L’ARTO FANTASMA

 

 

(QUARTA PARTE)

 

 

Secondo Ronald Melzack, il cervello non si limita alla elaborazione dei segnali provenienti dalla periferia, ma genera un proprio schema (neural signature) che rappresenta integralmente il corpo e conferisce alla mente il senso della configurazione, dei confini e dell’appartenenza. Se accettiamo l’ipotesi che tale prodotto dell’attività cerebrale sia geneticamente predefinito e in gran parte indipendente dall’esperienza, non avremo difficoltà a ritenere che non possa essere alterato dalla rimozione chirurgica di una parte del corpo e nemmeno da un difetto presente alla nascita e che, dunque, il persistere della sua attività possa creare l’erronea sensazione della presenza della parte mancante[1].

La complessa orchestrazione dei segnali che genera la neural signature richiede una vasta rete di neuroni alla quale Melzack ha dato il nome di neuromatrix.

La costituzione anatomica della neuromatrix può essere ricondotta ad aree della corteccia parietale e a due vie nervose:

1) corteccia somatosensoriale;

2) corteccia di aree del lobo parietale responsabili della struttura mentale dell’immagine del corpo;

3) corteccia di aree del lobo parietale rilevanti per la coscienza del sé corporeo;

4) via che proietta alla corteccia somestesica, attraverso il talamo, segnali sensitivi che saranno elaborati in sensazioni di posizione, tattili, termiche, ecc.;

5) via che attraversa le strutture del sistema limbico e conferisce alle sensazioni le componenti emozionali associate al dolore e all’ansia.

Le prime prove a sostegno dell’idea che la neuromatrix sia geneticamente prefissata secondo un piano che rappresenta tutto il corpo, sono relativamente recenti e risalgono ad un lavoro che Melzack e i suoi collaboratori hanno pubblicato nel 1997.

Lo studio aveva esaminato 125 persone nate senza un arto o sottoposte ad amputazione prima dei 6 anni, ed aveva rilevato in ben 41 di esse il fenomeno dell’arto fantasma, in particolare in 1/5 degli affetti da assenza congenita e in oltre la metà di coloro che avevano subito l’asportazione chirurgica nei primi anni di vita.

Anche in assenza di queste prove, fin da quando fu avanzata per la prima volta, la teoria di Melzack ha consentito di formulare nuove interpretazioni, sia di sindromi della neurologia classica, sia di disturbi entrati di recente nella nosografia psichiatrica.

E’ noto che la lesione traumatica, l’ictus e più raramente altre cause che danneggino il lobo parietale destro, possono dar luogo ad emisomatoagnosia (left emibody neglect syndrome), associata o meno a negligenza spaziale unilaterale (neglect)[2], e profondamente disturbare i pazienti che perdono la consapevolezza di appartenenza della parte sinistra del proprio corpo, trascurandola nel vestirsi, lavarsi, muoversi nell’ambiente. Queste persone, nell’indossare gli indumenti, possono non infilare la manica sinistra di una maglia, di una camicia, di una giacca, o possono presentarsi in pubblico con una sola scarpa, negando che il piede scalzo sia il proprio; le donne mettono un solo orecchino e gli uomini radono solo la parte destra del viso senza provare alcun disagio. Se si chiede loro il perché di un tale comportamento, prima che abbiano ricevuto una spiegazione della sindrome di cui sono affetti, risponderanno con argomentazioni che rivelano il tentativo di razionalizzare le incongruenze, oppure con il fermo diniego circa l’appartenenza di quella parte del corpo che, qualora si tratti di un arto, frequentemente è attribuita ad altri[3].

Poiché l’estensione e la localizzazione delle lesioni che causano tali quadri clinici varia notevolmente da caso a caso, si comprende come l’ipotesi dell’esistenza di un’ampia rete neuronica cerebrale che integra le varie parti del corpo in una coscienza unitaria di appartenenza, costituisca uno strumento interpretativo di notevole efficacia.

Sulla base dell’esistenza di una neuromatrix si possono interpretare anche fenomeni transitori dovuti, con ogni probabilità, a difetto di irrorazione ematica dell’encefalo, come nel caso di un astronauta della NASA descritto da Miguel Nicolelis. Il pilota, nella fase iniziale dell’orbita della sua prima missione spaziale, ordinò ai suoi colleghi di smettere di sporgere le mani sul suo pannello di controllo di sinistra; quando il suo equipaggio lo informò che la mano in questione era la sua, il pilota negò con l’ironica fermezza di chi sa che non potrebbe misconoscere una parte del proprio corpo che muove secondo precise intenzioni, dalle quali dipende la vita propria e quella degli altri: “La mano sul pannello di sinistra non è certamente mia”. Questa dichiarazione generò una grande preoccupazione a bordo e nello staff di controllo del centro aerospaziale di Houston, fino a quando, alcune ore dopo, il pilota esclamò: “Rilassatevi, ragazzi. Ho ritrovato sul pannello di controllo la mia mano sinistra mancante!”[4]

Cos’era accaduto? Presumibilmente, per effetto dell’accelerazione nel decollo o per l’assenza di gravità in quota, si era verificata una riduzione di flusso ematico –e conseguentemente di ossigeno e metaboliti- ai sistemi neuronici del lobo parietale destro, attivi nel mantenimento dell’appartenenza della mano sinistra[5].

Il raro disturbo psichiatrico di identità dell’integrità corporea (body integrity identity disorder, BIID), definito anche apotemnofilia per la richiesta di amputazione da parte dei pazienti, si caratterizza per un’alterazione della coscienza corporea che induce la persona a non riconoscere l’appartenenza di un proprio arto e ad esserne infastidita al punto di volersene sbarazzare. L’alterazione dei sistemi neuronici cerebrali che gestiscono la neural signature, anche in questo caso può costituire una spiegazione soddisfacente.

Problemi alla teoria di Melzack possono derivare dal suo cimento con la ricerca che studia la plasticità dello schema corporeo corticale mediante le variazioni anatomiche della somatotopica per effetto della fisiologia.

Se una neuromatrix esiste, quali sono le sue componenti stabili e non soggette a variazioni adattative?

Questo interrogativo è stato sollevato da molti ricercatori, particolarmente da coloro che già da tempo sono impegnati nello studio degli effetti del rimodellamento corticale conseguente ad amputazione.

 

[Continua]

 

Le autrici ringraziano il presidente di BM&L-Italia, Giuseppe Perrella, perché la presente nota è tratta dalla sua discussione settimanale al Seminario Permanente sull’Arte del Vivere.

 

Monica Lanfredini & Nicole Cardon

BM&L-Febbraio 2008

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] Nella visione di Giuseppe Perrella, il fantasma sorge dalla perdita di equilibrio fra inferenza percettiva e controllo periferico dell’inferenza. La perdita o l’assenza dei segnali provenienti dalla periferia, impedisce la modulazione, da parte di altre reti neuroniche, degli inputs schematici inviati dal pattern prefissato, che può rimanere bloccato in una condizione funzionale rinforzata dall’esperienza emozionale, come accade quando il dolore pre-operatorio persiste dopo l’amputazione.  

[2] La tradizionale distinzione fra emisomatoagnosia e negligenza spaziale unilaterale aveva fondamento nelle diagnosi cliniche del passato, che si limitavano spesso ad una verifica di dati emergenti in un periodo breve. Si voleva che l’associazione fra la negligenza dello spazio esterno e quella del proprio corpo non andasse oltre il 30% dei casi. La distinzione si giustificava anche sulla base dei dati ottenuti da Rizzolatti nella scimmia (Rizzolatti et al., 1983; Rizzolatti e Camarda, 1987; Rizzolatti e Gallese, 1989) che registrava negligenza di un’area peribuccale per la lesione dell’area 6 e negligenza spaziale per la lesione dell’area 8. Si è dunque ritenuto che esistessero due sistemi neuronici distinti con due localizzazioni definite. Tuttavia questa interpretazione era in contrasto con i dati clinici che proponevano una lesione posteriore destra nella maggior parte dei casi (Bisiach et al., 1986) e, ad un esame attento, una presenza quasi costante di sintomi di negligenza del corpo e dello spazio di sinistra (Pizzamiglio et al., 1989). Attualmente è noto che le funzioni spaziali nell’uomo non hanno la stessa schematica localizzazione della scimmia e le sindromi di neglect presentano varie combinazioni della componente somatica e di quella extra-personale.

[3] Una di noi si è sentita replicare da una paziente dimessa da poco dopo un trauma cranico: “Cosa vuole che mi importi che mia sorella voglia andare in giro con una scarpa sola, visto che questa gamba è sua e non mia, come sta sostenendo lei con uno scherzo di cattivo gusto!”

[4] Si veda a pagina 57 di Miguel Nicolelis, Living with Gostly Limbs. Sci. Am. Mind 18 (6), 52-59, Dec. 2007/Jan. 2008.

 

[5] Al lettore non specialista si ricorda che tutte le vie sensitive e motorie sono crociate, con la conseguenza che l’emisfero destro controlla il lato sinistro del corpo e, viceversa, la metà destra del cervello controlla l’emisoma sinistro. Esiste, poi, un’asimmetria fisiologica che ascrive al lobo parietale destro una maggiore competenza spaziale,  secondo il principio di specializzazione complementare emisferica, introdotto dalla stessa scuola di Roger Sperry e Michael Gazzaniga, che aveva proposto il concetto di dominanza (emisfero sinistro dominante per la presenza delle aree corticali di controllo del linguaggio verbale nella maggior parte delle persone).