Geni associati alla schizofrenia essenziali per memoria di paura e inibizione

 

 

NICOLE CARDON & GIOVANNA REZZONI

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XII – 01 novembre 2014.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

La neuregulina 1 (NRG1) e il suo recettore ErbB4 tirosinchinasi sono codificati da geni di suscettibilità per la schizofrenia, pertanto la comprensione del ruolo fisiologico di queste molecole può contribuire a definire i meccanismi molecolari sottostanti le alterazioni dei sistemi di neuroni che causano il funzionamento mentale schizofrenico e i sintomi clinici della schizofrenia.

Yisheng Lu e Xiang-Dong Sun, lavorando con numerosi colleghi coordinati da Lin Mei, hanno studiato e definito il ruolo critico della segnalazione NRG1/ErbB4 nel mantenimento dell’attività di regolazione inibitoria mediata dagli interneuroni rilascianti GABA del complesso nucleare amigdaloideo, ed hanno accertato che la funzione svolta dalle due molecole è necessaria per i meccanismi sottostanti la memoria della paura.

L’interesse per i risultati di questo lavoro, che sarà pubblicato su Neuron, si comprende e si apprezza soprattutto nel quadro complessivo degli studi volti a definire le basi patologiche delle psicosi (Lu Y., et al., Maintenence of GABAergic Activity by Neuregulin 1-ErbB4 in Amygdala for Fear Memory. Neuron – Epub ahead of print doi: http://dx.doi.org/10.1016/j.neuron.2014.09.029, 2014).

La provenienza degli autori è la seguente: Department of Neuroscience, University of Texas Southwestern Medical Center, Dallas, Texas (USA); Department of Neuroscience and Regenerative Medicine, Medical College of Georgia, Georgia Regents University, Augusta, Georgia (USA); State Key Laboratory of Organ Failure Research, Key Laboratory of Psychiatric Disorders of Guangdong Province, Department of Neurobiology, Southern Medical University, Guangzhou (Cina); Center for Neuropsychiatric Diseases, Institute of Life Sciences, Nanchang University, Nanchang (Cina); Department of Neurology, Medical College of Georgia, Georgia Regents University, Augusta, Georgia (USA); Charlie Norwood VA Medical Center, Augusta, Georgia (USA).

La schizofrenia o, meglio, le gravi forme di psicopatologia psicotica che si è convenuto comprendere sotto questa etichetta nosografica, costituiscono un grave problema umano che interessa centinaia di milioni di persone in tutto il mondo, essendo stata stimata la sua incidenza intorno all’1% in tutti i paesi dei cinque continenti. Inclusa fra le prime dieci cause di disabilità, si è stimato che la schizofrenia, non disgiunta dai regimi farmacologici impiegati per il suo trattamento, riduce mediamente di 10 anni la durata della vita di una persona.

Rimandando a nostre precedenti note per un’introduzione al concetto di schizofrenia, alla sua evoluzione storica e al significato clinico attuale, qui vogliamo ricordare che lo studio dei fattori genetici responsabili del suo sviluppo ha dato un contributo non trascurabile all’evoluzione della moderna neurogenetica, che oggi tiene conto della straordinaria complessità di rapporto esistente fra geni e psiche umana[1].

Per facilitare la comprensione del valore dello studio qui recensito, si riportano alcune nozioni relative ai sistemi dell’amigdala nell’apprendimento e nella memoria della paura, ed una sintetica introduzione alle neureguline.

Lo sviluppo di una reazione condizionata di paura per uno stimolo, quale un suono, in quanto associato ad uno shock, quale una scarica elettrica, costituisce un consolidato paradigma di laboratorio, impiegato per lo studio in generale delle risposte apprese, perché la paura ha una rappresentazione comportamentale evidente, inconfondibile e costantemente espressa fino a quando non venga estinta. Inoltre, di questo paradigma sono ben note le vie neurali.

Grazie ai numerosi studi condotti nel campo delle risposte emozionali e, in particolare, al lavoro di Joseph LeDoux, Michael Davis e Michael Fanselow, abbiamo una notevole conoscenza dei circuiti neuronici della paura istintiva e della paura appresa nei mammiferi. Sappiamo che entrambi hanno il loro fulcro nell’amigdala, che partecipa al rilievo e alla valutazione di una vasta gamma di stimoli ambientali significativi e potenzialmente pericolosi. L’amigdala riceve informazioni circa le risposte inconsce alla paura (stato emozionale) direttamente, e le informazioni relative all’elaborazione cognitiva della paura (stato affettivo, o feelings) indirettamente, mediante le connessioni provenienti dalla corteccia del giro del cingolo. Il sistema di difesa basato sull’amigdala, oltre all’abilità innata di rispondere alle minacce naturali, è in grado di imparare rapidamente a reagire a nuovi pericoli. Può associare uno stimolo neutro ad uno stimolo minaccioso dopo una singola esposizione appaiata, e la paura così appresa può permanere tutta la vita. Il raggruppamento nucleare in entrata dell’amigdala, ossia il nucleo laterale, è il sito di convergenza sia per lo stimolo neutro (suono) che per lo stimolo minaccioso (scarica elettrica). Entrambi i segnali sono veicolati da una rapida via diretta che va dal talamo all’amigdala e da una via indiretta, più lenta, che va dal talamo alla corteccia e da questa all’amigdala. All’interno del corpo amigdaloideo, in entrambi i casi gli stimoli vanno dal nucleo laterale al nucleo centrale che genera le risposte. Queste vie parallele sono la base dell’apprendimento condizionato della paura.

Le neureguline (NRG) costituiscono una famiglia di fattori che giocano ruoli importanti nelle interazioni fra neuroni e glia. Dal gene Nrg1 originano numerose e differenti isoforme molecolari mediante l’uso di promotori alternati e di splicing differenziale. Queste isoforme sono classificate ripartendole in tre famiglie maggiori, indicate come neuregulina 1 tipo I, neuregulina 1 tipo II, neuregulina 1 tipo III.

La neuregulina 1 tipo I era originariamente definita neu differentiation factor o fattore inducente l’attività del recettore dell’acetilcolina o heregulina. Questa proteina manca di un peptide/segnale ma è sintetizzata come una molecola transmembrana, sottoposta a scissione proteolitica per il rilascio del fattore di crescita.

La neuregulina 1 tipo II era inizialmente conosciuta con il nome di GGF (glial growth factor) ed è una proteina di secrezione.

La neuregulina 1 tipo III (o tipo III Nrg1) si è rivelata negli anni una proteina di estremo interesse. Rimane associata alla membrana e perciò, per svolgere la sua attività trofica, richiede interazioni cellula-cellula. Questa isoforma è primariamente espressa nei neuroni[2].

Tutte le proteine Nrg1 contengono un dominio EGF che è necessario per il legame al recettore. Questi fattori si legano alla famiglia di recettori ErbB che sono correlati al recettore EGF. I ligandi Nrg1 si legano a ErbB3 o a ErbB4.

Le neureguline appartengono al novero dei numerosi fattori di crescita che regolano la migrazione delle cellule della cresta neurale durante lo sviluppo embrionale. Queste cellule migratorie esprimono recettori ErbB, e varie isoforme di Nrg1 sono prodotte lungo la rotta migratoria. Fra i derivati della cresta neurale che necessitano di neureguline, sono state particolarmente studiate le cellule di Schwann. Una notevole mole di studi ha documentato l’importanza delle neureguline nello sviluppo del sistema nervoso periferico.

Nel cervello, Nrg1 può influenzare molti aspetti dello sviluppo neuronico inclusa la regolazione della migrazione delle cellule nervose, e la regolazione dei recettori di neurotrasmettitori quali acetilcolina, glutammato e GABA. Il polimorfismo nel gene Nrg1 è stato associato con vari disturbi psichiatrici e, particolarmente, con la schizofrenia, in quanto si ritiene che la base per lo sviluppo dell’endofenotipo psicotico possa essere condizionata da alterazioni dei processi neuroevolutivi influenzati dalla segnalazione Nrg/ErbB. Alterati livelli di espressione di Nrg1 possono condurre a deficit della migrazione dei neuroni, in tal modo compromettendo lo stabilirsi di una connettività appropriata, e possono anche alterare i livelli dei recettori dei neurotrasmettitori menzionati, causando deficit di neurotrasmissione. Tali due fattori, cioè alterata connettività e difetto di neurotrasmissione, si ritiene abbiano un ruolo importante nella patogenesi della schizofrenia e dei disturbi a questa clinicamente connessi.

Un altro aspetto importante riguarda l’influenza sulla glia nell’encefalo. Come i neuroni, le cellule della linea oligodendrogliale, esprimono i recettori ErbB, e Nrg1 può regolare lo sviluppo di queste cellule, promuovendo la sopravvivenza e la differenziazione dei loro progenitori. Il ruolo di Nrg1 nella diretta promozione dello sviluppo della mielinizzazione degli assoni del sistema nervoso centrale è meno conosciuto di quello esercitato sui neuriti periferici attraverso le cellule di Schwann, tuttavia è stato provato che gli effetti di Nrg1 sullo sviluppo degli oligodendrociti cerebrali hanno conseguenze importanti su una corretta e fisiologica formazione della mielina. In proposito, si ricorda che già un decennio fa (Corfas et al., 2004) sono state dimostrate alterazioni della mielina cerebrale nei pazienti schizofrenici; un elemento, questo, che aggiunge evidenze al possibile ruolo di Nrg1 come fattore di rischio per la più grave forma di psicosi nota.

La neurotrasmissione inibitoria GABAergica nell’amigdala è della massima importanza per l’apprendimento delle risposte emotive, quale la reazione di paura, e per la memoria conservata e rievocata di quanto appreso. Ma i meccanismi che controllano l’attività inibitoria di questi sistemi neuronici non sono ancora bene conosciuti. Yisheng Lu e colleghi hanno fornito evidenze che la neuregulina 1 (NRG1) e il suo recettore ErbB4 tirosinchinasi hanno un ruolo critico nel mantenimento dell’attività GABAergica nell’amigdala.

La sperimentazione ha mostrato che la neutralizzazione della NRG1 endogena riduceva la trasmissione inibitoria e comprometteva l’apprendimento della paura condizionata per associazione con un suono. I ricercatori hanno proceduto sia all’inibizione sia all’ablazione genetica di ErbB4, espresso in una maggioranza di neuroni positivi alla parvalbumina (PV)+, con la conseguenza di ottenere una ridotta attività GABAergica ed una compromissione dell’apprendimento, come nel caso della neutralizzazione della NRG1.

L’osservazione ha fatto rilevare che la specifica ablazione di ErbB4 nei neuroni PV+ riduceva le ratio eIPSC/eEPSC e alterava i processi di sviluppo della paura condizionata.

Da rilevare, che l’espressione di ErbB4 nell’amigdala era sufficiente a ridurre la disfunzione sinaptica e i deficit di apprendimento delle reazioni di paura nei topi knockout, PV-ErbB4-/-.

L’insieme delle osservazioni condotte in questo studio indica che la segnalazione di NRG1 mantiene un’alta attività GABAergica nell’amigdala e, in tal modo, regola la memoria della paura.

Si comprende come l’accertamento di questo meccanismo di controllo inibitorio, in considerazione del fatto che NRG1 ed ErbB4 sono entrambi geni di suscettibilità per la schizofrenia, possa costituire un contributo agli studi di psichiatria molecolare della psicosi schizofrenica.

 

Le autrici della nota ringraziano la dottoressa Isabella Floriani e invitano alla lettura delle numerose recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Nicole Cardon & Giovanna Rezzoni

BM&L-01 novembre 2014

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] Gli studi genetici di associazione avevano individuato uno straordinario numero di geni di rischio, fra quelli implicati nello sviluppo del cervello, nella neurotrasmissione e nella mielinizzazione. Gli studi estesi all’intero genoma (genome-wide associatiation), che non si basano su indicazioni predefinite (“studi agnostici”), non hanno confermato la maggior parte dei geni di rischio indicati in precedenza. Sono invece stati indicati, col metodo copy number variants, varianti con aumentato rischio di schizofrenia associate ai cromosomi 1q, 2p, 15q e 22q.

[2] Di passaggio, si ricorda che nel sistema nervoso sono espressi altri due geni di neureguline, Nrg2 ed Nrg3, ma le loro funzioni sono ancora ignote.