Rivelata e studiata per la prima volta la rete multisensoriale umana

 

 

GIOVANNI ROSSI

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XIII – 26 settembre 2015.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

L’idea di un sistema nervoso completamente cablato punto per punto, che ha avuto il suo maggiore paladino nel Premio Nobel Roger Sperry, ha contribuito a sostenere per decenni la convinzione che anche i più alti livelli di integrazione corticale avessero una base neurale nella quale fosse sempre possibile riconoscere e distinguere componenti per l’elaborazione recettiva, legata a ciascun canale sensoriale, e componenti dedicate all’elaborazione esecutiva. Sulla base di esperimenti che avevano definito in anfibi e mammiferi delle regole precise nell’innervazione periferica, poi rivelatesi corrette anche per le connessioni centrali, si era andata affermando una visione molto schematica del cervello, con due versanti per le vie di recezione e di esecuzione, bene rappresentati dagli omuncoli corticali sensitivo e motorio ricostruiti da Penfield e Rasmussen, ed un insieme di aree associative, responsabili di tutte le sintesi funzionali e mentali note. L’idea di Sperry era che la forma precedesse la funzione in un’architettura geneticamente predeterminata e sostanzialmente identica in tutti gli individui di una stessa specie.

Un simile modello, sviluppato a partire dagli anni Sessanta e implicitamente adottato nei filoni di psicologia sperimentale che si rifacevano alle tesi del comportamentismo, pur avversato e smontato dagli stessi allievi di Sperry, ha continuato ad esistere come cultura di fondo o cultural background in varie scuole di ricerca neuroscientifica. Almeno, fino a quando l’esistenza di grandi reti funzionali dinamiche, distribuite attraverso l’encefalo, attive durante le esperienze e caratterizzate da differenze individuali, non è stata provata con le più recenti metodiche di studio funzionale del cervello umano in vivo.

La straordinaria complessità microstrutturale delle connessioni che costituiscono l’encefalo stesso, l’apparente ridondanza di reti, l’alternanza funzionale temporale all’interno di popolazioni neuroniche, nel loro insieme, caratterizzano la dimensione attualmente indagata dalla ricerca volta a comprendere la realtà neurofisiologica alla base dei molteplici aspetti della vita di relazione.

Una componente, che fortemente caratterizza prestazioni di alto livello tipiche della nostra specie, senza scomodare le alte vette del pensiero astratto e le inaccessibili profondità della coscienza, è data dalla integrazione multisensoriale; ossia, il processo che consente di estrarre informazioni attraverso sintesi intelligenti di dati provenienti da sensi diversi ma relativi ad uno stesso oggetto, fenomeno, contesto o circostanza.

L’integrazione multisensoriale impegna aree corticali distribuite e si ritiene che emerga dal loro intergioco dinamico. Il migliore esempio di questa integrazione è sicuramente dato dall’elaborazione dell’esperienza audiovisiva che ricava informazioni provenienti dai due sensi principali ed è in grado di guidare abilità umane specializzate fino agli straordinari livelli che ammiriamo nei musicisti detti virtuosi per le loro eccezionali doti di tecnica strumentale.

La rete funzionale che si suppone alla base di questa abilità non è stata fino ad oggi identificata e, pertanto, al fine di riconoscerla, Evangelos Paraskevopoulos, Christo Pantev e colleghi hanno impiegato la magnetoencefalografia e un approccio metodologico che ha consentito loro di realizzare analisi dell’intero sistema di connettività funzionale dell’encefalo umano in attività. Per riconoscere l’insieme delle aeree costituenti la rete audiovisiva, i ricercatori hanno studiato il cervello di musicisti con un curriculum di esercizi audiovisivi di lunga durata e lo hanno paragonato al cervello di non musicisti a parità di condizioni di saggio.

Lo studio non solo ha rivelato con pochi dubbi, per la prima volta, il profilo della rete multisensoriale umana, ma ha anche chiaramente identificato uno stile cognitivo diverso nell’elaborazione degli stimoli sensoriali fra musicisti lungamente esercitati e non musicisti.

Infatti, la neuroplasticità corticale legata all’esercizio ha determinato una riorganizzazione anatomico-funzionale di aree della corteccia cerebrale, ben definibile e in grado di improntare lo stile di elaborazione in rapporto alle priorità (Paraskevopoulos E., et al., Musical expertise is related to altered functional connectivity during audiovisual integration. Proceedings of the National Academy of Sciences USA – Epub ahead of print doi:10.1073/pnas.1510662112, 2015).

La provenienza degli autori è la seguente: School of Medicine, Faculty of Health Sciences, Aristotle University of Thessaloniki, Thessaloniki (Grecia); Institute for Biomagnetism and Biosignalanalysis, University of Münster (Germania); Research Group of Chronobiology, Leibniz Research Center for Working Environment and Human Factors, Dortmund (Germania); German Center for Neurodegenerative Diseases, Bonn (Germany).

[Edited by Josef P. Rauschecker, Georgetown University, Washington, DC (USA)].

Il fine dello studio qui recensito, come si è già accennato, era quello di cercare di identificare mediante magnetoencefalografia e quantificazione della connettività funzionale, l’ipotizzata e mai descritta rete di aree corticali di ampia scala che consente l’integrazione multisensoriale. Per il riconoscimento di tale associazione funzionale dinamica si è pensato in particolare all’integrazione audiovisiva che nei musicisti è particolarmente impiegata, sollecitata, esercitata e consolidata.

La connettività è stata calcolata sulla base della stima dell’attività di mutua informazione delle fonti, e le reti corrispondenti sono state comparate mediante calcoli statistici.

I risultati provenienti dal cervello dei volontari non musicisti indicano chiaramente che la rete di aree associata con l’integrazione audiovisiva supporta l’elaborazione visuospaziale e lo spostamento dell’attenzione, mentre un insieme di aree sparse e fra loro più distanziate, collegate verosimilmente alla consapevolezza spaziale (coscienza dello spazio), supporta l’abilità di identificazione delle incongruenze audiovisive.

I risultati raccolti dal cervello lungamente esercitato dei musicisti, presentano un profilo totalmente diverso. In particolare, mostrano un’accentuata connettività in regioni associate all’abilità di identificare violazioni del pattern uditivo.

Nel complesso, l’analisi dei dati raccolti, per il cui dettaglio si rinvia alla lettura del testo integrale dell’articolo originale, indica che, mentre il cervello dei non-musicisti fa affidamento sull’elaborazione degli elementi provenienti dagli stimoli visivi per l’integrazione dell’informazione audiovisiva, il cervello dei musicisti si basa prevalentemente sulle corrispondenti informazioni uditive.

Lo studio ha anche evidenziato che la rete corticale di ampia scala che realizza l’integrazione multisensoriale nei musicisti, per effetto dell’apprendimento dovuto all’esercizio, si riorganizza in un dominio cognitivo che estesamente implica l’integrazione audiovisiva ed esprime una rilevante neuroplasticità corticale conseguente al training intenso e di lunga durata.

 

L’autore della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Giovanni Rossi

BM&L-26 settembre 2015

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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