ALTERAZIONE DA AMILOIDE SENZA DEMENZA

 

 

E’ noto che nei pazienti affetti da malattia di Alzheimer la deposizione di amiloide è implicata nella compromissione della memoria e che numerosi studi hanno indagato in quali condizioni e con quali meccanismi gli aggregati proteici anomali si rendono responsabili dei disturbi cognitivi[1]. E’ anche ben accertato che i processi all’origine dei deficit sono numerosi ed in parte collegati solo indirettamente con la deposizione di peptidi amiloidi, tuttavia di recente l’attenzione dei ricercatori si è rivolta agli effetti prodotti dagli aggregati su una rete distribuita di regioni cerebrali associate a funzioni mnemoniche denominata default network.

Un team di ricercatori di un’istituzione che da anni si distingue per la qualità e il numero degli studi sulla malattia di Alzheimer, quale il Center for Alzheimer Research and Treatment, Department of Neurology, Brigham and Women’s Hospital, Harvard Medical School di Boston, ha indagato gli effetti della deposizione di peptidi anomali sulla rete di default in persone di età avanzata non affette da demenza o da qualsiasi altro disturbo cognitivo evidente (Sperling R. A., et al. Amyloid deposition is associated with impaired default network function in older persons without dementia. Neuron 63, 178-188, 2009).

Il gruppo di ricerca, del quale faceva parte Dennis Selkoe, il maggior sostenitore dell’ipotesi secondo cui i peptidi amiloidi anomali costituirebbero il primum movens di tutti i processi patogenetici della malattia di Alzheimer, ha combinato l’imaging in vivo della deposizione dell’amiloide con la misura, mediante risonanza magnetica funzionale (fMRI), dell’attività neuronica encefalica dei soggetti volontari intellettivamente integri.

Ricordiamo, a beneficio del lettore non specialista, che la default network[2] è una rete di regioni cerebrali che risultano attive quando l’elaborazione encefalica non è specificamente ed attivamente concentrata all’esterno e la persona sembra essere in uno stato di riposo. In realtà la funzione di questo complesso di aree sembra includere, oltre alle routines necessarie alle attività di base, numerosi processi necessari alla costante riorganizzazione dell’elaborazione psichica attuale[3]. Questa rete è in genere definita fisiologicamente in negativo, come una modalità che entra automaticamente in funzione quando manca un’attività diretta ad uno scopo, e perciò è anche detta default state network, default mode network o, per sottolinearne l’antitesi rispetto alla rete che si attiva quando si impiegano pensieri e azioni per eseguire un compito definito, task-negative network o TNN (contrapposta alla task-positive network o TPN che consente l’esecuzione). I sottosistemi che la compongono hanno sede nel lobo temporale mediale, nella corteccia prefrontale mediale, nella corteccia cingolata posteriore, nel precuneo e nella corteccia parietale mediale, laterale e inferiore. In termini elettrofisiologici la default network è caratterizzata da oscillazioni coerenti dell’attività neuronica ad una frequenza minore di 0,1 Hz. Si ritiene che costituisca il sostrato di attività mentali che implicano un pensiero rivolto a se stessi, il recupero di ricordi e la prefigurazione del futuro. Molti autori concordano nell’ipotizzare che nell’uomo questa rete sia alla base dell’introspezione generica senza un preciso compito di elaborazione cognitiva nell’analisi di sé, e che sia all’origine dei pensieri che si generano quando la mente tende alla distrazione e all’attenzione superficiale (mind-wandering), vagando e spostandosi passivamente da un oggetto all’altro. Non v’è invece accordo circa l’elaborazione introspettiva e il ruolo nella creatività ipotizzato da alcuni.

E’ stato accertato che le aree posteriori della rete di default, in particolare il precuneo e la corteccia cingolata posteriore, sono particolarmente vulnerabili nella fase precoce della deposizione di proteine β-amiloidi nella malattia di Alzheimer, perciò i ricercatori di Harvard hanno voluto verificare se gli alti livelli di deposizione degli aggregati peptidici fossero in grado di disturbare la fisiologia della rete in persone clinicamente sane.

La verifica sperimentale mediante fMRI ha mostrato che un grado elevato di deposizione di aggregati costituiti da peptidi β-amiloidi, determinava lo sviluppo di un pattern funzionale aberrante della rete di default del tutto sovrapponibile a quello rilevato nei pazienti affetti dalla degenerazione alzheimeriana.

Gli autori dello studio concludono osservando che i risultati suggeriscono l’associazione della patologia amiloide con la disfunzione neurale nelle regioni del cervello che supportano processi necessari a vari tipi di memoria esplicita, e sostengono l’ipotesi secondo cui persone anziane sane, con evidenza obiettiva di patologia amiloide, potrebbero essere in uno stadio iniziale della malattia di Alzheimer.

 

L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Floriani per la correzione della bozza.

 

Nicole Cardon

BM&L-Settembre 2009

www.brainmindlife.org

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] Si invita a scorrere l’elenco delle “Note e Notizie” per le numerose recensioni di argomento connesso.

[2] Nel 2001 Marcus Raichle impiegò per primo in una pubblicazione scientifica l’espressione default-mode per descrivere l’attività cerebrale a riposo, si veda in Proc. Natl Acad. Sci USA 105 (10): 676-682, 2001.

[3] Di passaggio, ricordiamo che Giuseppe Perrella, nella sua teoria dei quadri mentali, considera la rete di default la base neurale del quadro mentale di fondo nel quale si inscrivono le attività globali caratteristiche dello stato del soggetto, fino ai processi della coscienza dichiarativa che caratterizzano l’hic et nunc di una specifica esperienza.