Danni cerebrali da esposizione prenatale a derivati della cannabis

 

 

LUDOVICA R. POGGI

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XIII – 24 ottobre 2015.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

La cannabis con i suoi derivati, quali marijuana, hashish ed altre preparazioni[1], è attualmente la sostanza psicotropa d’abuso più diffusa al mondo, la cui nocività, ancora largamente ignorata anche presso le classi più istruite dei paesi più sviluppati, costituisce ormai un serio problema di salute pubblica. Potenti organizzazioni internazionali legate al suo traffico finanziano riviste e campagne per il suo consumo, propagandato come innocuo ed utile a scopo terapeutico, investendo non di rado professionisti e gruppi professionali in assoluta buona fede. Ricordando, di passaggio, che da quando sono disponibili farmaci come il dronabinolo[2], regredire all’uso empirico del prodotto vegetale intero non avrebbe alcun senso in medicina, auspichiamo una maggiore diffusione dei risultati della ricerca fra i docenti delle facoltà mediche[3].

La psicoattività della cannabis è in massima parte la conseguenza del legame al recettore CB1 per gli endocannabinoidi naturali anandamide e 2-arachidonil-glicerolo (2-AG) da parte del THC (Δ9-tetraidrocannabinolo) contenuto nel vegetale, anche se di recente sono stati scoperti recettori CB2 cerebrali che modulano il comportamento[4]. Sui meccanismi molecolari degli endocannabinoidi e sull’azione delle sostanze esogene che interagiscono con i loro recettori, si è accumulata una vasta mole di dati biomolecolari e farmacologici che consentono di tracciare profili fondati, ancorché incompleti, di fisiologia e tossicologia. Non è irrilevante notare che tutta la ricerca in questo campo, tranne rare eccezioni, è stata condotta su cervello adulto o, comunque, su animali al termine dello sviluppo; per tale motivo, poco o nulla si sa sull’impatto molecolare e funzionale del THC sull’encefalo in corso di sviluppo[5]. E ciò può meravigliare, soprattutto chi non conosce la storia recente di questa ricerca ma sa che la nocività potenziale per molecole con un neurotropismo così marcato ha una probabilità estremamente elevata, e pertanto lecitamente suppone che vi possa essere stata un’intensa attività di indagine sperimentale circa effetti ed azioni del THC sui processi embriogenetici del sistema nervoso centrale.

Ciò non è accaduto, così il gruppo di ricerca di Adàn de Salas-Quiroga, che ha recentemente indagato le conseguenze dell’esposizione embrionale al THC, è stato fra i primi a fornire dati precisi al riguardo. I ricercatori hanno potuto registrare danni con sequele notevoli sull’encefalo nell’età adulta, anche a grande distanza di tempo dall’esposizione al principio attivo della cannabis. Tali effetti dannosi erano dovuti esclusivamente all’impatto funzionale del THC sui recettori CB1 localizzati sulla membrana di neuroni della corteccia cerebrale in formazione.

Questo interessante studio, con i suoi risultati, delinea in modo evidente un rischio grave per il feto derivante dal consumo di prodotti della cannabis da parte della madre durante la gravidanza, e contribuisce ad identificare precise linee cellulari neuroniche come bersagli del THC durante lo sviluppo embrionario del sistema nervoso centrale (Adan de Salas-Quiroga, et al., Prenatal exposure to cannabinoids evokes long-lasting functional alterations by targeting CB1 receptors on developing cortical neurons. Proceedings of the National Academy of Sciences USA – Epub ahead of print doi: 10.1073/pnas.1514962112, 2015).

La provenienza degli autori è la seguente: Centro de Investigacion Biomedica en Red sobre Enfermedades Neurodegenerativas (CIBERNED), Madrid (Spagna); Instituto de Investigacion Sanitaria Ramon y Cajal (IRYCIS), Madrid (Spagna); Department of Biochemistry and Molecular Biology I and III, Complutense University, Madrid (Spagna); Institute of Physiological Chemistry, University Medical Center of the Johannes Gutenberg University Mainz, Mainz (Germania).

Uno studio condotto da Bernard e colleghi, pubblicato nel 2005 su PNAS USA e da noi recensito nel settembre di quell’anno[6], mediante indagini condotte su piccoli di ratto, il cui cervello a cinque giorni dalla nascita presenta caratteri comuni con quelli del feto umano di fine gravidanza, dimostrava che neuroni della regione CA1 dell’ippocampo liberano endocannabinoidi che, legandosi ai recettori CB1 sulla membrana presinaptica degli interneuroni, inibiscono il rilascio di GABA, che nel corso dello sviluppo ha funzione eccitatoria.

Bernard e colleghi, dopo vari altri esperimenti in vivo e in vitro, concludevano che il sistema di segnalazione degli endocannabinoidi ha un ruolo preciso nella regolazione dello sviluppo del cervello, prendendo parte al controllo omeostatico della trasmissione sinaptica e alla formazione del piano fisiologico per la formazione delle reti neuroniche.

A dieci anni di distanza, grazie all’osservazione delle conseguenze neuroevolutive della manipolazione dei recettori CB1 in modelli animali, si può affermare che questo recettore degli endocannabinoidi gioca un ruolo di regolazione cruciale nello sviluppo del cervello. Se, su questa base, non meraviglia il rilievo di conseguenze sullo sviluppo cerebrale della progenie di donne che fanno uso voluttuario della cannabis in gravidanza, si deve però osservare che, fino ad oggi, il preciso sostrato neurobiologico dei deficit indotti dall’esposizione del cervello fetale al THC non è stato definito.

Con l’obiettivo di individuare tali alterazioni, Adàn de Salas-Quiroga e i suoi colleghi tedeschi e spagnoli hanno preso le mosse dalla nozione consolidata della modulazione da parte della segnalazione mediata da CB1 della connettività corticifuga di lungo raggio. In altre parole, è fatto accertato e verificato che la segnalazione endocannabinoide modula la formazione degli schemi di connessione dei lunghi assoni dei neuroni di proiezione che costituiscono i fasci di fibre in uscita dalla corteccia e diretti verso sedi sottocorticali.

I ricercatori hanno allora deciso di verificare gli effetti sullo sviluppo dei neuroni corticali di proiezione dell’esposizione a THC. A tal fine, hanno somministrato la molecola in un preciso intervallo temporale a topine gravide, ed hanno rilevato che interferiva con la genesi di neuroni di proiezione sub-cerebrale, alterando la connettività cortico-spinale e producendo alterazioni a lungo termine nelle prestazioni di motricità fine della progenie divenuta adulta.

Le conseguenze dell’esposizione a THC configuravano un quadro che ricordava quello prodotto in altri studi dall’ablazione genetica del recettore CB1. D’altra parte, la verifica con i topi CB1-null ha dimostrato che questi ceppi erano resistenti alle alterazioni indotte dal principio attivo della cannabis.

A questo punto viene la parte più interessante del lavoro, ovvero la definizione  dell’identità  delle cellule embrionali bersaglio del THC.

L’identità delle cellule embrionali è stata determinata in un background CB1-null, mediante una strategia di espressione-recupero di CB1 Cre-mediata e specifica per linea cellulare.

La riespressione precoce e selettiva di CB1 nei neuroni glutammatergici telencefalici dorsali, ma non nei neuroni GABAergici proencefalici, recuperava i deficit di sviluppo dei motoneuroni cortico-spinali dei topi CB1-null e ristabiliva la suscettibilità alle alterazioni motorie indotte da THC.

Un altro aspetto di notevole interesse è che la somministrazione di THC induceva un’accresciuta tendenza a sviluppare crisi convulsive, mediata dalla sua interferenza con la regolazione CB1-dipendente, sia dello sviluppo dei neuroni eccitatori glutammatergici che degli interneuroni inibitori GABAergici.

In conclusione, l’insieme dei risultati dimostra che l’esposizione prenatale a THC ha conseguenze deleterie tendenzialmente permanenti sulla prole divenuta adulta, a causa dell’azione distruttiva esercitata dal principio attivo della cannabis sul ruolo neuroevolutivo di CB1.

 

L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle numerose recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”) e degli altri scritti.

 

Ludovica R. Poggi

BM&L-24 ottobre 2015

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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La Società Nazionale di Neuroscienze BM&L-Italia, affiliata alla International Society of Neuroscience, è registrata presso l’Agenzia delle Entrate di Firenze, Ufficio Firenze 1, in data 16 gennaio 2003 con codice fiscale 94098840484, come organizzazione scientifica e culturale non-profit.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] Per le caratteristiche delle varie preparazioni ed una introduzione documentata all’argomento cannabis, si veda nella sezione “AGGIORNAMENTI”: “BM&L SULLA CANNABIS - Cannabinoidi e abuso di cannabis” (scheda introduttiva); si vedano poi i numerosi scritti che trattano l’argomento cannabis direttamente o indirettamente (recensioni di lavori sul sistema degli endocannabinoidi, cioè sulla segnalazione CB1 e CB2-mediata). Si vedano anche: “Note e Notizie 05-09-09 La cannabis è cancerogena oltre che lesiva per il cervello”; “Note e Notizie 18-09-05 L’abuso di cannabis in gravidanza altera il cervello fetale”. L’impegno informativo della nostra società sull’argomento è anche testimoniato dalle recenti “Notule” (vedi ad es. la prima del 13-06-15 e l’ultima dell’8-11-14).

[2] Costituito dal Δ9-tetraidrocannabinolo (THC), la molecola psicoattiva principale di tutti i derivati della Cannabis sativa. Esistono preparazioni farmaceutiche del THC (dronabinolo) da solo o in associazione con il cannabidiolo (CBD) per il trattamento di nausea e vomito da chemioterapia antineoplastica e per l’induzione dell’appetito nei pazienti affetti da AIDS. Agonisti ed antagonisti dei cannabinoidi sono stati proposti per una lunga lista di sindromi, sintomi e malattie, ma nella maggior parte dei casi non hanno fatto registrare maggiori vantaggi dei farmaci già in uso (Cfr. Note e Notizie 15-11-14 Come i CB2 scoperti nel cervello modulano il comportamento).

[3] Si suggerisce in proposito: Note e Notizie 22-11-14 Cenni di storia, verità e realtà sulla marijuana terapeutica. In quell’articolo, dopo una sintetica cronologia derivata da documenti storici, si propone quanto è stato realmente verificato a proposito delle proprietà terapeutiche da studi controllati su sei diverse categorie patologiche.

[4] Inizialmente individuati solo nel sistema immunitario, i CB2 dei neuroni cerebrali, attraverso sofisticati meccanismi molecolari, intervengono nella modulazione del comportamento dipendente da sistemi dopaminergici (v. Note e Notizie 15-11-14 Come i CB2 scoperti nel cervello modulano il comportamento).

[5] A proposito della nocività sul cervello durante lo sviluppo, ricordiamo una nostra recensione di dieci anni fa: Note e Notizie 18-09-05 L’abuso di cannabis in gravidanza altera il cervello fetale.

[6] V. sopra: nota 5.