliere fra un potenziale compagno e un oggetto inanimato, non mostravano una definita preferenza per il membro della propria specie come facevano i topi normali. Quando il nuovo topino -tecnicamente definito social target- veniva allontanato e successivamente reintrodotto, i portatori della delezione selettiva di Pten non presentavano il comportamento tipico del riconoscimento, indicando un deficit nell’apprendimento sociale.

Non è superfluo rilevare che il gruppo di Kwon, mediante numerose prove, ha escluso nei portatori della delezione la presenza di disturbi sensoriali, ma ha evidenziato effetti neuropsichici particolari nei topi mutanti.

Un primo elemento che caratterizza il regime di base del sistema nervoso di questi topi è l’iperattività spontanea, che indica una riduzione del controllo inibitorio fisiologico da cui parte la modulazione delle attività in risposta agli stimoli interni ed esterni.

Il secondo elemento è dato dal difetto di trasmissione dell’informazione sensoriale al sistema motorio.

Un terzo elemento è dato dalle accentuate startle responses, caratteristiche, nella realtà umana, dei disturbi d’ansia acuti e cronici, quali il disturbo post-traumatico da stress. Una riflessione in termini di neurofisiologia comparata, ci consente di riportare questo effetto ad un difetto di inibizione di circuiti troncoencefalici e limbici.

Infine, i ricercatori riferiscono di altre risposte emerse nel corso degli esperimenti, paragonabili a fenomeni caratteristici degli stati ansiosi umani.

Gli elementi emersi dagli esperimenti eseguiti in questo studio offrono numerosi spunti alla riflessione ed alla sperimentazione, fornendo un ulteriore apporto a quel mutamento di prospettiva, rispetto all’ottica prevalente anche nel più recente passato, che oggi ci consente un approccio più efficace e promettente alla patologia neuropsichica prodotta da alterazioni di geni che influenzano funzioni di base delle cellule e dei sistemi.

Gli autori, per parte loro, ritengono di aver creato un modello sperimentale del disturbo autistico con macrocefalia; ulteriori ricerche confermeranno o confuteranno la validità di questo assunto.

 

La scheda tassonomica e dettagliate informazioni sul gene Pten (Phosphatase and tensin homolog) si trovano “clickando” nella nostra pagina CERCA sul link alle banche-dati NLM, “All databases”, e qui su “Gene: gene centered information”.

Diane Richmond e Giovanni Rossi ringraziano Isabella Floriani per la correzione della bozza.

 

Diane Richmond & Giovanni Rossi

BM&L-Giugno 2006

www.brainmindlife.org