Livelli aberranti di catecolamine nella schizofrenia rivelati da iPSC umane

 

 

NICOLE CARDON

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XII – 13 dicembre 2014.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

L’importanza critica dei neurotrasmettitori per il controllo da parte del sistema nervoso del comportamento e dell’omeostasi complessiva di un organismo, non ha bisogno di essere illustrata. E si può affermare che, se da un canto livelli fisiologici di neurotrasmettitori riflettono condizioni funzionali ottimali, dall’altro è quasi impossibile avere quadri patologici cerebrali e mentali di rilievo clinico senza una o più alterazioni a carico delle molecole che fungono da messaggeri fra i neuroni.

In questi ultimi anni, uno dei problemi della neurologia molecolare, ma soprattutto della psichiatria molecolare, è consistito nella mancanza di modelli neuronici umani derivati da singoli casi clinici che consentissero di acquisire nuove conoscenze nella regolazione della secrezione dei neurotrasmettitori in condizioni patologiche. L’approccio basato sull’impiego di neuroni derivati da cellule staminali pluripotenti del paziente (hiPSC, human-induced pluripotent stem cell) ha la capacità di valutare le proprietà cellulari del cervello umano e può consentire lo studio della proprietà fondamentale richiesta per la funzione neurotrasmissiva: la secrezione dipendente dall’attività.

Fred Gage, il noto genetista del Salk Institute che ha contribuito all’identificazione della neurogenesi nel cervello umano, ha guidato un gruppo di ricercatori nell’impiego di questo approccio per studiare il profilo funzionale di cellule staminali pluripotenti, provenienti da pazienti schizofrenici ed indotte a differenziarsi come neuroni. I ricercatori si sono proposti il fine di valutare se questa procedura possa costituire un modello utile ed efficace per studiare le alterazioni cellulari e molecolari dei disturbi mentali. A tale scopo, hanno verificato se i neuroni derivati da cellule dei pazienti schizofrenici presentassero le principali alterazioni documentate in passato in questa psicosi e, in particolare, le alterazioni delle catecolamine, inclusa la dopamina, sulla quale agiscono i farmaci antipsicotici prescritti da più tempo, e le alterazioni dei neuropeptidi di grande attualità sperimentale. Sono stati valutati in queste cellule gli enzimi biosintetici per i neurotrasmettitori, in particolare la tirosina idrossilasi (TH) che catalizza la tappa limitante per la biosintesi delle catecolamine.

I risultati, veramente incoraggianti per l’adozione di questo modello di studio, sono degni di nota (Hook V., et al., Human iPSC Neurons Display Activity-Dependent Neurotrasmitter Secretion: Aberrant Catecholamine Levels in Schizophrenia. Stem Cell Reports 3 (4): 531-538, 2014).

La provenienza degli autori è la seguente: Skaggs School of Pharmacy and Pharmaceutical Sciences, University of California, San Diego, La Jolla, California (USA); Department of Neurosciences, Department of Pharmacology, Department of Medicine, University of California, San Diego, La Jolla, California (USA); The Salk Institute, La Jolla, California (USA).

L’importanza dei neurotrasmettitori può difficilmente essere esagerata, perché la loro scoperta ha coinciso con una rivoluzione nel modo di pensare alle funzioni del cervello, che sostanzialmente coincide con la visione attuale. Diversi trasmettitori, la cui molteplicità ancora non trova una spiegazione nella logica funzionale che a rigore matematico si sarebbe potuta basare su due soli tipi, uno eccitatorio ed uno inibitorio, svolgono funzioni cellulari e sistemiche così numerose e complesse da costituire il cuore dell’indagine neuroscientifica. Oltre 50 neuromediatori, con i loro recettori, contribuiscono, istante per istante, a tradurre lo stato di una piccola parte del sistema più complesso che si conosca, in un elemento in armonia con lo stato funzionale dell’insieme. Anche se ormai da decenni la genetica e l’epigenetica dei recettori e della loro espressione ha tolto la scena ai mediatori chimici, l’analisi dei livelli e, soprattutto, del processo di produzione e rilascio in relazione al bisogno funzionale dei neurotrasmettitori, rimane un’importante mezzo di indagine fisiologica e di rilievo diagnostico.

Fino alla fine del XIX secolo molti fisiologi ritenevano che la trasmissione dell’impulso nervoso avvenisse attraverso una connessione fisica diretta con continuità protoplasmatica. Lo stesso Camillo Golgi, creatore del primo metodo istologico di colorazione che abbia consentito la visualizzazione microscopica delle cellule cerebrali e la loro organizzazione strutturale, credeva che il cervello non fosse costituito da cellule distinte, ma vi fosse continuità protoplasmatica fra elementi collegati in sincizio. Questa concezione, passata alla storia come “ipotesi reticolarista”, resistette per decenni nel secolo successivo ed ebbe molti illustri fautori, fra cui Sigmund Freud. Ramon y Cajal, adoperando il metodo di Camillo Golgi, col quale divise il Premio Nobel, visualizzò al microscopio, descrisse e disegnò i principali tipi di neuroni del nostro sistema nervoso centrale, sostenendo la separazione nelle giunzioni che saranno poi chiamate “sinapsi”. Con la scoperta nel 1914 (Dale) dell’acetilcolina (ACh)[1] in un materiale vegetale contenete ergot, e la sua identificazione con il mediatore chimico dell’impulso cardiomoderatore del nervo vago da parte di Loewi nel 1921, virtualmente ha inizio l’era della neurotrasmissione[2]. L’ACh fu il primo neuromediatore identificato e costituì il prototipo per la caratterizzazione fisiologica delle molecole mediatrici dell’impulso nervoso.

Ben presto le catecolamine, ossia adrenalina, nor-adrenalina e dopamina, furono identificate come neurotrasmettitori, inizialmente nel sistema nervoso autonomo. Per il riconoscimento nel sistema nervoso centrale fu necessario attendere fino al 1954, quando Marthe Vogt dimostrò che la nor-adrenalina non era uniformemente distribuita nel cervello e tale distribuzione non necessariamente coincideva con la densità dei vasi sanguigni, suggerendo la sintesi locale per la neurotrasmissione. Poco tempo dopo, si scoprì che la dopamina aveva una distribuzione diversa dalla noradrenalina, e perciò poteva essere considerata un trasmettitore indipendente e non un semplice composto intermedio per la sintesi di noradrenalina[3]. La sintesi delle catecolamine avviene nei siti del loro rilascio, sia nei corpi cellulari che nei terminali, a partire dalla tappa limitante catalizzata dalla tirosina idrossilasi (TH) che, con l’ossigeno e la tetrabiopterina come cofattore converte la tirosina in L-Dopa, la quale, per azione della DOPA decarbossilasi (piridossalfosfato-dipendente) può essere convertita in dopamina che, grazie alla Dopamina β-idrossilasi con ascorbato e O2, viene trasformata in noradrenalina che, infine, per azione della Feniletanolamina N-metiltrasferasi (con S-adenosilmetionina) può essere metilata formando adrenalina.

I neuropeptidi agenti da meuromediatori nel sistema nervoso centrale sono numerosi e, a partire dall’identificazione in questo ruolo della vasopressina, ne sono stati identificati alcune decine. Fra quelli studiati per le alterazioni identificate nelle malattie mentali un particolare rilievo è stato attribuito ad endorfine ed encefaline.

Vivian Hook e i colleghi di La Jolla, guidati da Fred H. Gage, hanno verificato se le cellule nervose sviluppate da hiPSC[4] fossero in grado di produrre e rilasciare neurotrasmettitori in una modalità dipendente dall’attività e se esprimessero gli enzimi biosintetici di questi mediatori. Per verificare se lo studio di queste cellule possa costituire un modello adeguato per la ricerca su eziopatogenesi e fisiopatologia dei disturbi mentali più gravi, come quelli psicotici, gli autori dello studio hanno analizzato neuroni hiPSC-derivati di pazienti diagnosticati di schizofrenia, per verificare se presentano i tratti patologici salienti in precedenza rilevati nei neuroni delle persone affette da questo grave disturbo psicotico.

Gli esperimenti per la valutazione di sintesi e rilascio dipendente dall’attività sono stati attuati mediante il consolidato modello della secrezione stimolata da KCl[5]. Le prove hanno rivelato che i neuroni hiPSC-derivati in coltura secernevano, per effetto di questo stimolo, le catecolamine dopamina, noradrenalina e adrenalina. Allo stesso modo sono risultate positive le prove per i neurotrasmettitori peptidici dinorfina ed encefalina; in particolare: dinofina A e met-encefalina. Gli esiti indicavano con certezza il possesso della proprietà di secrezione regolata dall’attività da parte delle cellule nervose originate da staminali umane.

Per verificare la presenza degli enzimi necessari alla biosintesi delle catecolamine (vedi sopra) i ricercatori hanno impiegato l’immunofluorescenza per un’osservazione in microscopia confocale. Gli enzimi DOPA decarbossilasi (DDC), Dopamina β-idrossilasi (DBH) e Feniletanolamina N-metiltrasferasi (PNMT) erano tutti presenti nelle cellule studiate. La DDC era distribuita all’interno di tutto il neurone, coerentemente con la sua localizzazione citoplasmatica; la DBH presentava un pattern a punti, in coerenza con la sua presenza nelle vescicole di secrezione per la conversione della dopamina in noradrenalina; la PNMT era distribuita come vuole la sua presenza nel citoplasma per la biosintesi di adrenalina, che successivamente è trasportata nelle vescicole per la secrezione.

I trasmettitori neuropeptidici sono sintetizzati come pro-neuropeptidi precursori che vanno incontro a processi di proteolisi operati da due vie proteasiche principali così costituite: 1) le proteasi della cisteina, catepsina L e catepsina V; 2) le proteasi subtilisina-simili, pro-ormone convertasi 1/3 e 2 (PC1/3 e PC2). Mediante microscopia a immunofluorescenza sono state osservate le catepsine L e V ed anche PC1/3 e PC2, secondo localizzazioni coerenti con le funzioni e le precedenti osservazioni, nei neuroni hiPSC-derivati.

Esaurite queste stime preliminari, che hanno dimostrato sia la proprietà di rispondere all’attività sia la presenza e la distribuzione fisiologica degli enzimi necessari alla biosintesi di catecolamine e neuropeptidi, i ricercatori hanno analizzato le cellule provenienti da pazienti psichiatrici.

Nella schizofrenia, accanto ai numerosi altri segni di alterazione molecolare, cellulare e sistemica fin ad oggi rilevati, si rileva un disturbo della fisiologia neurotrasmissiva cerebrale che interessa le catecolamine e trasmettitori peptidici quali dinorfina ed encefalina. I ricercatori hanno perciò comparato, per questi aspetti, le colture di neuroni hiPSC-derivati di soggetti sani con quelle di neuroni hiPSC-derivati provenienti da schizofrenici.

Le colture con cellule provenienti dagli psicotici presentavano livelli decisamente più alti di dopamina, noradrenalina ed adrenalina secrete. Coerentemente con questo tasso più alto di catecolamine complessivo, i ricercatori hanno rilevato una percentuale molto più alta di neuroni TH-positivi. In altri termini, un numero notevolmente maggiore di cellule nervose esprimenti tirosina idrossilasi, l’enzima che catalizza la prima tappa per la biosintesi delle catecolamine e dal quale dipendono le vie metaboliche di tutte e tre le molecole.

I risultati, nel loro insieme, dimostrano che i neuroni hiPSC-derivati possiedono la proprietà fondamentale della secrezione attività-dipendente del neurotrasmettitore e che questo tipo di cellule derivate dai pazienti psichiatrici possono essere vantaggiosamente impiegate per lo studio delle basi patologiche cerebrali dei disturbi mentali.

 

L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la collaborazione e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Nicole Cardon

BM&L-13 dicembre 2014

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] In realtà, l’ACh era stata sintetizzata già nel 1867 da Adolf von Baeyer, molto tempo prima che se ne riconoscesse un ruolo biologico.

[2] Anche se si dovrà attendere il 1929 per il primo isolamento nei tessuti animali, e il 1936 per l’identificazione chimica dell’ACh quale mediatore dell’impulso nella giunzione neuromuscolare.

[3] Si ricorda che nella letteratura scientifica di tradizione americana sono conservati i vecchi termini epinefrina e nor-epinefrina, rispettivamente per l’adrenalina e per la sua versione identificata da von Euler con l’azoto senza radicale metilico (ted.: N Ohne Radikal, NOR), la noradrenalina.

[4] Cfr. Brennand K. J., et al. (2011) Nature 473: 221-225; Peitz M., et al. (2013) Current Molecular Medicine 13: 832-841.

[5] Neuroni incubati con un’alta concentrazione di KCl nel mezzo di coltura (50 mM) per stimolare la secrezione mediata da depolarizzazione; esito positivo con livelli di neurotrasmettitore 2 o 3 volte superiori a quelli di base.