Scoperto un circuito che sopprime il dolore quando si ha fame

 

 

GIOVANNI ROSSI

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XV – 22 settembre 2018.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Una delle principali sfide della neurobiologia è la comprensione dei criteri che, nel corso dell’evoluzione, hanno tessuto la trama delle priorità tra i processi d’importanza primaria per la sopravvivenza. Ad esempio, se si pensa alla fame, che assicura quotidianamente l’apporto energetico indispensabile per il metabolismo, e al dolore, che determina comportamenti efficaci per la protezione dell’organismo, è lecito chiedersi in quale rapporto possano essere tra loro, e in che modo l’organismo scelga la priorità di risposta nelle circostanze reali.

Come è noto, la ricerca sulla fisiologia del comportamento alimentare è stata tradizionalmente distinta e separata da quella che indaga le basi del dolore, e se oggi cominciano ad emergere dei dati che ci lasciano intendere come uno stato di bisogno alimentare possa influire sulla percezione della nocicezione, si può sperare che la ricerca abbia intrapreso il cammino che porterà a chiarire i rapporti neurobiologici fra istanze elementari di un organismo.

Alhadeff e colleghi hanno scoperto che la fame attenua le risposte comportamentali e le proprietà affettive del dolore infiammatorio, senza alterare le risposte nocicettive acute. Indagando sulle basi di questo effetto controllato centralmente, i ricercatori hanno individuato un circuito che media questa interferenza fisiologica.

(Alhadeff A. L., et al. A Neural Circuit for the Suppression of Pain by a Competing Need State. Cell 173 (1): 140-152, 2018).

La provenienza degli autori è la seguente: Department of Biology, University of Pennsylvania, Philadelphia, PA (USA); Department of Biobehavioral Health Sciences, University of Pennsylvania, Philadelphia, PA (USA); Janelia Research Campus, Howard Hughes Medical Institute, Ashburn, VA (USA).

Riprendiamo alcune nozioni relative alla regolazione molecolare della funzione alimentare. La leptina, che riduce l’assunzione di cibo e aumenta il dispendio energetico, la lipolisi e la termogenesi, raggiunge attraverso il sangue, insieme con l’ormone ipoglicemizzante insulina, i neuroni del nucleo arcuato siti nell’ipotalamo mediale. Tali neuroni inviano proiezioni ai nuclei paraventricolare e laterale dell’ipotalamo, trasmettendo i segnali ricevuti dai due peptidi. Insulina e leptina, nel nucleo arcuato, si legano specificamente ai recettori[1] di due specifiche popolazioni di cellule nervose, che rispondono in maniera opposta a leptina e insulina, determinando opposte influenze sul bilancio energetico. Una delle due popolazioni secerne due molecole di segnalazione anabolica, il neuropeptide Y e l’AgRP (agouti-related protein); la seconda popolazione secerne due molecole di segnalazione catabolica, ossia α-MSH e CART. L’antagonismo fra segnali anabolici e catabolici del nucleo arcuato è illustrato dall’azione dell’AgRP. Tale molecola è infatti un antagonista endogeno dei recettori della melanocortina MC3 e MC4, il cui agonista fisiologico è l’MSH rilasciato dai neuroni del nucleo arcuato quando l’organismo è in stato catabolico. L’AgRP blocca l’azione di riduzione dell’assunzione del cibo da parte di questo ormone, aumenta il dispendio energetico e riduce l’accumulo di grasso. L’iniezione del neuropeptide Y nell’ipotalamo innesca l’assunzione di cibo, promuove la lipogenesi e riduce il consumo di energia. Così il rilascio di entrambi i peptidi produce feedback anabolico ed effetti di feed-forward, che causano l’aumento ponderale mentre sopprimono la segnalazione nella via catabolica antagonista.

Il richiamo a queste nozioni facilita l’inquadramento concettuale dei risultati ottenuti da Alhadeff e colleghi.

La fame, ossia lo stato funzionale originato dal bisogno energetico-metabolico e caratterizzato dal comportamento di ricerca ed assunzione del cibo, segue fedelmente le necessità dell’organismo, manifestandosi in genere nei mammiferi più volte nel corso della giornata. Al contrario, il dolore, considerato un affetto-segnale, è uno stato reattivo sporadico che, se si eccettuano le condizioni patologiche di dolore cronico, si presenta occasionalmente in modo imprevisto. Tale differente natura suggerisce la possibilità, nel corso di attivazione contemporanea dei due stati, che il dolore sopprima la fame, soprattutto se l’intensità nocicettiva è quella di un segnale forte. Una riflessione superficiale in chiave evoluzionistica suggerirebbe l’assenza di un meccanismo di inibizione del dolore da parte della fame, ma poi, soffermando l’attenzione sul valore biologico di intensità legata all’urgenza, si può facilmente ammettere la possibilità che si verifichino casi di estrema necessità metabolica che facciano prevalere il bisogno vitale di assumere metaboliti sulla protezione da una debole noxa, trascurabile per la sopravvivenza. Ammessa, dunque, in linea teorica la possibilità che esistano entrambi i meccanismi, è necessario verificarne l’esistenza e, se questa è confermata, è interessante studiare in quali rapporti siano fra loro e con le circostanze che ne evocano l’entrata in funzione.

L’indagine sui processi neurali che determinano la priorità fra segnali interni legati alla sopravvivenza che entrino in contrasto, costituisce un campo nuovo e affascinante, che esplora un territorio ancora sostanzialmente ignoto. Il primo passo compiuto da Alhadeff e i numerosi colleghi coordinati da Betley è consistito nel rilevare e dimostrare che la fame è in grado di attenuare tanto le risposte comportamentali quanto le proprietà affettivo-emozionali del dolore infiammatorio sperimentale. Questa interessante e sorprendente interferenza centrale si verificava senza alterazioni della risposta nocicettiva periferica acuta. I ricercatori hanno allora indagato la possibile base cellulare di questo controllo centrale, trovandola nei neuroni sensibili alla fame esprimenti la agouti-related protein (AgRP). Infatti, l’attività di tali cellule nervose era in grado di eliminare il dolore infiammatorio.

La sperimentazione si è poi concentrata sull’analisi sistematica delle proiezioni delle varie sottopopolazioni di neuroni AgRP. Seguendo i percorsi e la fisiologia di queste connessioni, i ricercatori hanno scoperto che l’elaborazione neurale della fame e quella del dolore infiammatorio hanno un punto di convergenza nel nucleo parabranchiale del rombencefalo (PBN).

Alhadeff e colleghi hanno allora verificato selettivamente gli effetti dell’attività specifica dei neuroni AgRP che proiettano al nucleo PBN. L’attività di questa sottopopolazione si è rivelata tanto efficace nell’inibire gli effetti comportamentali del dolore infiammatorio quanto la fame o gli analgesici.

L’approfondimento molecolare, per la comprensione dei sistemi di segnalazione interessati in questa funzione, ha rivelato che, nei neuroni del nucleo PBN, l’effetto anti-nocicettivo (antidolorifico) della fame è mediato dalla segnalazione del neuropeptide Y (NPY).

Dall’insieme dei dati emersi dalla sperimentazione, per il cui dettaglio si rimanda al testo del lavoro originale, si deduce che Alhadeff e colleghi hanno identificato un circuito neurale che elabora segnali legati a necessità primarie in competizione, e hanno scoperto che la segnalazione legata al recettore NPY Y1 nel nucleo PBN è un target per la soppressione del dolore.

 

L’autore della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Giovanni Rossi

BM&L-22 settembre 2018

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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[1] Il recettore della leptina appartiene alla prima classe della famiglia dei recettori delle interleuchine.