Notule
(A cura
di LORENZO L. BORGIA)
NOTE
E NOTIZIE - Anno XII – 06 dicembre 2014.
Testi pubblicati sul sito
www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind
& Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a
fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta
settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in
corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di
studio dei soci componenti lo staff dei
recensori della Commissione Scientifica
della Società.
[Tipologia del testo: BREVI
INFORMAZIONI]
Ogni giorno nel nostro cervello nascono
circa 1400 nuovi neuroni. La stima, stabilita nel 2013 da Jonas Frisén del
Karolinska Institute di Stoccolma, trova corrispondenza nel tasso di
neurogenesi dei roditori.
La neurogenesi nel nostro cervello può essere stimolata elettricamente. Nel 2011 un gruppo di ricerca guidato da Paul W. Frankland dell’Università di Toronto scoprì che la DBS, ossia una stimolazione con elettrodi impiantati nel cervello come quella che si impiega nella terapia della malattia di Parkinson, accresce la neurogenesi e migliora la susseguente prestazione in un compito di memoria spaziale.
L’esercizio fisico associato a quello mentale costituisce lo stimolo per la neurogenesi migliore che si conosca: è fisiologico, non ha effetti collaterali indesiderati e realizza lo scopo della produzione di nuovi neuroni, che consiste nel loro utilizzo. Infatti, l’esercizio mentale è in grado di tenere in vita le cellule nervose neonate che, senza l’assegnazione di un compito citologico utile al processo mentale attivato, muoiono non molte ore dopo la nascita.
I disturbi del pensiero studiati come “deficit di metacognizione” potrebbero più facilmente essere ricondotti alla loro base fisiopatologica cerebrale. Nell’alert settimanale del 15 novembre scorso Giovanna Rezzoni ha affrontato questo tema, suscitando la richiesta da parte di molti di farne oggetto di una sintetica trattazione per il sito. Qui di seguito si propone il breve testo.
Il termine “metacognizione” fu coniato da John Flavell negli anni Settanta, per indicare l’abilità che ha ciascuna persona sana di mente di valutare il proprio pensiero. Oggi designa un campo esteso e interessante di ricerche su funzioni psichiche normali e patologiche, che interessano tanto la psicologia quanto la psicopatologia. È comune esperienza quanto sia varia la capacità di giudicare i propri pensieri, le proprie intuizioni, le proprie valutazioni di idee, persone e circostanze: ciascuno di noi conosce persone rigorose, efficienti e realistiche nel valutare le proprie elaborazioni mentali; e persone, al contrario, assolutamente prive di misura e realismo. È evidente in casi come le gravi malattie neurologiche del cervello, quali le demenze neurodegenerative, e nelle gravi malattie psichiatriche, come le psicosi, la compromissione di questa facoltà; ma in molte persone in cui tali gravi disturbi sono assenti, per vari motivi si possono ugualmente verificare manifestazioni di questo genere.
Un aspetto approfondito dalla psicoanalisi è il manifestarsi, in qualità di meccanismi di difesa, di processi che alterano la metacognizione. Ad esempio, la negazione di una propria istanza inconscia, come una evidente antipatia o attrazione, o il diniego di un aspetto della realtà, come il rifiuto di ammettere l’evidenza di un fatto o di accettare un evento. Secondo l’interpretazione tradizionale, negazione e diniego sono il prodotto di una risposta difensiva ad una realtà intollerabile per la coscienza del soggetto. Oggi questi processi si studiano in chiave metacognitiva e, in tali studi, sono stati accostati ad un fenomeno neuropsicologico in passato quasi esclusivamente considerato quale sintomo di danno cerebrale diffuso (demenza) o lesione cerebrale focale, più spesso da causa neurovascolare: l’anosognosia (mancato riconoscimento della propria malattia). Il paziente non sembra rendersi conto assolutamente del proprio disturbo. Ad esempio, per un ictus cerebrale un paziente ha sviluppato un deficit sensomotorio e pensa e tende a comportarsi come se non avesse le disabilità che derivano dal suo stato: è emiplegico e, per telefono, si iscrive ad una maratona cittadina; oppure si meraviglia o si risente se qualcuno gli offre il proprio aiuto per fare qualcosa che da solo non sarebbe in grado di fare. Oggi gli studi di metacognizione hanno accostato questo sintomo dovuto alla distruzione della base neurologica necessaria per questo aspetto della coscienza di sé, ai sintomi psichiatrici delle persone che mancano di “insight”, ossia di consapevolezza di se stessi in senso psichico. L’anosognosia, la negazione, il diniego psicotico, la restrizione del campo di coscienza e di autoconsapevolezza delle persone immature, possono essere tutti considerati come vari gradi di deficit di metacognizione. Non è escluso che questa nuova prospettiva possa facilitare le indagini volte ad accertare le esatte basi neurofunzionali di questi sintomi (Giovanna Rezzoni).