GPR 158 controlla la depressione indotta da stress
DIANE RICHMOND & GIOVANNA REZZONI
NOTE
E NOTIZIE - Anno XV – 03 marzo 2018.
Testi pubblicati sul sito
www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind
& Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a
fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta
settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in
corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di
studio dei soci componenti lo staff
dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONE]
La neuropatologia della depressione è studiata da decenni e le
nozioni acquisite e trasmesse mediante la didattica si arricchiscono, col
passare degli anni, di elementi sempre nuovi; tuttavia, la maggior parte di
quanto si conosce, che correttamente si attribuisce alla dimensione
fisiopatologica, sembra essere conseguenza dello stato di alterazione
funzionale o, al più, partecipare ai circoli viziosi patogenetici. Ben poco si
conosce dell’eziopatogenesi molecolare dello stato depressivo o, meglio, di
molecole e meccanismi responsabili dei processi che precedono quelli
attualmente descritti.
I modelli murini più impiegati
per lo studio della patologia depressiva sono costituiti da riproduzioni
sperimentali di stati fisiopatologici indotti da stress cronico; pertanto, numerosi gruppi di ricerca indagano gli
eventi che portano alla depressione dalla reazione protratta agli agenti
stressanti. Lavorando in questo ambito, Sutton e
colleghi hanno identificato il collegamento molecolare fra stress cronico e depressione nel recettore orfano GPR158, quale nuovo
regolatore agente nella corteccia prefrontale (PFC, prefrontal cortex).
(Sutton L. P., et al., Orphan
receptor GPR158 controls stress-induced depression. Elife – Epub ahead of print doi: 10.7554/eLife.33273, 2018).
La provenienza
degli autori è la seguente: Department of Neuroscience, The Scripps Research
Institute, Jupiter (USA); Max Plank Florida Institute for Neuroscience, Jupiter
(USA); Department of Molecular and Translational Medicine, University of
Brescia (Italia); Center for Brain and Behavior Research, Department of
Biology, University of South Dakota, Vermillion (USA); Aging Mind and Brain
Initiative, University of Iowa, Iowa (USA); Max Plank Institute of
Neurobiology, Martinsried (Germania).
Prima di esporre i risultati
dello studio di Sutton e colleghi, si propone una
sintesi di alcune nozioni tratte dalla ricerca recente sulle basi patologiche
della depressione[1].
I sistemi neuronici definiti in base al neurotrasmettitore più
studiati nella patologia depressiva sono il serotoninergico
e il nor-adrenergico, ma sono notevolmente
interessati anche il dopaminergico, il colinergico, il glutammatergico
e il GABAergico[2]. Sono
implicati, poi, il BDNF, la sostanza P, altri peptidi, l’asse della tiroide
(con un “ipotiroidismo intracerebrale”) e l’asse corteccia-ipotalamo-ipofisi-surrene.
Molti studi recenti riguardano i rapporti che intercorrono fra i diversi sistemi di segnalazione[3]. I
correlati neuroanatomici e neuropatologici della depressione e degli altri
disturbi dell’umore, costituiscono un altro aspetto importante e intensamente
indagato negli ultimi decenni[4].
Gli studi morfologici e
morfo-funzionali macroscopici dell’encefalo, condotti mediante metodiche di
neuroimmagine, hanno rilevato nella depressione maggiore anomalie strutturali e
funzionali in molte aree della corteccia
prefrontale, sia nella regione orbitale
sia mediale, nell’ippocampo, nell’amigdala e nelle parti connesse dello striato e del talamo. Analisi
morfometriche mediante MRI (magnetic resonance imaging) hanno consentito di
rilevare che, se alcune alterazioni variano tra i pazienti e da uno studio
all’altro, vi sono importanti elementi di convergenza nell’indicare
l’interessamento pressoché costante di un circuito che include la corteccia
prefrontale dorso-laterale e mediale, la corteccia cingolata anteriore, lo
striato ventrale, il pallido, il talamo e l’ippocampo.
Una menzione a parte merita la
scoperta che una particolare asimmetria dei lobi occipitali, con curvatura
della falce meningea cerebrale nel terzo posteriore, detta occipital bending si associ a depressione: in un campione di 51 pazienti
affetti da depressione maggiore, la rara anomalia era presente in ben 18
cervelli: il 35,35%; e la percentuale sale al 45,8% se si considerano solo le
donne[5].
Non si può dire che vi sia una
chiara evidenza di atrofia globale nei disturbi che decorrono con alterazione
dell’umore, sebbene siano stati più volte riportati, in pazienti affetti da
depressione maggiore, dati inoppugnabili di ridotte dimensioni dei nuclei della
base encefalica nel loro complesso, del cervelletto ed anche dei lobi frontali,
indicando quanto meno atrofia locale. Più chiari segni di riduzione del
cervelletto e del lobo temporale, accanto a cambiamenti nell’ippocampo, sono
stati rilevati nel disturbo bipolare. Nell’insieme, i pazienti affetti da
depressione maggiore di età più avanzata e i bipolari, mostrano una dimensione
accresciuta della sostanza bianca sub-corticale ed iper-intensità
periventricolare.
Con le metodiche di
neuroimmagine funzionale, quali fMRI, PET e SPECT è stato possibile ottenere
correlati degli stati mentali associati alla depressione, ed anche esplorare la
possibilità di quadri presenti in periodi di remissione o in parenti non
affetti, per valutarne un possibile significato patogenetico.
È stata documentata nella
depressione una disfunzione dei lobi frontali, indicata da un minore flusso
ematico e un ridotto metabolismo del glucosio nella corteccia prefrontale
laterale e dorsale; a questo difetto funzionale fa riscontro a volte
un’accresciuta attività di alcune strutture ventrali. La depressione maggiore,
in questi studi funzionali, è principalmente associata con una disfunzione
nella corteccia prefrontale, nell’amigdala, nel segmento anteriore del giro del
cingolo[6] e nei
nuclei della base[7].
Alcune di queste anomalie
funzionali sono dipendenti dallo stato affettivo, espresso dal tono dell’umore
e da altri segni clinici di depressione, altre appaiono più simili a tratti, persistendo dopo la remissione
dei sintomi. Queste anomalie indipendenti dall’attualità psicopatologica sono
state rilevate nella corteccia prefrontale orbitale e mediale, in aree in cui
gli studi post-mortem
hanno documentato riduzioni di volume e caratteristiche istopatologiche in
pazienti affetti da disturbi primari (non reattivi) dell’umore.
Nella depressione maggiore gli
studi di legame recettoriale condotti mediante PET hanno scoperto evidenti
alterazioni del legame ai recettori 5-HT1A nel tronco encefalico,
nell’amigdala e nella corteccia cerebrale dei lobi frontali e temporali. Questa
alterazione di legame risulta presente anche nei lunghi periodi di remissione
fra gli episodi depressivi, perciò si ritiene possa essere indicatrice di un tratto biologico. Evidenze emergenti
dalle mappe fisiologiche cerebrali, dalle analisi delle lesioni e dagli studi
elettrofisiologici nell’uomo, coerenti con quanto rilevato nell’animale,
suggeriscono che queste aree abbiano un ruolo importante nella modulazione
dell’espressione emozionale e delle risposte allo stress. Su questa base si è ipotizzato che la disfunzione di queste
aree possa avere un ruolo nella patogenesi dei disturbi depressivi.
Gli studi PET e SPECT sul
ruolo dei recettori della serotonina nella patogenesi dei disturbi dell’umore
hanno contribuito a caratterizzare le anomalie della neurotrasmissione
suggerite dai risultati delle indagini su campioni cerebrali autoptici, sui
fluidi del corpo e sulla funzione neuroendocrina. Combinando i risultati di
tecniche speciali delle metodiche PET e SPECT con la genotipizzazione dei
polimorfismi funzionali dei geni dei recettori della serotonina, è possibile
una più precisa caratterizzazione di endofenotipi
biologici intermedi, che possono costituire indici più sensibili di
patologia nella depressione e negli altri disturbi dell’umore. Studi ripetuti
in vari stati affettivo-emotivi patologici e fisiologici (depressione,
eccitazione, eutimìa, ansia, ecc.) e l’esame comparativo familiare e in corso
di sviluppo con tali metodi, potrà favorire la comprensione di alcuni aspetti
rilevanti della fisiopatologia cerebrale di tali disturbi[8].
Gli studi classici sugli
effetti dello stress e dei
glucocorticoidi (cortisolo, nell’uomo) sulla neuroplasticità
sono stati integrati da nuovi dati, e conservano interesse perché la maggior
parte dei casi di depressione che giunge all’osservazione clinica è associata a
stress cronico. Le indagini mediante
MRI hanno rivelato riduzione del volume dell’ippocampo nella malattia di
Cushing, nel disturbo post-traumatico da stress
(PTSD) e, in misura minore, nella depressione da stress; tutte condizioni associate ad ipercortisolemia. Al livello
microscopico si ha l’atrofia dei neuroni ippocampali della regione CA3, senza
interessamento di CA1 e del giro dentato, come accade nel danno sperimentale da
glucocorticoidi che riproduce un’attivazione ipotalamo-ipofisi-surrene cronica
associata a sintomi depressivi[9].
Un settore di ricerca che si è
costituito di recente riguarda l’indagine sull’espressione genica in aree
cerebrali rilevanti nella fisiopatologia depressiva. Ad esempio, è stata
rilevata un’alterata espressione dei geni della segnalazione del glutammato,
dei fattori di crescita e della glia nel locus
coeruleus di persone affette da disturbo depressivo maggiore[10].
Esaurito questo excursus sulle basi patologiche della
depressione, ritorniamo allo studio qui recensito.
Sutton e colleghi hanno rilevato che GPR158 è altamente iper-espresso
nei neuroni della corteccia prefrontale di pazienti affetti da disturbo
depressivo maggiore.
GPR158, cioè G protein-coupled receptor 158,
in homo sapiens ha il gene (ID:
57512) localizzato sul cromosoma 10 (10p12.1). Tale gene, codificante la
proteina, è tendenzialmente espresso nel cervello (RPKM 11.3), nel surrene
(RPKM 0.9) e in un altro tessuto (v. NIH
Gene database). GPR158 è stato implicato nella crescita e nella
progressione del cancro della prostata; varianti di GPR158 associate con
riduzione della spesa energetica sono state individuate in Indiani d’America.
RGS7, un regolatore della
segnalazione delle proteine G, svolge un ruolo critico nel sistema nervoso
centrale, dove regola più neurotrasmettitori GPCR che mediano la memoria, la
visione e l’azione di droghe psicotrope. Di recente è stato studiato l’impatto
di GPR158 su RGS7 nel cervello, ed è stato stabilito che GPR158 è un essenziale
regolatore allosterico di RGS7 in condizioni fisiologiche, con un ruolo critico
nel controllo della sua espressione, della localizzazione di membrana e
dell’attività catalitica[11].
Lo studio è proseguito con la
verifica nell’animale degli effetti di una condizione protratta di influenza
sul cervello di un agente stressante. Gli esperimenti hanno dimostrato che
l’esposizione di topi allo stress cronico
eleva il livello della proteina GPR158 nei neuroni della corteccia prefrontale in una maniera dipendente dai glucocorticoidi. Gli esperimenti di iper-espressione
virale di GPR158 nella corteccia prefrontale hanno indotto comportamenti
simil-depressivi. In contrasto, l’ablazione di GPR158 portava allo sviluppo di
un fenotipo prevalentemente caratterizzato da elementi antidepressivi e dalla
capacità dell’animale di sopportare bene lo stress.
Sutton e colleghi sono riusciti a stabilire che GPR158 esercita i suoi effetti
attraverso la modulazione della forza sinaptica, modificando l’attività
del recettore AMPA.
Nell’insieme, i risultati
dello studio identificano un nuovo protagonista nella regolazione dell’umore e
indicano un nuovo target
farmacologico per la gestione della depressione.
Le autrici della nota ringraziano la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza
e invitano alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E
NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).
La Società Nazionale di Neuroscienze BM&L-Italia, affiliata alla International Society of Neuroscience, è registrata presso l’Agenzia delle Entrate di Firenze, Ufficio Firenze 1, in data 16 gennaio 2003 con codice fiscale 94098840484, come organizzazione scientifica e culturale non-profit.
[1] Per brevità si sono omessi i riferimenti agli studi recenti non focalizzati sulla neuropatologia (v. Note e Notizie 13-06-15 Infiammazione da depressione e rischio cardiovascolare) o volti ad indagare i rapporti con lo stress ossidativo (Note e Notizie 03-06-17 La gravità dell’ansia è associata a stress ossidativo nella depressione). Si consiglia, per un’interessante panoramica sulle scoperte recenti: Note e Notizie 11-04-15 Scoperte e aggiornamenti sulle basi neurali della depressione.
[2] Note e Notizie 04-10-08 Difetto di GABA-A nella depressione post-partum. Si veda anche: Note e Notizie 24-09-11 come un batterio intestinale regola emozioni ed altri processi psichici (aumento o riduzione locali dell’espressione di GABAB1b e GABAAα2).
[3] Ad esempio, il recettore 1 del CRF regola il comportamento ansioso attraverso la sensibilizzazione della segnalazione mediata dal recettore della serotonina 5-HT2 (Note e Notizie 19-06-10 Rapporto fra CRF e 5-HT in ansia e depressione da stress).
[4] Per la bibliografia relativa alle basi morfo-funzionali della depressione si veda al termine del capitolo 60: Mann, Currier, Quiroz, Manji, Neurobiology of Severe Mood and Anxiety Disorders in Basic Neurochemistry (Brady, Siegel, Albers, Price) VIII edition, pp.1034-1036, Elsevier AP, 2012.
[5] Note e Notizie 11-04-15 Scoperte e aggiornamenti sulle basi neurali della depressione.
[6] Si veda anche: Note e Notizie 11-12-10 La disfunzione frontocingolata nella depressione come biomarker del trattamento.
[7] Nella depressione associata a disturbo bipolare è stata da tempo rilevata anche una disfunzione del lobo temporale (Drevets W. C., et al. Brain Structure & Function 213 (1-2): 93-118, 2008).
[8] Questo filone di ricerca tende ad identificare nuovi biomarkers per misurare e monitorare gli effetti dei trattamenti.
[9] Mann, Currier, Quiroz, Manji, Neurobiology of Severe Mood and Anxiety
Disorders, op. cit., p. 1026.
[10] Note e Notizie 25-06-11 Alterata espressione nel locus coeruleus di pazienti con depressione maggiore.
[11] Orlandi
C., et al. Orphan Receptor GPR158 Is
an Allosteric Modulator of RGS7 Catalytic activity with an Essential Role in Dictating
Its Expression and Localization in the Brain. Journal of Biological Chemistry 290 (22): 13622-39, 2015.