ANATOMIA CEREBRALE DELLA PERCEZIONE COSCIENTE

 

 

Francis Galton, il poliedrico cugino di Charles Darwin, nel 1880 pubblicò sulla già prestigiosa rivista Nature il primo resoconto scientifico della capacità di alcune persone di percepire, insieme con un determinato stimolo, una qualità non derivata dalla recezione sensoriale ma associata dalla propria mente, come il sapore di una forma o il colore di una nota musicale. A questa facoltà si diede il nome di sinestesia (dal greco syn = insieme, e aisthesis = percezione, da aisthanesthai, percepire) ma, essendo un fenomeno raro e non comprovato sperimentalmente in forma oggettiva, molti dubitarono della sua reale esistenza e, di fatto, non ha più attratto l’attenzione della comunità scientifica per oltre un secolo, fino a quando ne è stato possibile il rilievo e lo studio mediante prove verificabili.

Attualmente si riconoscono una cinquantina di tipi diversi di sinestesia che, considerati complessivamente, si ritiene interessino lo 0,5% della popolazione (Ramachandran & Hubbard, 2005), anche se tale stima è stata ottenuta per inferenza indiretta e, probabilmente, è approssimata per eccesso.

Una forma relativamente frequente di sinestesia consiste nella percezione del colore di un numero. Non si tratta di un’associazione di idee, infatti il colore non è immaginato, ma è “visto” dal soggetto come se la cifra che ha dinanzi agli occhi fosse dipinta di quel colore. In un comune test di laboratorio, si propone a questi soggetti una matrice di numeri neri, in cui il numero che loro vedono colorato compare più volte componendo un pattern che risulta indistinguibile e, perciò, invisibile a tutti meno che a loro. Noi, per ottenere lo stesso effetto percettivo, dobbiamo impiegare cifre realmente colorate.

Rouw e Sholte hanno recentemente esaminato l’attività cerebrale di soggetti portatori di sinestesia grafema-colore, ossia persone che vedono di un particolare colore una lettera dell’alfabeto (Rouw R. & Sholte H. S. Increased structural connectivity in grapheme-colour synesthesia. Nature Neuroscience 10, 792-797, 2007).

L’encefalo dei volontari è stato studiato con la risonanza magnetica funzionale (fMRI) e con una metodica di più recente introduzione, ma che ha già mostrato le sue notevoli potenzialità in numerose ricerche precedenti, la Diffusion Tensor Imaging (DTI).

Lo studio ha rivelato un’accresciuta connettività anatomica tra il giro fusiforme di destra, implicato nella percezione delle parole e dei colori, il solco intraparietale sinistro e la corteccia frontale.

Il grado di connettività della corteccia del lobo temporale di destra era correlato con l’intensità dell’esperienza sinestesica.

Lo studio dell’anatomia funzionale della sinestesia ha un’importanza che va ben al di là della comprensione delle basi di questi difetti (o particolarità) dell’elaborazione percettiva, che sembra si possano ascrivere ad un’attivazione crociata di vie e processi normalmente separati, perché ci fornisce elementi preziosi per la conoscenza della fisiologia dell’encefalo in generale. In questa ottica, il lavoro di Rouw e Sholte si può inquadrare nel novero più generale degli studi che stanno contribuendo a definire un’anatomia cerebrale della percezione cosciente.

 

Lorenzo L. Borgia

BM&L-Luglio 2007

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