L’APPRENDIMENTO MODELLA LA FISIOLOGIA DEL CERVELLO A RIPOSO

 

 

Lo stato fisiologico che caratterizza il cervello in assenza di attività psichiche o psicomotorie rilevanti per l’organismo è convenzionalmente definito resting state, in quanto lo si assimila ad una condizione di riposo, anche se in questa fase le reti neuroniche svolgono un’attività di base preziosa per l’equilibrato andamento dei processi più impegnativi ed evidenti. Infatti lo stato di riposo, lungi dall’essere un periodo di silenzio funzionale, presenta delle fluttuazioni spontanee di attività fra regioni fisiologicamente connesse.

Gli studi condotti sulle caratteristiche di questo funzionamento di base hanno stabilito che la connettività funzionale spontanea dello stato di riposo rimane stabile durante lo sviluppo, il sonno e l’anestesia. Tale stabilità è stata considerata da alcuni alla stregua di un requisito specifico di questo stato, ma ora Corbetta e collaboratori del Dipartimento di Scienze Cliniche e Bioimmagine dell’Università Gabriele D’Annunzio di Chieti hanno accertato che può variare per effetto dell’apprendimento (Lewis C. M., et al. Learning sculpts the spontaneous activity of the resting human brain. Proc. Natl Acad. Sci. USA 106, 17558-17575, 2009).

Introducendo il proprio lavoro, i ricercatori sottolineano che il cervello non deve essere considerato alla stregua di un passivo analizzatore senso-motorio condotto da stimoli ambientali, ma deve ritenersi attivo anche nel mantenere le rappresentazioni in corso che possono essere implicate nella codifica di stimoli sensoriali attesi, di risposte motorie prevedibili e di precedenti esperienze. Si ipotizza che l’attività corticale spontanea giochi un ruolo importante nel mantenimento di queste rappresentazioni, sebbene il suo ruolo non sia stato sperimentalmente definito, anche se intensamente indagato mediante la valutazione di un segnale spontaneo rilevato a riposo mediante risonanza magnetica nucleare funzionale e dipendente dalla correlazione temporale inter-regionale del livello di ossigeno del sangue (BOLD, da blood oxygen level dependent). I collegamenti funzionali rilevati mediante MRI (magnetic resonance imaging) che danno luogo a questo segnale sono definiti connettività BOLD o indicati con l’acronimo fcMRI (functional connectivity-by-MRI)[1]. Naturalmente la configurazione dinamica di queste connessioni riflette un substrato anatomico, ma il rilievo che può avere in termini fisiologici non è noto ed è stato indagato da Corbetta e colleghi.

I ricercatori hanno studiato mediante risonanza magnetica funzionale (fMRI) l’attività cerebrale di soggetti volontari, prima e dopo che questi sono diventati esperti in un compito di apprendimento percettivo[2] consistente nel confrontare una sagoma target per riconoscerne l’eventuale presenza in una griglia circolare di 12 sagome.

Le immagini del cervello dei volontari dopo il training mostravano un effetto dell’apprendimento percettivo sull’attività corticale durante la successiva sessione: evidente nella corteccia visiva, in particolare nell’area esercitata, corrispondente ai gruppi neuronici reagenti agli stimoli visivi presenti nel quadrante del target; ma anche nella rete dorsale dell’attenzione (dorsal attention network), implicata nell’attenzione spaziale e ritenuta importante componente della rete di default. D’altra parte, è noto da studi precedenti che l’apprendimento percettivo modula i circuiti nella corteccia visiva e in aree di alto ordine funzionale della corteccia frontale e parietale.

A questo punto i ricercatori, per verificare gli effetti dell’apprendimento sullo stato di base, hanno confrontato i dati fMRI ottenuti prima e dopo l’allenamento.

Il confronto ha mostrato che l’apprendimento percettivo non aveva modificato in modo significativo le correlazioni all’interno delle reti, ma aveva determinato effetti rilevanti nelle correlazioni fra le reti specificamente reclutate dalla prova percettiva. In particolare, l’attività spontanea nella rete attentiva dorsale era più fortemente correlata[3] con l’attività nell’area esercitata della corteccia visiva. Nelle regioni di default e nelle aree non esercitate della corteccia visiva, l’attività spontanea presentava una correlazione più debole. In più, la direzionalità nelle interazioni fra le reti, espressa secondo la causalità di Granger, cambiava per effetto dell’esercizio.

I cambiamenti rilevati nello stato di riposo correlavano con la prestazione alle prove: i soggetti che erano più precisi nell’esecuzione presentavano una maggiore modulazione evocata dalla prova nell’area esercitata della corteccia visiva, e i soggetti che davano risposte in tempi più brevi mostravano una maggiore correlazione negativa dopo l’apprendimento, fra l’attività in questa area visiva e le regioni dorsali dell’attenzione. I volontari che hanno fatto rilevare i maggiori cambiamenti nella direzionalità delle interazioni sono quelli con le prestazioni peggiori.

In conclusione, si può osservare che il significato funzionale dell’attività encefalica in condizioni di base è stato e sarà ancora oggetto di dibattito e controversie, intanto i risultati dello studio di Corbetta e colleghi dimostrano che la connettività funzionale non è una semplice conseguenza di quella strutturale ma riflette le precedenti esperienze, pertanto l’attività a riposo, se non altro, potrebbe contenere ed esprimere degli apprendimenti.

 

L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Floriani per la correzione della bozza e invita a leggere le recensioni di argomento connesso nelle nostre “Note e Notizie”.

 

Diane Richmond

BM&L-Ottobre 2009

www.brainmindlife.org

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] Si invitano i lettori interessati a leggere le numerose recensioni di argomento connesso nelle nostre “Note e Notizie”.

[2] Simile all’esercizio “Search the shape” del blocco di test-trainings ideati dai coniugi Gianutsos all’inizio degli anni Ottanta, portati in Italia da Luciano Lugeschi e, in parte, rielaborati negli anni Novanta sulla base di nuove conoscenze da Giuseppe e Patrizio Perrella. In questo esercizio la sagoma target, che cambia ad ogni schermata del repertorio, deve essere riconosciuta fra numerose altre disposte sullo schermo in modo sempre diverso ad ogni nuova presentazione.

[3] La correlazione è di tipo negativo, sia in questo caso che nel caso delle aree in cui è indebolita.