Autismo, nuove prospettive da vecchie osservazioni cliniche
La craniometria, il cui valore fu sovrastimato all’epoca
pionieristica di Broca, Gratiolet, Cuvier, Foville, Retzius, divenne poi,
nell’immaginario collettivo, sinonimo di arretratezza culturale in medicina in
quanto fu a lungo e indissolubilmente legata alla Frenologia di Spurzheim che
rappresentava il cervello come un insieme di organi corrispondenti alle facoltà
e alle inclinazioni di maggior rilievo per la società del tempo. Eppure la misura
della circonferenza cranica ha tuttora applicazione e rilievo non solo in
auxologia, la branca della pediatria che studia la crescita, ma anche in
neuropsichiatria infantile. La semeiotica neuropsichiatrica dell’infanzia si
avvale della misura della circonferenza cranica per valutazioni diagnostiche,
ad esempio nel caso della microcefalia è noto che una riduzione di oltre 2Σ
di deviazione standard dalla norma si accompagna sempre a ritardo mentale.
Tuttavia questo genere di rilievi non gode di buona fama, sia presso il grande
pubblico, che spesso associa ancora questa pratica al suo antecedente storico,
ossia un’antropologia nutrita di pregiudizi razziali, classisti e maschilisti,
sia presso gli specialisti che sono abituati ai sofisticati strumenti della
medicina tecnologica. Per questo la ricerca condotta dal gruppo di Courchesne
dell’Università della California a San Diego, basata sulle dimensioni craniche
degli autistici, potrebbe generare perplessità preconcette in molti. Vale la
pena, invece, conoscerne i risultati (vedi Suzanne
Farley, A head start on autism, Nature Review Neuroscience 4, 696,
September 2003) e riflettere sull’ipotesi
interpretativa avanzata.
Da oltre mezzo secolo, più precisamente dagli anni Quaranta,
è stata riscontrata con osservazioni sistematiche l’eccessiva dimensione del
capo in molti bambini e ragazzi che presentavano i sintomi dell’ Autismo Infantile,
ma a questo dato non si dava particolare importanza, perché non poteva essere
correlato ad alcuna causa nota della sindrome.
Il gruppo di San Diego esaminando dati di misura provenienti
da un esteso campione della popolazione normale e confrontandoli con quelli di
ragazzi e bambini autistici, ha rilevato che il 60% dei pazienti aveva
dimensioni significativamente al di sopra della media e la gravità dei sintomi
aveva stretta correlazione con l’entità dell’eccedenza. La valutazione alla
nascita e lo studio di bambini affetti da autismo fra i 6 e i 14 mesi di età,
ha consentito di rilevare che i neonati che svilupperanno la malattia hanno una
circonferenza cranica alla nascita inferiore alla norma, cosa che suggerisce
l’esistenza di un abnorme stimolo all’accrescimento durante il primo anno di
vita. Le fasi di stasi durante la crescita si suppone che siano di estrema
importanza per la formazione di nuove connessioni sinaptiche e per il loro
consolidamento o la loro eliminazione per effetto della selezione durante
l’uso.
Courchesne ipotizza che un accrescimento eccessivamente
rapido, ossia fuori del normale controllo, impedisca la guida dell’esperienza e
dell’apprendimento nel processo di differenziazione maturativa cerebrale,
consentendo la formazione di connessioni secondo patterns anomali che non
consentirebbero più al cervello dell’autistico di avvalersi dei feedbacks
naturali, forniti da una corretta elaborazione degli stimoli provenienti dal
mondo esterno e dalle endopercezioni.
Studi come questo, sebbene di portata molto modesta rispetto
ai grandi enigmi che quel complesso eterogeneo di condizioni patologiche
etichettate come “Autismo” ci propone, possono aiutare a definire il campo di
indagini di altre ricerche, come quelle che pongono in relazione l’alterazione
dell’espressione dei geni omeotici con l’alterato sviluppo negli autistici. Ad
esempio, si potrebbe approfondire la caratterizzazione del 60% che ha un
eccessivo accrescimento dell’encefalo in termini morfologici (vedi anche
“Autismo: mappa dei solchi corticali in 3D realizzata per la prima volta”) e
genetici, rilevando le differenze con il 40% che non presenta questo eccesso
dimensionale.
Sarebbe interessante anche notare se l’ipotrofia cerebellare
delle strutture mediane, riscontrata in una percentuale di casi, si accompagna
ad un profilo morfologico e genetico coerente con uno sviluppo non eccedente il
normale o se può essere presente in bambini con un eccessivo sviluppo del
neoencefalo.