L’AMIGDALA E IL VALORE AFFETTIVO DEGLI STIMOLI VISIVI

 

 

Sebbene si abbia una conoscenza molto vasta ed approfondita dei processi che consentono al cervello di analizzare ed elaborare l’informazione visiva, lo studio della neurofisiologia dell’attribuzione di senso, valore affettivo e colore emozionale a ciò che vediamo, è soltanto agli inizi.

Negli ultimi due decenni, l’intenso, paziente e faticoso lavoro di molti gruppi di ricerca, fra cui spicca quello di Joseph Le Doux, ha riconosciuto agli agglomerati nucleari dell’amigdala ed alle vie di connessione con altre importanti strutture encefaliche, un ruolo centrale nell’apprendimento emozionale e nella formazione di memorie di associazione con stati interni (risposte) schematicamente qualificati come positivi e negativi, corrispondenti ad un valore dicotomico di base “good or bad” (G/B). Si è soliti accostare questi valori elementari ai giudizi affettivi, intendendo per affectus uno stato che si determina all’interno del sistema psichico in risposta a qualità vantaggiose o minacciose di un elemento esterno. Si è anche stabilito che i singoli neuroni di questa formazione, sita profondamente nell’area dorso-mediale del lobo temporale, sono in grado di codificare entrambi i valori (G/B coding).

Poiché l’amigdala riceve sia stimoli dal sistema visivo che stimoli di rinforzo da altri sistemi sensoriali, si ritiene che costituisca la sede della rappresentazione del valore elementare degli stimoli visivi nel cervello.

Per verificare questo ruolo fisiologico il team di Salzman ha registrato l’attività elettrica di singoli neuroni dell’amigdala di scimmie condizionate ad associare particolari immagini con esperienze positive o negative (Paton J. J. et al. The primate amygdala represents the positive and negative value of visual stimuli during learning. Nature 439, 865-870, 2006).

Le scimmie imparavano a leccare in previsione di una gradita ricompensa liquida e ad ammiccare quando si attendevano uno sgradito getto d’aria sul viso. Per distinguere i neuroni codificanti il valore da quelli che semplicemente si attivano in risposta allo stimolo visivo, la categoria (G/B) dell’esperienza associata (gradita/sgradita) a ciascuna immagine è stata cambiata a metà delle prove, in modo che le figure inizialmente associate con la ricompensa sono state accompagnate dal deterrente e viceversa. Più del 50% dei neuroni ha mostrato una conversione di attività ed i singoli neuroni hanno manifestato risposte specifiche per il valore.

Questi dati hanno così confermato quanto ipotizzato in precedenza.

Per studiare il link fra l’attività neurale e le risposte comportamentali condizionate (leccare ed ammiccare), il gruppo di Salzman ha rilevato il tempo impiegato da entrambe le risposte per cambiare a seguito dell’inversione ricompensa/deterrenza. L’attività neuronale si modificava rapidamente, dopo solo poche prove, coincidendo quasi esattamente con il cambio del comportamento associato osservabile. Questo stretto collegamento porta a riconoscere all’amigdala il ruolo di area primaria del cervello per l’apprendimento del valore degli stimoli visivi.

Si è notato che singoli neuroni modificavano il tipo di attività in anticipo rispetto alla generalità ed alle manifestazioni di leccamento e ammiccamento. Questo rilievo ha indotto i ricercatori ad ipotizzare che le scimmie non siano in grado di “ascoltare” i singoli neuroni, ma possano interpretare i segnali provenienti da una intera popolazione. Potremmo riformulare questa ipotesi in tal modo: perché le funzioni cerebrali globali traducano in risposta comportamentale gli stimoli integrati nell’amigdala, non è sufficiente l’attività di neuroni isolati, ma è richiesta l’attivazione di una popolazione che agisce da unità funzionale.

 

L’autrice della nota ringrazia Giuseppe Perrella con il quale ha discusso l’argomento trattato.

 

Ludovica R. Poggi

BM&L-Aprile 2006

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