Scoperta una popolazione neuronica che media la memoria a breve termine
LORENZO L. BORGIA
NOTE
E NOTIZIE - Anno XV – 24 febbraio 2018.
Testi pubblicati sul sito
www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind
& Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a
fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta
settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in
corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di
studio dei soci componenti lo staff
dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONE]
È come se nella mia mente ci fosse una camera di
consiglio dove risiede la coscienza,
che dà udienza a due o tre idee contemporaneamente, e
un’anticamera piena di idee […]
al di là della percezione cosciente. In questa
anticamera le idee più correlate a quelle già
presenti nella sala principale vengono poi convocate
in modo meccanicamente logico.
[Sir Francis Galton, 1883]
Francis Galton, il poliedrico cugino di Darwin che applicò la statistica alla genetica e introdusse l’uso delle impronte digitali per l’identificazione, così immaginava la memoria a breve termine in rapporto alla coscienza: un’anticamera. Anche William James, il padre della psicologia americana, aveva riconosciuto e distinto questa memoria temporanea, considerandola in funzione della coscienza: la chiamò memoria primaria e definì la sua durata “tempo capzioso”.
Joseph Jacobs, un’insegnate londinese, fu il primo a tentare di misurare la capacità individuale di ritenere dati, sottoponendo i suoi alunni alla prova di ripetizione di sequenze crescenti di cifre, fino all’errore che indicava il raggiungimento della capacità massima che la coscienza potesse trattenere: lo span della memoria temporanea. Dunque, anche in questo caso, la temporaneità riguarda il tempo durante il quale il dato di informazione permane nella coscienza. L’associazione della ritenzione dei dati alla cognizione consapevole è rimasta una costante in neuropsicologia, tanto che nelle maggiori teorie sulla struttura della più importante memoria temporanea, ossia la memoria di funzionamento che sostiene tutto l’agire mentale, o working memory, si assume che la componente di controllo esecutivo centrale agisca come un sistema di supervisione da parte dell’attenzione cosciente[1].
Tuttavia, da quando la ricerca neurobiologica ha definito processi molecolari e cellulari della memoria a breve termine comuni a specie animali filogeneticamente molto distanti fra loro, e la ricerca neurofisiologica ha cominciato ad indagare le memorie di sistema, la concezione neuropsicologica basata unicamente sul modello umano di registrazione e rievocazione cosciente di dati ha ceduto il passo ad una visione molto più estesa della memoria temporanea. Su questa base sono stati identificati dei correlati neurofunzionali, ma non si è andati oltre il livello cellulare. Il correlato neurale più prossimo, ossia l’attività dei microcircuiti, è rimasto fino ad oggi indecifrato, ma uno studio cinese, che ha richiesto il contributo di ventiquattro ricercatori afferenti ad alcune delle maggiori istituzioni neuroscientifiche nazionali, ha individuato una sub-popolazione di neuroni eccitatori della corteccia prefrontale quale possibile base della memoria di breve durata.
(Tian Y., et al. An Excitatory Neural
Assembly Encodes Short-Term Memory in the Prefrontal Cortex. Cell Reports 22 (7): 1734-1744, 2018 -
Epub ahead of print doi: 10.1016/j.celrep.2018.01.050, 2018).
La provenienza
degli autori è prevalentemente la seguente:
State Key Laboratory of Membrane Biology, PKU-IDG/McGovern Institute for Brain
Research, School of Life Sciences and Key Laboratory for Neuroscience, Peking
University, Beijing (Cina); Department of Neurosurgery,
Beijing Tiantan Hospital, Capital Medical University,
Beijing (Cina); China National Clinical Research
Center for Neurological Diseases, Beijing (Cina);
State Key Laboratory of Brain and Cognitive Sciences, Institute of Biophysics,
Chinese Academy of Sciences (CAS), Beijing (Cina).
La memoria di breve durata, dai pochi millisecondi di quella
sensoriale o iconica, ecoica e aptica, alle decine di secondi di quella
necessaria alla nostra cognizione cosciente per comporre sulla tastiera
virtuale del telefonino un numero di telefono appena udito, è alla base di
tutto il funzionamento cerebrale. Tutta l’elaborazione degli stimoli
provenienti dal mondo che ci circonda, per ogni fine – dalla reazione immediata
fino alla programmazione di un comportamento futuro – dipende dalla possibilità di ritenere
temporaneamente l’informazione e trattarla per gli innumerevoli ed eterogenei
fini della vita quotidiana.
Ritenzione temporanea è anche
quella che dura minuti o ore e non necessariamente appartiene alle memorie esplicite, ossia semantica ed episodica, ma può riguardare i processi
procedurali e varie forme implicite
di conservazione dell’informazione, dalla memoria
associativa emozionale alla sensibilizzazione.
Tali forme di registrazione possono essere attive contemporaneamente ed
integrarsi nel fornire informazioni. Ad esempio, durante una conversazione di
lavoro con una persona sconosciuta possiamo tenere costantemente l’attenzione
sui contenuti che ci propone ed elaborarli adeguatamente nel dialogo, mentre
registriamo quasi inconsapevolmente delle impressioni sul suo atteggiamento,
sul tono affettivo, e così via. Se comunichiamo ad altri tali impressioni, per
condividerle o chiederne conferma, o in altro modo le rievochiamo, con ogni probabilità
ne conserveremo una traccia; ma se non abbiamo modo di ritornarci e non si
tratta di caratteristiche che abbiano suscitato in noi risposte affettive o
emozionali, è molto probabile che vadano perdute. Se invece le nostre
impressioni riguardano l’affidabilità e la competenza dell’interlocutore, quasi
sicuramente saranno state integrate nel giudizio complessivo cosciente sul
valore da attribuire ai contenuti comunicativi.
La parte esplorabile di questi
processi è rappresentata dal supporto mnemonico temporaneo necessario per la
maggior parte delle funzioni cognitive della nostra vita di relazione e
schematizzabile in un compito basato su un’informazione sensoriale attuale, ma
lievemente differito nel tempo per la sua esecuzione, come nelle prove sperimentali
di working memory.
Per working memory attualmente si intende la
funzione che conferisce l’abilità di ritenere un elemento informativo nella
prospettiva di eseguire un atto mentale o materiale dipendente da tale
informazione. L’adattamento delle tecniche di registrazione mediante
microelettrodi in animali svegli ed attivi ha consentito di analizzare le
scariche dei neuroni della corteccia prefrontale, durante compiti sperimentali
(delay tasks)
che implicano l’uso della working memory e richiedono l’attività di questa regione
corticale. Gli studi di questo genere, fin dal primo realizzato da Joaquin Fuster, hanno dato luogo a classificazioni delle singole
cellule nervose prefrontali in vari tipi sulla base del comportamento
elettrico. Tali classificazioni hanno però solo un valore descrittivo, rapportabile
alla fenomenica sperimentale e, come precisa lo stesso Fuster,
non forniscono indicazioni sul ruolo di questi neuroni nei processi di memoria
a breve termine[2]. D’altra parte, durante le
prove sperimentali di working memory nei
primati, si registra una sostanziale variabilità del pattern di scarica delle cellule prefrontali[3].
Negli anni recenti sono stati
individuati dei correlati della memoria a
breve termine (STM, da short-term memory) nell’attività neurale persistente o ricorrente associata ad oscillazioni neurali. Si ritiene che
tali correlati elettrofisiologici corrispondano alla codifica di questa forma di conservazione dell’informazione al livello cellulare; i meccanismi del più
interessante livello dei microcircuiti, dove si formano unità di memoria
prossime ai contenuti mentali, rimangono un mistero.
Tian e colleghi hanno studiato topi in attività mediante imaging bi-fotonico per monitorare l’attività dei microcircuiti
della loro corteccia cerebrale. In tal modo hanno scoperto una sub-popolazione di neuroni nella corteccia prefrontale mediale (mPFC, da medial prefrontal cortex) che
mostrava particolari proprietà emergenti secondo una modalità dipendente dal
contesto, durante un comportamento che ricalca un paradigma sperimentale per lo
studio della STM.
Tale sub-popolazione di
cellule nervose corticali era costituita esclusivamente da neuroni eccitatori ed era principalmente rappresentata da un gruppo di neuroni con più forti connessioni funzionali. Un dato
estremamente importante è che la plasticità
dei microcircuiti formati da questi
neuroni era sostenuta per alcuni minuti, cioè un tempo compatibile con una STM.
I ricercatori hanno provato a
verificare il legame fra la memoria temporanea codificata da questa
sub-popolazione e le prestazioni cognitive che richiedono working memory indagando, con la stessa metodica
bi-fotonica, la corteccia prefrontale di modelli murini della malattia di
Alzheimer. La plasticità dei microcircuiti era assente nei topi affetti dalla
neurodegenerazione sperimentale.
I risultati emersi da questo
studio mostrano l’esistenza di un meccanismo di codifica funzionale che si basa sul comportamento emergente di un insieme di neuroni di nuova
identificazione, omogeneo per caratteristiche funzionali ed agente in modo
coerente con i requisiti del comportamento di STM espresso dai topi negli
esperimenti.
L’autore della nota ringrazia il presidente per la segnalazione dello studio qui recensito e
per la supervisione nella stesura del testo, e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso
che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore
interno nella pagina “CERCA”).
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