La musica migliora la cognizione

 

 

GIOVANNI ROSSI

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XVI – 12 ottobre 2019.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Sono numerosi i gruppi di ricerca e gli istituti scientifici in tutto il mondo che si dedicano allo studio della neuroscienza del suono e dell’esperienza musicale, indagando aspetti che vanno dalle basi neurali agli effetti prodotti sulla mente, incluso il piacere, gli affetti positivi e le reazioni emotive[1]. Nel corso degli anni abbiamo dato conto di molti studi di grande interesse in questo campo, spesso con l’imbarazzo della scelta fra numerosi lavori equivalenti, ma solo raramente ci siamo imbattuti in ricerche finalizzate a comprendere gli effetti dell’apprendimento della musica su specifici processi cognitivi.

È utile ricordare che, fin da quando è stato creato il primo sistema di notazione musicale col preciso scopo di trasmettere una musica, come si fa con la scrittura della parola, è stato chiaro che per leggere ed eseguire quanto annotato fosse necessario un esercizio intelligente di apprendimento del codice e di applicazione delle regole. In altri termini, la consapevolezza che per imparare la musica e cantarla o suonarla non fosse sufficiente essere intonati e appassionati esiste da tempi storici remoti, e sicuramente da quando fu introdotta la solmisazione o solmizzazione[2], secondo la tradizione nel secolo XI da Guido d’Arezzo[3], e si concepì una pedagogia didattica della musica a sostegno di un percorso di apprendimento che richiedeva risorse intellettive e capacità di applicazione. Nel corso dei secoli sono stati sviluppati vari metodi di solmisazione, fino al Cantar Leggendo di Roberto Goitre e al Musicalfabeto della pedagogista Giuseppina Barbieri.

Le difficoltà della comprensione astratta dei caratteri di una musica sono in genere superate dall’esperienza diretta dell’ascolto che crea memorie analogiche a supporto della concettualizzazione, sia per l’identità delle note sia per i caratteri del tempo musicale. L’associazione di musica, canto e danza facilita notevolmente l’apprendimento, verosimilmente creando repertori di memorie parallele e interconnesse.

Un interessante studio ha indagato la possibilità che un training musicale agisca sulle funzioni esecutive (EF) migliorandole.

 

(Shen Y., et al. Sustained Effect of Music Training on the Enhancement of Executive Function in Preschool Children. Frontiers in Psychology – Epub ahead of print doi: 10.3389/fpsyg.2019.01910, eCollection 2019).

La provenienza degli autori è la seguente: School of Psychology, Liaoning Normal University, Dalian (Cina); Liaoning collaborative Innovation Center of Children and Adolescents Healthy Personality Assessment and Cultivation, Dalian (Cina); The Forth Kindergarten of Shahekou, Dalian (Cina).

Il training musicale si considera un’attività di arricchimento mentale che implica più sensi, incluse le funzioni uditiva, visiva, somatosensoriale, mnemonica, di attenzione ed esecutiva, tutte legate alla cognizione. Shen e colleghi hanno condotto uno studio su bambini in età prescolare per verificare la possibilità che un percorso di apprendimento musicale accresca la funzione esecutiva (EF, da executive function). I 61 bambini partecipanti allo studio erano tutti di età prescolare, provenienti da un kindergarten affiliato all’Università della Cina Settentrionale, e mai sottoposti in precedenza ad alcun corso o altra forma strutturata di apprendimento della musica. Oltre a verificare gli effetti immediati sulle prestazioni cognitive, i ricercatori hanno esplorato la possibilità di effetti misurabili a distanza di 12 settimane dalla fine del training sperimentale.

I 61 bambini del campione sono stati sottoposti ad un programma di apprendimento integrato della musica (integrated musical training) della durata di 12 settimane e costituito da quattro categorie didattiche: teoria musicale, canto, danza e simulazione di ruolo. Il gruppo equivalente di bambini che fungeva da controllo, nello stesso periodo, ha svolto le ordinarie attività quotidiane previste dal giardino d’infanzia cinese.

Il complesso di processi che costituisce la EF è stato ripartito nelle tre componenti convenzionali: 1) controllo inibitorio; 2) working memory (memoria di funzionamento); 3) flessibilità cognitiva.

Lo studio analitico delle tre componenti della EF è stato eseguito impiegando i seguenti strumenti di uso classico e consolidato in tutto il mondo per lo studio della cognizione umana:

1) Day/Night Stroop; 2) Dimensional Change Card Sort; 3) Dot Matrix Test; 4) Backward Digit Span Task.

I risultati, nel loro complesso, indicano un significativo miglioramento delle abilità esecutive dei bambini, che si può attribuire all’apprendimento della musica. Più specificamente: nell’Esperimento 1, le tre componenti della EF sono state misurate due volte, ossia prima (T1) e dopo (T2) il periodo di 12 settimane di training, facendo registrare punteggi apprezzabilmente migliori al re-test; nell’Esperimento 2, ossia nel controllo effettuato 12 settimane dopo la fine del periodo di esercizio/apprendimento (T3), il miglioramento era conservato.

Leggendo analiticamente gli esiti delle verifiche, per i quali si rimanda alla lettura del testo integrale dell’articolo originale, si comprende la soddisfazione degli autori che dichiarano, senza mezzi termini, di aver scoperto che un programma di apprendimento integrato della musica promuove in maniera durevole un miglioramento delle abilità esecutive.

 

L’autore della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Giovanni Rossi

BM&L-12 ottobre 2019

www.brainmindlife.org

 

 

 

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[1] Note e Notizie 15-01-11 Il piacere indotto dalla musica ha basi neurali specifiche.

[2] Il termine deriva da Sol-Mi, perché l’estensione dei suoni considerata andava dal Sol1, sul primo rigo della chiave di basso, al Mi4, corrispondente al quarto spazio della chiave di violino.

[3] La tradizione si rifà ad un anonimo Tractatus de solmisatione del 1300 in cui si cita Guido d’Arezzo quale autore del metodo. In pratica, si tratta di una tecnica di solfeggio basata sulle note dell’esacordo Ut-Re-Mi-Fa-Sol-La.