Nuove acquisizioni sul dolore
neuropatico
LORENZO L. BORGIA
NOTE E NOTIZIE - Anno XVI – 01
giugno 2019.
Testi
pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di
Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie
o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione
“note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati
fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il
cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONE]
Il dolore, il sintomo la cui radice
antropologica comune con la stessa medicina ne fa uno dei capisaldi
paradigmatici per la comprensione della condizione umana, rappresenta nella
lettura scientifica il segno della sofferenza di un organismo e, in quanto
tale, della rottura di quell’equilibrio di stato funzionale che coincide con la
salute ed è indispensabile per il benessere. Il suo studio è pertanto, da
sempre, un presupposto per la sua eliminazione e un varco d’accesso alla
conoscenza biologica: “Lo studio scientifico del dolore si basa su due
importanti elementi definiti e confermati sperimentalmente: la sua natura di
esperienza psichica e l’origine in un evento lesivo, anche se solo di entità
microscopica. Una concezione bene espressa e sintetizzata dalla definizione introdotta dall’International Association for the Study of
Pain (IASP) e adottata dalla comunità medica e scientifica internazionale: «Una
spiacevole esperienza sensoriale ed emozionale associata a danno tessutale
attuale o potenziale o descritta nei termini di tale danno»[1]”[2]. “La lesione, come
riferimento imprescindibile, spiega la centralità della conoscenza delle basi
molecolari e della neuroanatomia del sistema che consente la percezione della
sensazione algica[3] e ispira la pratica clinica[4]”[5].
Il
dolore neuropatico costituisce una
tipologia speciale del sintomo-segnale di sofferenza, perché in questo caso il
sistema nervoso non produce la sensazione spiacevole per effetto di stimolo da
parte di molecole rilasciate da altri tessuti lesi, ma è direttamente
interessato. Infatti, si presenta in genere come uno stato cronico innescato da
lesioni nervose somatosensoriali e nel quale gli
stimoli dolorosi si producono spontaneamente o come risposte patologicamente
amplificate. Un aspetto importante in questa fisiopatologia è costituito dalla
transizione dal dolore acuto a quello cronico, che avviene mediante uno scambio
di molecole di segnalazione in comunicazioni cellula-cellula e cellula-ambiente
extracellulare. Lo studio dei meccanismi molecolari di questa transizione, che
già nel recente passato si è rivelato prezioso per lo sviluppo di nuovi
farmaci, ha consentito a Vicario e colleghi dell’Università di Catania di
acquisire nuovi elementi di conoscenza che suggeriscono nuovi approcci
terapeutici.
(Vicario N. et al., Simultaneous
Activation of Mu and Delta Opioid Receptors Reduces Allodynia and Astrocytic
Connexin 43 in an Animal Model of Neuropathic Pain. Molecular Neurobiology - Epub ahead of print doi: 10.1007/s12035-019-1607-1,
2019).
La provenienza degli autori è la seguente: Department
of Biomedical and Biotechnological Sciences, Section of Physiology, University
of Catania, Catania (Italia); Department of Drug Science, Section of Medicinal
Chemistry, University of Catania, Catania (Italia); Department of Drug Science,
Section of Pharmacology and Toxicology, University of Catania, Catania
(Italia); Oasi
Research Institute-IRCCS, 94018, Troina (Italia); Department
of Biomedical and Biotechnological Sciences, Section of Biochemistry,
University of Catania, Catania (Italia).
Nella prefazione dell’ultima
edizione del Wall and Melzack’s Textbook of Pain, l’opera di
riferimento in questo campo alla cui realizzazione hanno contribuito 147
studiosi di fama internazionale, si legge che la ricerca su PubMed
con le parole “Neuropathic Pain”
ha consentito di accertare che il numero di pubblicazioni in questo campo è aumentato
del 90% rispetto all’edizione precedente, a fronte di un incremento inferiore
al 30% per il termine “Headache”. Questo dato ci
rende conto della mole di lavoro che i ricercatori stanno producendo in questo
specifico settore della ricerca sul dolore, che fa registrare una media di
oltre 16.000 studi di alto livello ogni anno[6].
Danni o malattie dei nervi
periferici frequentemente generano una sofferenza cronica, che configura una
delle sindromi cliniche di dolore neuropatico resistenti ai trattamenti
antidolorifici e analgesici (Breivik e coll., 2006; Bouhassira e coll., 2008)[7]. Questo tipo di dolore - tradizionalmente considerato un paradosso perché
il danno a un “filo conduttore” come quelli del telefono dovrebbe causare
silenzio funzionale - deriva dalle alterazioni dei neuroni sensoriali primari e
dai conseguenti cambiamenti nell’elaborazione del segnale indotti nel sistema
nervoso centrale. Tra le alterazioni più importanti del sistema nervoso
periferico in questo stato vi è l’ipereccitabilità elettrica e la genesi
anomala di impulsi in sedi segnapassi anomale,
configurando l’elettrogenesi ectopica
o ectopia. L’ectopia nei nervi
periferici contribuisce al dolore neuropatico in due modi: 1) guida direttamente vie di segnalazione
del dolore nel sistema nervoso centrale; 2) può innescare e mantenere una serie
di processi di amplificazione alla
base del fenomeno noto come sensibilizzazione
centrale.
Il principale meccanismo
dell’ipereccitabilità ectopica nelle fibre afferenti danneggiate consiste nel
rimodellamento dei canali ionici sensibili al voltaggio, delle molecole di
trasduzione e dei recettori nelle membrane cellulari. L’alterazione
dell’espressione e del traffico di canali del sodio (Na+) e del
potassio (K+) sembra essere il processo centrale per importanza[8].
In termini clinici, caratteristica
del dolore neuropatico sono l’esagerata risposta nocicettiva a stimoli dolorosi
deboli, detta iperalgesia, e la
percezione di dolore acuto per stimoli non dolorosi come una carezza o una
lieve pressione, fenomeno denominato allodinìa.
Lo studio di Vicario e colleghi è stato
inteso a trovare una nuova soluzione terapeutica per il dolore neuropatico, pur
agendo sui recettori degli oppioidi, ossia il principale bersaglio molecolare
delle terapie correnti.
Nel sistema nervoso centrale la
connessina 43 (Cx43), proteina fondamentale delle gap junction gliali e nella formazione degli emicanali, è
considerata un fattore di innesco per la cronicizzazione della sofferenza. I
farmaci diretti ad agire sui recettori oppioidi μ (MOR) sono correntemente
prescritti per il trattamento di stati algici di intensità da moderata a forte,
con una buona efficacia, ma il loro impiego nel dolore cronico è limitato dal
profilo di tollerabilità. Dopo numerosi studi, i recettori degli oppioidi
δ (DOR) hanno attratto l’attenzione dei farmacologi quale bersaglio per il
trattamento di dolori persistenti, perché la farmacodinamica delle molecole che
si legano ai DOR con efficacia analgesica è stata associata all’inibizione di
fattori che sostengono i meccanismi del dolore. È stato poi dimostrato che il
legame simultaneo a MOR e DOR porta ad un fingerprint
farmacologico complessivamente migliore.
Su questa base, Vicario e colleghi
hanno studiato gli effetti del ligando benzomorfano LP2, un agonista MOR/DOR multibersaglio,
in un modello sperimentale di dolore neuropatico indotto da danno per
costrizione cronica (CCI) unilaterale del nervo sciatico su ratti maschi
Sprague-Dawley.
I risultati hanno mostrato che LP2
migliorava in maniera significativa il sintomo dell’allodinia, dalla fase
iniziale del trattamento fino a 21 giorni dopo le legature. La sperimentazione
ha anche dimostrato che LP2 preveniva
le alterazioni della Cx43 indotte da
CCI e, soprattutto, la segnalazione
pro-apoptotica nel sistema nervoso centrale.
L’insieme degli esiti dello studio,
per il cui dettaglio si rimanda alla lettura del testo integrale dell’articolo
originale, apporta nuove conoscenze sullo sviluppo del dolore neuropatico e sul
ruolo della Cx43 astrocitaria del midollo spinale, suggerendo nuove possibilità
di terapia farmacologica.
L’interesse per un nuovo approccio
farmacologico analgesico non deve, tuttavia, farci dimenticare che lo stato di
sofferenza cronica per dolore neuropatico è espressione di un quadro fisiopatologico
complesso, in cui si assiste alla modificazione dell’espressione genica di
numerose proteine legate alle vie di segnalazione, allo sviluppo di un pattern infiammatorio periferico, ad
alterazioni endocrine e neuropsichiche simili a quelle dei disturbi da stress, e a molti altri cambiamenti di
parametri ed assetti funzionali. Un tale interessamento generale deve far
considerare un approccio generale e complessivo alla persona, al suo stato
affettivo-emotivo, ai problemi che il dolore ha creato o ha contribuito a
creare, per cercare di interrompere i circoli viziosi che impediscono al
cervello di svolgere la funzione autoterapeutica di cui è capace, quando non
sia alterato il regime fisiologico che si esprime attraverso lo stile di
adattamento psicologico di ciascuno di noi.
L’autore della nota ringrazia
la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle numerose recensioni di argomento connesso che appaiono
nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella
pagina “CERCA”).
Lorenzo L. Borgia
BM&L-01 giugno 2019
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data 16 gennaio 2003 con codice fiscale 94098840484, come organizzazione
scientifica e culturale non-profit.
[1]
C. R. Chapman, Pain, pp. 1-6 in Encyclopaedia of Cognitive Science,
Nature Publishing Group, London 2003. La
definizione fu introdotta per la prima volta nel 1979, ma rimane tuttora quale
standard di riferimento. Chapman, introducendo la trattazione dell’argomento,
propone una sua definizione che ricorda il valore fisiologico di segnale
della sensazione dolorifica: “Pain is an unpleasant sensory and emotional bodily awareness that normally serves
a protective function by informing us of tissue damage” (C. R. Chapman,
op. Cit., ibidem).
[2] G. Perrella, Dolore Cronico e
Danno Neurodegenerativo. BM&L-Italia,
Firenze 2010.
[3] Willis and Westlund,
Neuroanatomy of the pain system. Journal of Clinical Neurophisiology
14, 2-31, 1997; Casey and Bushnell (editors) Pain Imaging, IASP
Press, Seattle 2000.
[4] Loeser, Butler, Chapman and Turk (editors), Bonica's Management of Pain, 3rd edition, Williams
and Wilkins, Philadelphia 2001.
[5] Cfr. “L’Esperienza del Dolore”
in G. Perrella, Il Disturbo
Post-Traumatico da Stress (PTSD), Dipartimento di Neuroscienze, Università
Federico II, Napoli 2005.
[6]
McMahon S. B., Koltzeburg M., Tracey I., Turk D. C., Wall and Melzac’s
Textbook of Pain, 6th edition, p. xix (Preface), Elsevier Saunders, Philadelphia 2013.
[7] McMahon S. B., Koltzeburg
M., Tracey I., Turk D. C., op. cit., p. 862.
[8] McMahon S. B., Koltzeburg
M., Tracey I., Turk D. C., op. cit., p. 861.