NUOVI ANSIOLITICI AGENTI SULLA PROTEINA TRASLOCATRICE

 

 

L’ansia reattiva causata da eventi, condizioni e circostanze temute, così come quella presente in sindromi psichiatriche che vanno dagli attacchi di panico al disturbo post-traumatico da stress (PTSD), è rapidamente ed efficacemente soppressa da una dose appropriata di benzodiazepine[1], composti che agiscono modulando la fisiologica inibizione GABA-ergica mediante il legame allo specifico sito del recettore[2]. In tutto il mondo la prescrizione di queste molecole è stata così massiccia da farne spesso, nel corso degli ultimi decenni, la categoria di farmaci maggiormente assunta. Tale circostanza ha messo in evidenza i limiti rappresentati da effetti collaterali che, pur soggetti ad ampie variazioni individuali, si manifestano in una percentuale non trascurabile dei pazienti che ne fanno un uso protratto a dosi elevate. Fra questi effetti indesiderati, oltre alla sedazione che può insorgere anche a dosaggi medio-bassi per trattamenti brevi, si rileva l’abitudine (necessità di aumentare la dose per ottenere lo stesso effetto)[3] e talvolta una sintomatologia da astinenza, sia pure lieve e non paragonabile a quella indotta da sostanze d’abuso[4]. Suscita, perciò, grande interesse la scoperta di una strategia molecolare per ottenere l’azione ansiolitica senza correre i rischi potenziali degli effetti indesiderati delle benzodiazepine.

Rupprecht e colleghi del Dipartimento di Psichiatria e Psicoterapia della Ludwig Maximilian University di Monaco (Germania), hanno dimostrato che i ligandi della proteina traslocatrice (18kD) esercitano un forte e rapido effetto ansiolitico nell’uomo senza gli effetti collaterali delle benzodiazepine (Rupprecht R., et al. Translocator protein (18kD) as a target for anxiolytics without benzodiazepine-like side effects. Science 325 (5939) 490-493, 2009).

La proteina traslocatrice (18 kDa) è localizzata nella membrana mitocondriale esterna, dove facilita il trasporto del colesterolo all’interno degli organelli e la biosintesi di neurosteroidi. Studi recenti hanno rilevato che i ligandi della proteina traslocatrice possono promuovere la sintesi di neurosteroidi endogeni, che esercitano effetti ansiolitici in modelli animali. E’ stato dimostrato che tali metaboliti endogeni modulano allostericamente i recettori GABA, e la loro concentrazione è marcatamente ridotta durante gli attacchi di panico, ma il loro potenziale terapeutico è ancora largamente inesplorato.

Studi precedenti hanno accertato che un composto indicato con la sigla XBD173, mostrava alta affinità e selettività per la proteina traslocatrice (18kD) ed esercitava effetti ansiolitici nei roditori. Rupprecht e colleghi hanno esaminato le azioni di tale composto sul cervello di topo, ed hanno dimostrato che questo ligando della macromolecola traslocatrice rinforza la neurotrasmissione mediata dall’acido γ-aminobutirrico. Sperimentando gli effetti di XBD173 nel ratto, hanno verificato che il ligando era in grado di combattere gli attacchi di panico indotti nei roditori (mediante lattato o CCK4, noto anche come PTK7), senza sedazione e sviluppo di tolleranza (abitudine).

Questi risultati preliminari hanno indotto i ricercatori a condurre un piccolo trial in volontari sani sottoposti all’azione del CCK4.

Il punteggio all’Acute Panic Inventory dopo un primo cimento con il CCK4 è stato comparato con quello ottenuto dopo un secondo cimento che seguiva 7 giorni di trattamento con placebo, con la benzodiazepina alprazolam o con l’XBD173.

I risultati sono davvero significativi: l’efficacia ansiolitica del ligando della proteina traslocatrice (18 kD) si è rivelata comparabile con quella dell’alprazolam, ma gli effetti collaterali del gruppo trattato con XBD173 corrispondevano a quelli del gruppo che aveva assunto il placebo. In altre parole, mentre fra i volontari che avevano assunto la benzodiazepina si era registrata un’alta incidenza di vertigini e sonnolenza, fra coloro che avevano assunto il nuovo composto non si era rilevato alcun disturbo significativo. Dato ancor più rilevante è che, al dosaggio impiegato nel trial, l’alprazolam dopo solo 7 giorni di trattamento ha provocato sintomi di astinenza, mentre l’XBD173 non ha causato alcun sintomo.

La rapida efficacia antipanico e l’assenza, nelle condizioni sperimentali, degli effetti collaterali delle benzodiazepine fa ritenere che i ligandi della proteina traslocatrice (18 kD) siano promettenti candidati al ruolo di nuovi farmaci ansiolitici, anche perché l’alternativa attualmente adottata da molti psichiatri è quella degli SSRI per i quali, oltre alle numerose riserve all’impiego per indicazioni diverse dalla depressione, sussiste il notevole limite della lunga latenza temporale per la manifestazione degli effetti terapeutici.

 

Tutti i riferimenti neurochimici e farmacologici contenuti nel testo sono tratti da Giuseppe Perrella, Appunti di Neurochimica 2008/2009. BM&L, Firenze 2009; a questo testo si rimanda per ulteriori approfondimenti, in particolare per la struttura e la fisiologia dei recettori GABAergici, per la regolazione della neurotrasmissione e per il significato funzionale delle reti inibitorie nel sistema nervoso centrale.

 

Ludovica R. Poggi

BM&L-Settembre 2009

www.brainmindlife.org

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

 

 

 

 

 



[1] Le benzodiazepine (BDZ) sono costituite da un anello benzenico fuso con un anello diazepinico a 7 atomi che lega al C5, nella maggior parte dei casi, un terzo anello benzenico. Il prototipo è rappresentato dal diazepam (valium), storicamente usato come sedativo, ansiolitico, preanestetico, miorilassante e anticonvulsivante. Come ansiolitici sono stati usati in passato il clordiazepossido (librium), il lorazepam (tavor), il metil-lorazepam (minias); attualmente si impiegano molecole con minimi effetti collaterali quali lo xanax. Si sfrutta l’effetto di facilitazione del sonno fisiologico per il trattamento dell’insonnia lieve, un tempo trattata con barbiturici, perché a differenza di queste molecole le BDZ non sono sonniferi: per il nitrazepam (mogadon) Galeano Munoz coniò il termine euipnico; per decenni sono stati prescritti il flurazepam (dalmadorm, felison), il flunitrazepam (roipnol) e il desmetildiazepam (madar notte). Alcune BDZ hanno indicazioni neurologiche (anticonvulsivanti, miorilassanti). La maggior parte delle BDZ sono ansiolitiche, alcune, come l’alprazolam, hanno effetto antidepressivo. Sono tuttora in uso specialità farmaceutiche che associano BDZ ad altre molecole nel trattamento di discinesie gastroenterocoliche.

[2] Il sito recettoriale per le BDZ è parte integrante del complesso costituito dal canale del Cl- col recettore GABAA. Il principale meccanismo dell’azione farmacologica di questi composti consiste in un aumento di frequenza di apertura del canale del cloro in risposta al legame del GABA. Il sito di legame delle BDZ è allostericamente accoppiato con i siti per altri ligandi modulatori quali i neurosteroidi, i barbiturati, gli anestetici e la picrotossina. Più in generale, si ricorda che si distinguono almeno due classi di recettori GABA (GABAA e GABAB), ma la classe GABAA è la più studiata perché è il principale bersaglio di molti psicofarmaci e neurofarmaci, rappresentando una famiglia di recettori pentamerici distinta in numerosi sotto-tipi in base alla composizione in subunità. Secondo il classico modello di Donut l’eteropentamero è costituito da 5 subunità e 5 interfacce arrangiate intorno al canale del cloro ed organizzate a formare i siti di legame per il GABA, il sito per le BDZ e loops omologhi di quelli presenti negli altri membri della superfamiglia dei canali ionici regolati da ligandi, di cui fa parte anche il recettore per la glicina. Tali loops prendono parte all’interazione con i ligandi e fra subunità del recettore.

[3] Si ricorda che, a differenza di quanto accade per le comuni sostanze psicotrope d’abuso (le cosiddette droghe), è sufficiente una breve sospensione per ripristinare gli effetti delle dosi iniziali.

[4] La sintomatologia è prevalentemente psichica e nella maggior parte dei casi è facilmente dominata da atti di volontà, al contrario di quanto accade nella dipendenza da alcool, cocaina, oppiacei, ecc.