Il Cervello da Nemesio al Seicento

 

 

MONICA LANFREDINI

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XV – 21 ottobre 2017.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: DISCUSSIONE]

 

Prima Parte

 

Una recente rivisitazione storica della condanna di Galileo Galilei da parte della Chiesa del Seicento ha indotto curiosità nei membri della nostra società scientifica intorno all’epopea delle ricerche sul cervello dal Medioevo fino a quell’epoca. In particolare, la lettura di interessanti documenti fa intendere che l’intervento delle autorità ecclesiastiche contro Galileo fu inizialmente il portato di un diffuso movimento di critica e di opposizione al geniale studioso, pisano di nascita e  fiorentino d’adozione. Il cliché di religiosi retrogradi, oscurantisti, antiscientifici, nemici della conoscenza, del progresso e della libertà, che si è diffuso soprattutto nella storiografia degli ultimi due secoli per effetto della condanna delle idee galileiane e degli orrori dell’Inquisizione, ha indotto una facile generalizzazione, raramente sottoposta a verifica: in ogni tempo il magistero della Chiesa cristiana, sia prima sia dopo la riforma che infranse l’unità etica dell’Europa, è stato considerato in opposizione alla visione scientifica della natura.

Si trascura spesso che, nel caso di Galileo, accettare le sue idee comportava la rinuncia alla filosofia naturale aristotelica, come era stata letta e tramandata nel Medioevo. Non era questione da poco, perché si trattava della cornice concettuale entro cui si sviluppavano pressoché tutte le teorie delle scienze esatte e di quelle della natura e del corpo che, a partire dalla medicina, erano riconosciute negli “Studi”, ossia nelle università ante litteram.

Infatti, Giorgio Goresio, criticando il Discorso galileiano sui problemi dell’idrostatica, così si esprime: “Chi non vuole camminare alla cieca, bisogna che si consigli con Aristotele, ottimo interprete della natura”, perché “la natura stessa ha parlato per bocca di Aristotele”[1]. Su tali questioni, l’opposizione a Galileo Galilei era considerevole a Firenze, Padova e Roma.

In Firenze, il filosofo, poeta e scienziato Ludovico delle Colombe, che aveva costituito con alcuni professori di filosofia la cosiddetta Lega dei Colombi, era il maggiore rappresentante dei detrattori delle tesi fisiche galileiane[2]. Sul ruolo avuto da costui, Enrico Bellone afferma: “A quanto pare fu proprio il delle Colombe colui che, in un incontro tenutosi sul finire del 1611 nell’abitazione dell’arcivescovo fiorentino, propose di fermare Galileo non con ragioni scientifiche, ma con argomenti di natura religiosa: occorreva, insomma, che un prelato intervenisse pubblicamente, e cioè dal pulpito, per porre un freno all’irruenza con cui Galileo continuamente attaccava le basi stesse del sapere”[3].

Sulla base di queste informazioni ci si è posto un semplice quesito: nei secoli dell’egemonia morale e politica della Chiesa, qual è stato l’atteggiamento dei religiosi circa lo studio del cervello, a quel tempo non separato dall’anima?

Nella discussione, che qui si sintetizza nei contenuti essenziali, sono stati proposti fatti storici ed argomenti dai quali il lettore potrà ricavare una risposta.

Due chiavi di volta consentono di comprendere l’involuzione culturale del sapere medico basato sull’anatomia: la sostanziale messa al bando degli studi dei Greci derivati dalla dissezione e la proibizione delle autopsie da parte della Chiesa.

Tra il IV e il III secolo a.C. Erofilo ed Erasistrato, fondatori della Scuola Medica di Alessandria, avevano raggiunto un grado di conoscenza morfologica del cervello che sarà eguagliato e superato solo nel Seicento. Nell’Atene di Aristotele, nato dopo la morte di Ippocrate ed erede delle conoscenze della sua scuola, non era diffusa la pratica dello studio del cadavere, considerata cosa “abietta” dal ceto colto del tempo; pertanto, il filosofo di Stagira basava le sue osservazioni biologiche sul paragone con gli organismi animali. Erofilo (335-280 a.C.), che fu allievo di Prossagora di Kos[4], inaugurò la conoscenza delle strutture del corpo umano mediante dissezione e fu autore di un’opera monumentale che si conosce attraverso Galeno (129-201 d.C.)[5]; alcune testimonianze storiche sugli atti della scuola alessandrina provengono da Celso e Tertulliano.

Erofilo e i suoi collaboratori distinsero nel sistema nervoso centrale il cervelletto dal cervello e queste strutture encefaliche dal midollo spinale; dimostrarono la presenza delle cavità ventricolari nell’encefalo, descrivendone posizione e conformazione; descrissero la corteccia cerebrale e compresero che le circonvoluzioni sono prodotte da introflessioni; distinsero i nervi dai vasi sanguigni e dimostrarono la loro origine dal cervello e dal midollo spinale, e non dal cuore come ipotizzato da Aristotele. Ancora, furono in grado di distinguere “nervi di movimento”, ossia nervi motori, e “nervi di sensazione”, ossia nervi sensitivi. Infine notarono che nell’uomo “che sorpassa di molto tutti gli altri animali per la sua intelligenza, le circonvoluzioni del cervello sono molto più ricche”[6]: un’osservazione che, confermata duemila anni dopo, ha dato luogo all’ipotesi neocorticale dell’intelligenza umana.

La possibilità che ebbe Erofilo di esaminare innumerevoli cadaveri sembra sia derivata dalla consegna alla Scuola dei feretri dei condannati a morte da parte dei sovrani; ma la pratica aveva assunto aspetti disumani e raccapriccianti, perché spesso i criminali, o presunti tali, venivano portati ancora vivi e vivisezionati per lo studio dei processi funzionali e la verifica dell’efficacia dei medicamenti. Celso scrive: “… facevano uscire di prigione per consegnarglieli, e farglieli esaminare mentre respiravano ancora”[7].

Elio Galeno di Pergamo[8], oltre quattrocento anni dopo, spostò la priorità dall’anatomia alla fisiologia del cervello; tuttavia, a quanto risulta agli storici della medicina, non si macchiò di azioni simili a quelle riferite per la scuola di Alessandria, che riportano alla mente le atrocità sperimentali compiute dai nazisti sugli ebrei internati nei campi di sterminio. Per la comprensione della fisiologia, infatti, il principale riferimento di Galeno fu l’animale[9]. Dopo aver distinto il parenchima cerebrale dal contenuto delle sue cavità, affermando che la “sostanza” del cervello è “simile a quella dei nervi”, prosegue l’opera di Erofilo descrivendo una cavità anteriore divisa in due (i due ventricoli laterali), una mediana (il III ventricolo) ed una posteriore (il IV ventricolo), ed avvia una serie di esperimenti per saggiarne le funzioni.

Le sue grossolane prove sperimentali lo portano a concludere che se si seziona la sostanza del cervello in un punto qualsiasi, l’animale non perde né la capacità di percepire, né quella di muoversi; perché ciò accada la sezione dovrà giungere fino a uno dei ventricoli cerebrali. Osserva anche che la lesione del ventricolo posteriore danneggia più gravemente l’animale. La ragione di tali strani esiti è intuitiva. Ciò che conta, in una prospettiva storica, è che questi e tanti altri esperimenti gli consentiranno di dimostrare che il cervello guida il funzionamento del corpo ed è la sede dell’attività mentale, contrariamente all’opinione cardiocentrica diffusa presso i seguaci di Aristotele e in tutti coloro che assumevano alla lettera le figure discorsive della tradizione culturale ebraica, che al simbolo metonimico del cuore attribuivano una molteplicità di significati legati ai sentimenti e all’affettività. È interessante notare che, nel tentativo di comprendere le basi cerebrali della mente, Galeno colloca come Platone l’anima razionale nel cervello, ma non si sbilancia sulla localizzazione delle singole facoltà psichiche, ossia la motrice, la sensibile e la raziocinante. È interessante la scomposizione di quest’ultima facoltà in immaginazione, ragione e memoria. Elabora poi la nozione di “pneuma psichico”[10], formato nei ventricoli e lì custodito come “organo dell’anima”, e sostiene che circoli nei nervi collegando organi di senso e organi di moto[11].

Nemesio di Emesa[12], vissuto tra il IV e V secolo d.C., fu medico e pensatore di lingua greca, considerato filosofo cristiano perché propone una lettura teorica della conoscenza empirica del corpo umano degli antichi greci secondo una visione desunta dalla dottrina cristiana. Vi sono molte lacune e alcune incertezze nella sua biografia[13], come ad esempio sul suo ruolo di governatore della Cappadocia. Per certo si sa che nel 390 si convertì al cristianesimo, mutando la propria vita al punto da divenire un fervente praticante e poi Vescovo di Emesa. Scrisse Sulla natura dell’uomo in greco, ma l’opera fu presto tradotta in siriaco, in latino e in armeno, e fu diffusa in tutto il mondo antico. Il saggio considera l’uomo come un microcosmo al centro dell’universo e quale termine medio tra l’Unità suprema e il termine ultimo della sua emanazione, ossia la materia e la corporeità. Le tesi esposte, soprattutto nella dottrina dell’anima, sono in perfetto stile neoplatonico; in particolare, Nemesio ripropone la concezione di Plotino della corporeità considerata non tanto come una realtà di per sé, quanto coscienza che l’anima ha di un proprio limite. Sulla natura dell’uomo ebbe una grandissima diffusione nel Medioevo ma, curiosamente, fu a lungo attribuita al noto teologo Gregorio di Nissa, fratello minore di San Basilio[14].

Nemesio, uomo della Chiesa, studia il cervello, accetta le tesi di Galeno e va oltre, provando a collocare le tre facoltà dell’anima raziocinante, ovvero immaginazione, ragione e memoria, nelle sedi dei ventricoli cerebrali. La sua ipotesi, condivisa da Sant’Agostino, colloca nei ventricoli anteriori di Erofilo, oggi detti laterali, l’immaginazione, nel ventricolo mediano (III ventricolo) la ragione e, infine, in quello posteriore (IV ventricolo) la memoria[15]. Si tratta del primo modello, anche se del tutto erroneo, di localizzazione cerebrale; tanto suggestivo da essere riprodotto in disegni e incisioni per oltre un millennio, fino al XVII secolo[16].

Infine, si può notare che Nemesio, a sostegno delle proprie tesi, come Galeno e nello stile del ricercatore, portava il risultato di esperimenti di lesione cerebrale e non citava tesi filosofiche o scritti religiosi del passato.

L’affermarsi dell’etica cristiana in tutta Europa crea un sentimento popolare ed una sensibilità diffusa, ispirata al concetto di corpo quale tempio dello spirito e al credo della resurrezione della carne, del tutto contraria allo studio anatomico del cadavere e al rischio che si compissero esperimenti su nostri simili trattandoli come oggetti di studio da tagliare a pezzi e poi smaltire. Il divieto della dissezione dei cadaveri è per secoli implicito, e la semplificazione proposta da alcuni resoconti storici che presentano un’epoca di proibizione coincidente con l’Alto Medioevo e una rimozione del divieto corrispondente all’autorizzazione di Mondino de’ Liuzzi alla prima autopsia dell’età moderna, non trova riscontro nei documenti.

Attingendo a un testo di Maria Conforti si può azzardare una semplificazione[17]: con la decretale del 1299 Detestande feritatis di Bonifacio VIII l’esame necroscopico e la dissezione anatomica non sono vietati, ma disciplinati secondo regole precise. Si procederà, infatti, allo studio autoptico del corpo di papi, religiosi, borghesi e uomini di ogni condizione e ceto.

 

[continua]

 

L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura della note pubblicate in NOTE E NOTIZIE nelle due settimane precedenti: Come il fitness aerobico modella le connessioni cerebrali (07-10-17); Effetti del fitness aerobico dal cervello allo spirito (14-10-17).

 

Monica Lanfredini

BM&L-21 ottobre 2017

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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[1] Giorgio Goresio, Operetta intorno al galleggiare de’ corpi solidi, Firenze 1612, cit. in Enrico Bellone, Galileo - le opere e i giorni di una mente inquieta, p. 67, Le Scienze, Milano 2000. Si ricorda che furono i risultati degli esperimenti di meccanica ad indurre Galileo ad allontanarsi dalla concezione aristotelica.

[2] Si ritiene che, proprio pensando a figure come queste, Galilei abbia scritto il libretto di asperrima critica Contro il portar la toga.

[3] Enrico Bellone, op. cit., pp. 67-68.

[4] Secondo molti storici si tratterebbe del nipote del Prossagora allievo di Ippocrate di Kos.

[5] Fornì, tra l’altro, i primi scritti di anatomia descrittiva dell’occhio, di organi parenchimatosi quali il fegato e il pancreas, del duodeno e di altri organi cavi dell’apparato digerente, delle ghiandole salivari, dell’apparato respiratorio e dei genitali. Descrisse i seni venosi delle ossa craniche, individuando il punto di confluenza dei seni sagittale e trasverso al centro della squama dell’osso occipitale (Torculare di Erofilo). Coniò termini nuovi per le strutture che aveva scoperto, creando la prima terminologia anatomica della storia, in parte ancora conservata.

[6] Cit. in Jean-Pierre Changeux, L’uomo neuronale, p. 17, Feltrinelli, Milano 1998.

[7] Cit. in Jean-Pierre Changeux, op. cit., ibidem.

[8] Il medico più celebre dell’antichità, dopo Ippocrate. Nacque a Pergamo (oggi Bergama, in Asia Minore) nel 129 d.C. e morì a Roma intorno al 201 d.C., lasciando un’eredità teorica seguita per oltre 1300 anni, fino al tardo Rinascimento.

[9] È noto che Galeno lamentava la difficoltà di praticare dissezioni, e che studiò sezionandoli numerosi animali, dando la preferenza a quelli, come le scimmie, che presentavano maggiori analogie anatomiche con l’uomo (cfr. Harry Bober, La prima autopsia. Kos I (2): 51-60, marzo 1984: p. 52).

[10] L’osservazione anatomica dell’epoca non consentiva di trattenere il fluido cefalo-rachidiano nel sistema ventricolare, pertanto le cavità dell’encefalo apparivano vuote, suggerendo l’esistenza di un mezzo allo stato gassoso.

[11] Qualche altro spunto su Galeno e una dettagliata sintesi della concezione di cervello, mente e malattia mentale nella medicina ippocratica si trova ne La concezione dei disturbi mentali nella storia nella sezione IN CORSO.

[12] Nota anche come Emissa o Hemisa, antica città della Fenicia nel territorio attuale della Siria, che sorse nei pressi della città assira di Qadesh, nella zona della moderna città di Homs. Fu capitale della Fenicia Libanese.

[13] Sostanzialmente ricavata da quanto riportato nella sua opera principale.

[14] Basilio il Grande (330-379).

[15] L’area della confluenza ventricolare, in parte corrispondente all’acquedotto di Silvio, fu in seguito suggestivamente considerata, per il suo aspetto di luogo di incontro, quale sede del sensus communis, il senso comune.

[16] Cfr. La concezione dei disturbi mentali nella storia nella sezione IN CORSO.

[17] Alla nostra discussione sono stati proposti i testi di Vivian Nutton (Galeno salvato dalle acque) e, soprattutto, di Harry Bober e Loren C. McKinney (La prima autopsia) inclusi nel numero 2 dell’anno I della rivista KOS del marzo 1984 (pp. 33-60), e numerosi testi classici di storia della medicina. Il panorama che ne risulta, oltre ad essere frammentario e disorganico, presenta una materia storica vasta che non si presta a sintesi schematiche.