Le basi cerebrali delle abitudini

 

 

LORENZO L. BORGIA

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XII – 27 settembre 2014.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: AGGIORNAMENTO]

 

 

(Terza Parte)

 

Una serie di esperimenti che ha avuto il merito di introdurre i ricercatori alla comprensione del ruolo dello striato e di documentare, con l’andamento delle risposte neuroniche, un primo correlato della formazione delle abitudini, è stata condotta presso il Massachusetts Institute of Technology (MIT).

Un gruppo della scuola di Ann Graybiel registrava l’attività di piccoli gruppi di cellule nervose nello striato di ratti che, guidati da uno stimolo acustico di avvio e da un successivo “suono di istruzione”, imparavano a percorrere un classico labirinto a “T” procedendo attraverso il ramo lungo e poi scegliendo di girare a sinistra, dove la ricompensa era costituita da latte al cioccolato, o a destra, dove trovavano acqua zuccherata. Realizzando una rappresentazione grafica dell’attività dei neuroni registrati punto per punto del percorso su schemi a “T” del labirinto, i ricercatori hanno avuto un’immagine evidente, mediante la classica gamma di colori che va dal blu-viola al giallo-rosso, di ciò che accadeva nella base cerebrale dei roditori, momento per momento del percorso e dell’esperienza.

Con sorpresa dei ricercatori, la registrazione indicava che, quando gli animali approcciavano per la prima volta il labirinto cominciando a conoscerlo, i neuroni della parte motoria dello striato erano attivi tutto il tempo ma, quando il percorso per la ricompensa diveniva abituale, l’attività neuronica era concentrata all’inizio e alla fine delle corse, come se tutti gli atti motori fossero stati compressi in una routine della quale le cellule dello striato rilevavano solo l’inizio e la fine. 

Il rilievo di questo particolare pattern ha rappresentato un punto di svolta per la definizione di un profilo neurale di un comportamento abituale. L’insieme dei dati emersi da questi studi ha suggerito che i neuroni dello striato sono malleabili e possono opportunamente contribuire ad aggregare movimenti in blocchi automatici, lasciando ad alcune “cellule esperte” la gestione dei dettagli del comportamento[1]. Gli autori dello studio paragonano questo addensamento in “pacchetti di informazione” alla strategia cosciente che adoperiamo per memorizzare sequenze numeriche. Seguiamo il loro ragionamento con un nostro esempio: se qualcuno ci chiede di ricordare la successione di cifre 3-3-3-1-0-2-0-3-0 abbiamo qualche difficoltà, che scompare se la sequenza è proposta come numero di cellulare 333 10 20 30.

Non sappiamo se i meccanismi che consentono il compattamento per la memorizzazione di un numero di telefono, ossia per un dato di memoria semantica gestito dalla coscienza dichiarativa, siano gli stessi che rendono compatti dei segmenti di azioni o delle procedure comportamentali, ma concettualmente possiamo ritenere lecito l’accostamento, se non altro per illustrare i vantaggi derivati dalla gestione a blocchi dell’informazione.

La compressione e l’ordinamento in unità di memoria, riconosciute e gestite dal sistema, ottimizza la funzione e, nello studio delle prestazioni basate su memorie semantiche, era già stata notata da pionieri della neuropsicologia quando George A. Miller coniò l’espressione chunking per riferirsi a tale compattamento[2].

Gli esperimenti condotti presso il MIT indicavano la presenza di un’attività nei nuclei della base encefalica corrispondenti al “corpo striato” della neuroanatomia classica, pressoché equivalente, all’inizio e alla fine della prova. Cosa vuol dire? L’accensione temporalmente disposta prima e dopo il comportamento studiato è stata interpretata come una segnalazione di inizio e fine di un segmento che i processi cerebrali di valutazione hanno deciso di memorizzare come abitudine, ossia di compattare nel suo schema essenziale[3]. I ricercatori del MIT hanno definito i due momenti di accensione “contrassegni di confine” (boundary markers) del blocco di comportamento, ed hanno considerato l’insieme dei reperti elettrici di questi neuroni negli esperimenti, come una prova che lo striato ha un ruolo importante nel combinare una serie di atti e movimenti in una singola unità. La stessa riattivazione del blocco di memoria come abitudine sarebbe un automatismo che non richiede l’intervento di quei processi che nella nostra mente corrispondono alla coscienza dichiarativa: sono sufficienti i processi automatici gestiti prevalentemente da nuclei della base encefalica[4].

Le abitudini, così come tutti gli altri comportamenti nella vita reale di un animale, si inseriscono in contesti di circostanze e di eventi mutevoli e non sempre prevedibili. Per tale ragione, la loro gestione non può essere sempre affidata ad automatismi stereotipati, ma richiede un processo decisionale.

Studi recenti hanno identificato un piccolo sistema che ha principalmente sede nello striato, in un’area diversa da quella implicata nell’abitudine, al quale si è dato il nome di “circuito di deliberazione”, in quanto sembra responsabile delle decisioni necessarie ad adattare il comportamento alla circostanza. L’identificazione di questo circuito può considerarsi un altro importante progresso nella ricerca dei correlati neurofunzionali delle abitudini.

Con vari collaboratori, Catherine Thorn, proveniente dalla stessa scuola neuroscientifica del MIT che ha rilevato il primo pattern dell’abitudine nello striato motorio e del quale abbiamo sin qui discusso, ha registrato simultaneamente i neuroni della parte motoria e della parte deliberativa dello striato, per cercare di comprendere la natura dell’interazione che si realizza fra questi due circuiti.

Nella fase in cui i ratti apprendevano il compito nel solito labirinto a “T”, l’attività dei neuroni della parte deliberativa dello striato diventava molto intensa nella fase intermedia, in particolare in corrispondenza della decisione da prendere per effetto del “suono di istruzione” su quale branca della “T” percorrere, se la destra o la sinistra. Il pattern di attività di queste cellule nervose, messo in grafico sulla sagoma del labirinto, risultava praticamente opposto a quello dell’abitudine: massima intensità nel mezzo contro l’attivazione di inizio e fine.

Ulteriori esperimenti hanno indagato cosa avvenga se si consolida l’abitudine. Come era lecito attendersi, consolidandosi una preferenza non vi era più la necessità di una scelta e, dunque, l’attività nel circuito di deliberazione tendeva a scomparire. In altri termini, tutto il comportamento era automatizzato come abitudine. Questi risultati vogliono dire che, nell’apprendimento delle abitudini, oltre a verificarsi cambiamenti legati al consolidamento del blocco memorizzato come unità, si determinano variazioni funzionali nei circuiti collegati, come quello deliberativo.

Numerose evidenze sperimentali hanno da tempo evidenziato che lo striato agisce in contemporanea, e perciò in probabile sinergia, con una regione neocorticale detta corteccia infralimbica. Si tratta di un’area che, nel nostro cervello, è visibile sulla superficie mediale degli emisferi in regione frontale, ed è situata subito al di sotto della circonvoluzione del cingolo che appartiene al giro fornicato descritto da Broca come lobo limbico[5], da cui deriva il nome. La corteccia infralimbica è stata messa in relazione da vari ricercatori con la formazione di abitudini.

Il gruppo di Graybiel ha perciò deciso di registrare l’attività di quest’area durante gli esperimenti di formazione delle abitudini cui erano stati sottoposti i ratti negli studi precedenti. Questa interessante verifica sulle prime non ha dato luogo ad un esito positivo per una partecipazione al processo di apprendimento striatale da parte della corteccia frontale; infatti, mentre la porzione dello striato dei ratti durante la fase di formazione dell’abitudine mostrava il caratteristico pattern con i contrassegni di confine all’inizio e alla fine dell’attività, nella corteccia infralimbica si rilevavano solo variazioni minime e di difficile interpretazione.

I ricercatori del MIT hanno continuato a monitorare i ratti e, dopo un lungo periodo di training, quando i comportamenti abituali nell’attraversamento dei labirinti erano divenuti fissi e stabili, si sono verificate delle variazioni rilevanti nell’attività dei neuroni infralimbici. Con sorpresa di Ann Graybiel e colleghi, dopo tutto quel tempo, si formava un tipico pattern di compattamento con attivazione all’inizio e alla fine del compito, anche nella corteccia infralimbica.

Come interpretare questo reperto?

 

[continua]

 

Lorenzo L. Borgia

BM&L-27 settembre 2014

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] Cfr. Graybiel A. M. & Kyle S. Smith, Good habits, bad habits, p. 25, Scientific American 310 (6): 23-27, 2014.

 

[2] L’opinione di chi scrive è che nella gestione cosciente delle memorie semantiche è implicato un ulteriore livello che si avvale di particolari specializzazioni corticali. Tale livello sarebbe ancora più importante nelle strategie coscienti che adottiamo per ricordare, quali mnemotecniche e metodi cognitivi adottati per accrescere le abilità di memorizzazione o nel trattamento di disturbi e deficit di memoria.

[3] Ricordiamo che la nostra scuola, sulla scorta degli studi di Perrella, in proposito parla di tema prendendo a prestito il vocabolo dal gergo musicale, ma impiegandolo nel senso matematico della base unica sulla quale si sviluppano varianti isomorfe (tema e isomorfismi come variazioni sul tema).

[4] La neurofisiologia classica li descriveva come automatismi extrapiramidali.  

[5] L’ilo dell’emisfero, marcato nella parte superiore dal corpo calloso, è circondato da una formazione corticale costituita superiormente dal giro del cingolo ed inferiormente dal giro paraippocampico, uniti posteriormente dalla piega temporo-limbica (o isthmus gyri cinguli, secondo l’International Anatomical Nomenclature Committee, IANC). A questo anello di corteccia filogeneticamente primitiva, Broca diede il nome di grande lobo limbico o girus fornicatus.