Scoperta una via sensitiva diretta che controlla la locomozione
GIOVANNI ROSSI
NOTE E NOTIZIE - Anno XVI – 30 novembre 2019.
Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org
della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia”
(BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi
rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente
lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di
pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei
soci componenti lo staff dei
recensori della Commissione Scientifica
della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONE]
La stretta cooperazione fra corteccia motoria e
sensoriale, ossia fra aree anteriori e posteriori al solco centrale, è una
nozione della neurofisiologia classica, che aveva coniato l’espressione
corteccia senso-motoria per descrivere come una vera e propria unità funzionale
l’insieme dei collegamenti reciproci con costante scambio di informazione fra
gruppi neuronici recettivi ed esecutivi. Questa nozione è stata a lungo
associata ad un modello di netta separazione fra compartimento recettivo,
costituito prevalentemente dai fasci ascendenti dei cordoni posteriori del
midollo spinale, e compartimento motorio, prevalentemente identificato con le
vie discendenti corticospinale diretta e crociata. Una specializzazione
confermata in oltre un secolo di ricerche, considerata perno fondamentale per
la comprensione dei rapporti fra anatomia e fisiologia del sistema nervoso
centrale e, in assenza di prove del contrario, assimilata a una separazione.
Il modello classico della struttura macroscopica dei
compartimenti di moto e di senso, oltre ad essere utile in neurologia,
consentiva di spiegare in modo schematico genesi ed esecuzione dei principali processi
connessi con il movimento. L’organizzazione ordinata e dicotomica del midollo spinale
sembrava riflessa nella rappresentazione degli omuncoli somatomotorio e
somatosensoriale desunti dalle risposte regionali alle stimolazioni della corteccia
cerebrale nei celebri esperimenti di Penfield e Rasmussen. La tesi generale
supponeva un sostanziale isolamento delle due modalità fino alle strutture
corticali, anche queste dicotomiche ma attivamente impegnate nello scambio
reciproco e partecipi del ruolo attribuito al neopallio di integrazione e
sintesi di tutta l’informazione cerebrale.
L’insufficienza di questo modello, col procedere degli
studi e l’estendersi delle conoscenze, appariva evidente; tuttavia, non vi
erano prove sperimentali per metterlo in discussione. Ad esempio, lo studio del
ruolo fisiologico delle cellule di luogo dell’ippocampo e dei vari tipi
neuronici del sistema di orientamento che ha sede nella corteccia entorinale ha
evidenziato la quantità e la varietà di informazioni spaziali che, momento per
momento, modulano qualitativamente lo stato propriocettivo e i processi
preparatori di esecuzione della locomozione, con una rapidità e un’efficienza impressionanti,
soprattutto in rapporto alla flessibilità decisionale richiesta dalle
circostanze di vita reale, riprodotte nei compiti sperimentali.
Ora, Spyridon K. Karadimas e colleghi hanno
individuato una via diretta dalla corteccia somatosensoriale e indipendente
dalla corteccia motoria, che raggiunge i motoneuroni che controllano la
locomozione, influenzando la velocità di esecuzione dei movimenti.
(Karadimas S. K., et al. Sensory cortical control of movement. Nature
Neuroscience – Epub ahead of print
doi: 10.1038/s41593-019-0536-7, 2019).
La provenienza degli autori è la
seguente: Division of Neurosurgery, Department of Surgery, University of Toronto,
Toronto, Ontario (Canada); Krembil Research Institute, University Health
Network, Toronto, Ontario (Canada); Division of Neurosurgery, Medical College
of Wisconsin, Milwaukee, WI (USA); The Institute of Biomaterials and Biomedical
Engineering, University of Toronto, Ontario (Canada); Department of Physiology,
University of Alberta, Edmonton, Alberta (Canada); Department of Biology,
University of Ottawa, Ottawa, Ontario (Canada).
La maggiore difficoltà nella comprensione dell’organizzazione del sistema
nervoso centrale – come sottolinea spesso Giuseppe Perrella – consiste nel
fatto che non obbedisce ad un singolo criterio di organizzazione gerarchica e,
se in termini di globalità funzionale ormai lo si studia come un sistema
complesso, quando si considerano la semplice ripartizione topografica di aree
corticali, il ruolo di nuclei sottocorticali o del cervelletto nel suo insieme,
la tendenza localizzatrice e dicotomica ad attribuire un singolo significato
funzionale prevale ancora in molti ricercatori e autori di manuali didattici.
Così si legge di aree motorie prefrontali alle quali si nega la dimostrata partecipazione
a processi mentali, di amigdala e nuclei dello striato, considerati
rispettivamente sede di elaborazione di emozioni e movimento, trascurandone i
ruoli cognitivi, e del cervelletto come di una “grossa struttura deputata al
controllo del movimento”, ignorandone la partecipazione alla maggior parte dei processi
di elaborazione psichica dell’esperienza sensoriale oltre che motoria.
Naturalmente, si comprende l’utilità di definire con precisione la topografia
delle specializzazioni, conosciute originariamente mediante il criterio
anatomo-clinico e poi confermate dal vaglio di innumerevoli studi sperimentali,
e si condivide la necessità di trasmetterne la configurazione secondo una didattica
schematica che sicuramente conserva anche valore clinico in neurologia;
tuttavia, si dovrebbe sempre aver presente che, fino a prova del contrario, specializzato
non vuol dire “esclusivo” e, soprattutto, non significa “separato”. In altri
termini, ogni competenza evoluta in blocchi di cellule nervose del sistema
nervoso centrale, per quanto possa apparire selettiva e localizzata, non esclude
lo svolgimento di altri ruoli e appartiene a complessi di neuroni collegati in
rete con altri gruppi caratterizzati da differenti compiti e specializzazioni
funzionali.
Seguendo il nostro presidente, la nostra scuola neuroscientifica ha sempre
sottolineato la necessità di studiare l’evoluzione nel tempo delle concezioni che
hanno dominato il campo degli studi sul cervello, perché la comprensione delle
ragioni all’origine di ipotesi e teorie, e la conoscenza della logica che le ha
generate, può consentirci di distinguere fra dati di osservazione e forme
interpretative, e assumere la giusta distanza critica dalle costruzioni teoriche,
senza correre il rischio di confonderle con i dati stessi e commettere gli
errori del passato[1].
Ricordiamo che per qualche secolo, fino a metà dell’Ottocento, si è
ritenuto che la corteccia cerebrale fosse sede esclusiva e specifica dei
processi mentali del più alto grado di astrazione e, in particolare, di tutta l’attività
psichica cosciente. L’ipotesi di un ruolo causale nel movimento della corteccia
anteriore al solco centrale, avanzata sulla base di osservazioni cliniche dal
neurologo inglese John Hughlings Jackson, inizialmente fu rifiutata e avversata
da molti. Jackson aveva osservato pazienti epilettici che presentavano
movimenti involontari spastici, simili a frammenti di azioni intenzionali, e
aveva notato che durante ciascuna crisi le contrazioni si propagavano ai vari
distretti corporei secondo una sequenza temporale, fissa per ciascun paziente e
diversa da un paziente all’altro. Questo andamento, oggi noto in neurologia con
la definizione classica di “marcia jacksoniana”, fu così interpretato da Jackson:
un focus epilettico localizzato presso il solco centrale genera una crisi
spastica, la cui progressione lungo il corpo è dovuta al diffondersi dell’attività
parossistica attraverso blocchi di neuroni situati lungo il solco centrale e
deputati ciascuno al controllo della motilità di un segmento corporeo.
Molti a quell’epoca pensarono: se la corteccia si declassa al ruolo di
struttura di controllo del movimento, dove collocheremo l’attività psichica? Mentre
alcuni cercavano prove contro l’ipotesi del neurologo inglese, la localizzazione
da parte di Paul Broca di un’area corticale motoria del linguaggio, presso il
piede della terza circonvoluzione frontale di sinistra, nell’area 44 della
mappa di Brodmann, e la scoperta di un’area recettiva del linguaggio nei pressi
del giro angolare e dell’area 22 di Brodmann, da parte di Carl Wernicke, facilitò
un cambiamento di prospettiva. Si cominciò a comprendere che la definizione
della fisiologia cerebrale non poteva essere intuita secondo una logica
costruttiva basata sulle concezioni culturali dominanti. Ma si era ancora
lontani dal comprendere la necessità, per dirla col nostro presidente, di “scoprire
ed esplorare i sentieri tortuosi e interconnessi seguiti dalle linee evolutive
della materia biologica alla base della mente”[2].
Un esempio del cambiamento di interpretazione dei dati conseguente al
mutamento di prospettiva si rileva proprio nelle basi cerebrali della funzione
di comunicazione verbale:
“Per
circa un secolo, sebbene vi fossero teorie alternative come quella di
Pierre-Marie, si è pensato alle basi cerebrali della facoltà di comunicazione
verbale umana come a due moduli: uno di elaborazione recettiva per la
comprensione della parola udita o letta, ed uno di programmazione esecutiva per
la produzione vocale della lingua parlata. A questi due moduli principali,
uniti da un fascio di connessione[3]
e costituiti dalle due aree corticali dell’emisfero sinistro, venivano aggiunte
ipotetiche aree secondarie per compiti specializzati, il cui ruolo era desunto
dai deficit derivanti da loro lesioni e solo raramente da stimolazione
elettrofunzionale. Naturalmente, un tale complesso specializzato per il
linguaggio era concepito in connessione con le aree sensoriali dell’udito e della
vista, con le aree motorie per l’articolazione della parola, con le aree associative
e con un ipotetico centro del pensiero,
sede dell’elaborazione cognitiva.
Questo modello era stato proposto
da Carl Wernicke nel 1874[4]
ed aggiornato con nuove connessioni e dettagli negli anni Sessanta del
Novecento da Norman Geschwind, dando luogo allo schema detto di Wernicke–Geschwind.
Le comode certezze ispirate da
questa concezione modulare, semplice e schematica, hanno cominciato a vacillare
con gli studi funzionali condotti durante l’esecuzione di compiti linguistici
mediante tomografia ad emissione di positroni (PET), risonanza magnetica
funzionale (fMRI), elettroencefalografia (EEG) e magnetoencefalografia (MEG)
che hanno rivelato schemi di attivazione estesi e complessi che, combinati con
le nozioni emergenti dalla ricerca neuroscientifica, hanno suggerito
l’esistenza di una complessa architettura funzionale che include l’emisfero
destro.
La complessità rende ragione di una qualità speciale
della facoltà di parola umana che non è resa dal semplice paragone con le
abilità comunicative delle altre specie.”[5]
Torniamo allo studio qui recensito.
Spyridon K. Karadimas e colleghi hanno elaborato il loro progetto di
ricerca prendendo le mosse dall’analisi della locomozione nell’uomo e nei
mammiferi. È noto che camminare nella nostra complessa realtà ambientale, come
quando percorriamo le strade di un centro cittadino, richiede il continuo
supporto di informazioni spaziotemporali integrate al più alto livello
di elaborazione. La sintesi efficiente di tutta l’informazione necessaria a
mantenere la rotta, evitare ostacoli, attraversare seguendo il semaforo, scendendo
e salendo marciapiedi, tenendo conto del traffico veicolare e dei movimenti del
flusso pedonale che ci viene incontro e ci accompagna, magari obbligandoci a
deviazioni e arresti, avviene nella struttura corticale posta subito dietro il
solco centrale, ossia nei neuroni della corteccia somatosensoriale.
Secondo la concezione neurofisiologica classica, questa informazione
influenza la locomozione dei mammiferi, e in particolare la deambulazione umana,
attraverso la connessione dei neuroni post-centrali con quelli pre-centrali della
corteccia motoria, dalla quale discendono i fasci cortico-spinali diretto
e crociato che formano sinapsi con i motoneuroni spinali innervanti i muscoli.
Spyridon K. Karadimas e colleghi, lavorando su topi liberi di spostarsi nell’ambiente,
hanno rilevato e dimostrato che l’attività neuronica della corteccia
somatosensoriale primaria è in stretta correlazione con l’avvio della
locomozione e con la sua velocità.
Usando tecniche optogenetiche e farmacogenetiche, in combinazione con rilievi
elettrofisiologici in vivo e in vitro, i ricercatori hanno
fornito evidenze dell’esistenza di una via corticospinale diretta che
origina dalla corteccia somatosensoriale primaria e forma sinapsi con neuroni
eccitatori cervicali e modula la rete locomotoria lombare, agendo in totale
indipendenza dalla corteccia motoria e dagli altri centri motori sopraspinali.
Gli esperimenti di stimolazione di questa via, che prende origine dal
territorio corticale somatosensoriale, hanno prodotto un aumento della velocità
di locomozione; al contrario, gli esperimenti condotti mediante inibizione di
questa nuova connessione corticospinale hanno determinato riduzione della
velocità di locomozione e, infine, arresto dei passi.
In conclusione, lo studio di Spyridon K. Karadimas e colleghi ha scoperto
una nuova via nervosa per il controllo corticale del movimento che consente
alla corteccia somatosensoriale di influenzare direttamente la velocità dell’andatura,
verosimilmente in dipendenza di stimoli ambientali.
L’autore della
nota ringrazia la
dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla
lettura delle recensioni di studi di
argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare
il motore interno nella pagina “CERCA”).
Giovanni
Rossi
BM&L-30 novembre 2019
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La Società Nazionale di Neuroscienze BM&L-Italia, affiliata alla International
Society of Neuroscience, è registrata presso l’Agenzia delle Entrate di
Firenze, Ufficio Firenze 1, in data 16 gennaio 2003 con codice fiscale 94098840484,
come organizzazione scientifica e culturale non-profit.
[1] In proposito, si ricorda il
nostro impegno critico contro il rischio di commettere errori nell’interpretare
le immagini della risonanza magnetica funzionale (fMRI) simili a quelli della
frenologia e dell’organologia, con la sola differenza che loro localizzavano in
particolari aree della corteccia facoltà psichiche e attitudini, e alcuni
ricercatori contemporanei localizzano processi cognitivi o affettivi più
elementari (v. Note e Notizie 27-05-05 Una nuova frenologia con la risonanza
magnetica funzionale?, e numerosi altri scritti da quel periodo in poi). Si
ricorda che solo dodici anni fa, dopo aver saputo che danni all’Insula (di Reil)
facevano cessare il desiderio compulsivo dei fumatori di sigarette, Paul
Mattews dell’Università di Oxford propose un intervento chirurgico di
distruzione dell’Insula, come se fosse l’organo del vizio del fumo, per dirla
con Gall e Spurzheim (v. Note e Notizie 10-03-07 Insula di Reil e dipendenza
dal fumo).
[2] Giuseppe Perrella, Appunti sull’Organizzazione
del Sistema Nervoso Centrale, p. 1, BM&L-Italia, Firenze 2003.
[3] È solo di recente che è stata
descritta la via indiretta di connessione da Marco Catani e colleghi (si veda
in “Note e Notizie 07-10-05 Nuove vie e
nuove basi neurali per il linguaggio”).
[4] Il modello area di Broca-fascicolo arcuato-area di Wernicke è considerato il
prototipo dei modelli connessionisti.
[5] Note e Notizie 25-10-14 Nuova
visione del linguaggio nel cervello.