TRE
NUOVE ASSOCIAZIONI GENETICHE PER LA MALATTIA DI ALZHEIMER
Due studi indipendenti pubblicati di recente su Nature Genetics hanno individuato tre nuove associazioni forti di varianti geniche con la malattia di Alzheimer ad insorgenza in età avanzata (LOAD)[1] (Harold D., et al. Genome-wide association study identifies variants at CLUnand PICALM associated with Alzheimer’s disease. Nature Genetics 41 (10), 1088-1093, 2009, commento alla pagine 1047-1048; Lambert J. C., et al. Genome-wide association study identifies variants at CLU and CR1 associated with Alzheimer’s disease. Nature Genetics 41 (12), 1094-1099, 2009, commento alla pagine 1047-1048).
Fino ad oggi evidenze significative di associazioni sono state trovate per oltre 35 loci in tutte le forme, ma per la LOAD, se si eccettua APOE-ε4 confermata letteralmente da centinaia di laboratori, non si hanno certezze, e le probabilità maggiori di un rapporto eziopatogenetico sembrano esservi con geni come LRP1, A2M e IDE, il cui ruolo si spiegherebbe sulla base dell’ipotesi che attribuisce queste forme a deficit della rimozione del materiale costituito dagli aggregati di peptidi β-amiloidi (Aβ).
I risultati di questi due lavori sono veramente degni di nota, in un panorama di collegamenti genetici che si fa sempre più ricco di dati la cui rilevanza rimane però difficile da valutare. I due progetti, guidati rispettivamente da Harold (Medical Research Council Centre for Neuropsychiatric Genetics and Genomics, Department of Psychological Medicine and Neurology, School of Medicine, Cardiff University, UK) e Lambert (Inserm U744, Lille, Francia), sono stati realizzati come studi di associazione sull’intero genoma (two-stage genome-wide association studies) ed hanno, fra l’altro, ulteriormente riscontrato l’associazione bene stabilita con l’apolipoproteina E (APOE).
I nuovi studi hanno collegato alla potenzialità di sviluppo della LOAD i loci della proteina CLU (clusterin), di CR1 (complement component (3b/4b) receptor 1) e PICALM (phosphatidylinositol-binding clathrin assembly protein).
Attualmente è noto che CLU interagisce con i peptidi Aβ e si ritiene che CLU, insieme con CR1, possa avere un ruolo nella clearance del materiale Aβ. Per quanto riguarda PICALM, è stato accertato che è implicata nell’endocitosi mediata da clatrina e nella direzione del traffico di VAMP2.
Naturalmente, questi risultati costituiscono una traccia per studi molto impegnativi che tenteranno di stabilire i meccanismi molecolari collegati a questi geni e verosimilmente implicati nella patogenesi della malattia.
L’autrice
della nota ringrazia la dottoressa Floriani per la correzione della bozza e
invita a leggere le numerose recensioni di argomento connesso nelle nostre
“Note e Notizie”.
[Tipologia del testo: RECENSIONE]
[1] La forma ad insorgenza tardiva si manifesta clinicamente ad
una età uguale o maggiore di 65 anni e costituisce la maggioranza dei casi.
Sebbene gli studi sui gemelli abbiano stabilito l’importanza assoluta della
componente genetica in questa forma, un solo gene è stato confermato in tutti
gli studi: APOE-ε4. Le forme
giovanili sono rare e, insieme con quelle insorgenti in età adulta,
costituiscono meno del 5% di tutti i casi. Clinicamente le forme ad insorgenza
nell’età media avanzata sono relativamente frequenti; ricordiamo, in proposito,
che la stessa Auguste D., ossia la paziente sul cui cervello Alois Alzheimer
fece il primo studio istopatologico della malattia, morì a 55 anni. D’altra
parte, fino a qualche decennio fa la malattia di Alzheimer, con quella di Pick,
era classificata fra le demenze pre-senili,
perché si riteneva che fra le demenze insorgenti dopo la settima e l’ottava
decade di vita non vi fossero casi di degenerazione corrispondenti a quella
identità nosografica; successivamente sono stati descritti numerosissimi casi
ad insorgenza nella fase più avanzata della vita (late onset Alzheimer’s disease o
LOAD). Per ulteriori elementi su questo argomento si veda: Giuseppe
Perrella, La Malattia di Alzheimer.
Un’introduzione. BM&L-Italia, 2003.