Scoperta nella memoria una competizione con vincitore pigliatutto

 

 

NICOLE CARDON

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XII – 13 settembre 2014.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Charles F. Stevens, autore e curatore con Thomas Südhof (Premio Nobel nel 2013) del volume Synapses, cui aveva dato un notevole contributo Eric Kandel (Premio Nobel nel 2000), ha presentato alla comunità neuroscientifica internazionale, in qualità di editor per la rivista dell’Accademia Nazionale delle Scienze degli Stati Uniti (PNAS USA), uno studio di Sajikumar, Morris e Korte che riconosce e descrive, nella seconda fase del potenziamento sinaptico necessario alla formazione della memoria a lungo termine, un processo competitivo con un “vincitore pigliatutto”.

La scoperta riceverà sicuramente la massima attenzione da parte dei gruppi di ricerca che indagano i processi cellulari e i meccanismi molecolari della memoria a lungo termine, dai quali è lecito attendersi verifiche sperimentali di quanto rilevato in questo studio.

Secondo i modelli canonici, basati in gran parte su dati provenienti dal laboratorio di Eric Kandel, i meccanismi della memoria di lunga durata (LTM, da long term memory) consistono di due distinte fasi: 1) fase di induzione, indipendente dalla sintesi di proteine; 2) fase di distribuzione, dipendente dalla sintesi proteica e in grado di conferire alla sinapsi le proprietà necessarie al consolidamento. Sreedharan Sajikumar e i due suoi colleghi hanno accertato che la fase di distribuzione avviene mediante un processo competitivo, fra le sinapsi potenziate durante l’induzione, caratterizzato da un meccanismo in cui il “vincitore prende tutto” (Sajikumar S., et al. Competition between recently potentiated synaptic inputs reveals a winner-take-all phase of synaptic tagging and capture. Proceedings of the National Academy of Sciences USA – Epub ahead of print doi:10.1073/pnas.1403643111, 2014).

La provenienza degli autori dello studio è la seguente: Division of Cellular Neurobiology, Zoological Institute, Technische Universität Braunschweig, Braunschweig (Germania); Department of Physiology, Yong Loo Lin School of Medicine, National University of Singapore (Singapore); Laboratory for Cognitive Neuroscience, Centre for Cognitive and Neural Systems, University of Edinburg, Edinburg (Scozia).

L’editor dello studio è Charles F. Stevens del Salk Institute for Biological Studies, La Jolla, California (USA).

Prima di entrare nel merito del lavoro recensito, si propone un breve inquadramento di questi studi nella storia recente della neurobiologia della memoria[1].

L’avventura sperimentale che ha portato alla scoperta delle basi neurobiologiche della memoria, si è sviluppata nel corso degli anni lungo due filoni principali: 1) l’individuazione degli eventi molecolari necessari a trasformare un evento percettivo in memoria di breve o lunga durata; 2) gli eventi cellulari che determinano il persistere dell’attività elettrica delle sinapsi a distanza dallo stimolo.

L’inizio del primo filone di studi si può far risalire alla scoperta da parte di Earl Sutherland di una nuova classe di recettori detti metabotropici. Bernard Katz aveva scoperto i recettori ionotropici dipendenti da neurotrasmettitori, cioè molecole recettoriali che per effetto del legame del trasmettitore, aprono o chiudono il varco di un canale ionico contenuto al loro interno, traducendo un segnale chimico in un segnale elettrico. I recettori metabotropici di Sutherland, invece, quando ricevono il messaggero chimico, attivano all’interno del neurone l’enzima adenilcilasi che produce l’AMP-ciclico, ovvero il secondo messaggero. Questo processo presenta il vantaggio di una notevole amplificazione della risposta cellulare. Quando un trasmettitore si lega ad un recettore metabotropico, si induce la produzione di un migliaio di molecole di AMP-ciclico, che si legano a proteine-chiave in grado di innescare una famiglia di risposte molecolari in tutta la cellula. Mentre il legame ad un recettore ionotropico produce un effetto che dura pochi millisecondi, l’azione metabotropica dura da alcuni secondi a vari minuti, ossia ha una durata da 1000 a 10000 volte maggiore di quella ionotropica. Nel 1968 Ed Krebs aveva scoperto che gli effetti dell’AMP-ciclico sono prodotti grazie ad una “proteinchinasi AMP-ciclico-dipendente”, detta anche “proteinchinasi A”, perché è stata la prima ad essere scoperta. Come è noto, le proteinchinasi sono enzimi che, mediante la fosforilazione, attivano o disattivano le proteine.

Grazie al lavoro di Paul Greengard nel laboratorio di Sutherland e di Arvid Carlsson[2], che nel 1958 aveva scoperto la funzione di neurotrasmettitore della dopamina, all’inizio degli anni Settanta Eric Kandel e Jimmy Schwartz scoprirono che l’AMP-ciclico è implicato nella formazione della memoria di breve termine. La conferma venne nel 1976 dagli esperimenti condotti da Marcello Brunelli, un giovane ricercatore post-dottorato italiano giunto al laboratorio di Kandel in quegli anni. Greengard e Kandel scoprirono che AMP-ciclico e proteinchinasi A sono necessari e sufficienti a rinforzare le sinapsi, ma non si riusciva a capire come la serotonina attraverso il secondo messaggero inducesse il potenziale sinaptico lento, né come questo potenziale fosse correlato all’accresciuto rilascio di glutammato. Nel 1980 Kandel accoglie nel suo laboratorio Steven Siegelbaum, che scopre in un canale del potassio uno dei bersagli di AMP-ciclico e proteinchinasi A. A questo canale, sensibile alla serotonina, si decise si dare il nome di “canale S” anche in riferimento alle iniziali del suo scopritore.

Dopo queste acquisizioni, Jimmy Schwartz ed Eric Kandel scoprirono che la formazione della memoria a lungo termine dipende dalla sintesi di nuove proteine, ma fu necessario compiere un salto qualitativo notevole per ipotizzare un meccanismo di regolazione genica alla base della conversione della memoria da breve a lungo termine.  La ripetizione degli stimoli che inducevano in Aplysia californica un maggior rilascio di serotonina, determinava un notevole aumento di AMP-ciclico e proteinchinasi A, che tendeva a spostarsi nel nucleo, insieme con la MAP chinasi, attivando i geni. In che modo?

Nel 1990 Pramod Dash e Benjamin Hochner, insieme con il gruppo di Kandel, scoprirono che CREB (cyclic AMP response element-binding), una proteina promotrice, è presente in Aplysia ed è essenziale per il rafforzamento a lungo termine. Dusan Bartsch scoprì che la semplice iniezione di CREB fosforilata dalla proteinchinasi A, nel nucleo dei neuroni sensoriali, era in grado di accendere i geni che producono la facilitazione di lunga durata. Studi successivi mostrarono che CREB esiste in due forme (rispettando le previsioni del modello di Jacob e Monod): una che attiva l’espressione genica (CREB-1) e una che la sopprime (CREB-2). Infine, evidenze inoppugnabili hanno assegnato a CREB il ruolo di interruttore della memoria cellulare di lungo termine in numerose specie animali.

Il prosieguo della sperimentazione mostrò che il neurone è in grado di distinguere e riconoscere le sinapsi candidate al rafforzamento di lunga durata, attraverso un processo di “marcatura” già ipotizzato in un articolo del 1986[3]. Kelsey Martin, sempre nel laboratorio di Kandel, scoprì che per marcare le sinapsi erano necessari due eventi: l’attivazione della proteinchinasi A e l’entrata in funzione di un meccanismo che regola la sintesi proteica locale, ossia presso la sinapsi che deve conservare la memoria. In tal modo, fu chiaro che esistono meccanismi indipendenti per l’avvio e il mantenimento della memoria a lungo termine.

In che modo avviene il mantenimento? La questione fondamentale riguardava l’mRNA: veniva inviato alla sinapsi già in uno stato attivo o era dormiente? Kausik Si, presso il laboratorio di Kandel dal 1999, ipotizzò che il messaggero fosse in uno stato dormiente e che fosse attivato, come accade all’uovo della rana diventato maturo, da una proteina che regola la sintesi proteica locale, detta CPEB (cytoplasmic polyadenilation element-binding).

Kausik fece la straordinaria scoperta che CPEB è un prione[4] e che, nei neuroni implicati nella formazione della memoria a lungo termine, è fondamentale la sua conversione dalla forma inattiva non propagante alla forma attiva che si auto-propaga. Kausik e colleghi scoprirono che l’attivazione del prione CPEB è controllata dalla serotonina, il neurotrasmettitore che nell’Aplysia converte la memoria di breve durata in memoria di lunga durata.

Il secondo filone di ricerca, quello relativo all’istaurarsi di un’attività elettrica indipendente dallo stimolo, si fa risalire agli esperimenti condotti nel 1973 da Timothy Bliss e Terje Lømo, i quali scoprirono, in sezioni ippocampali, che una breve sequenza di stimoli di alta frequenza nella via tri-sinaptica dell’ippocampo, dava luogo ad un incremento di ampiezza di potenziali eccitatori post-sinaptici che continuavano a prodursi per una lunga durata di tempo (LTP, long-term potentiation) nei neuroni a “granulo” del giro dentato. Il potenziamento di lunga durata delle sinapsi può durare giorni o settimane, come è stato verificato in vivo, inviando negli animali la stimolazione mediante elettrodi impiantati. Studi condotti in varie vie nervose[5] hanno mostrato che l’LTP può considerarsi come una famiglia di processi, con varie caratteristiche, accomunati dal rinforzo della trasmissione sinaptica.

Interrompendo qui il breve excursus sulle principali acquisizioni in materia di basi biologiche della memoria, entriamo nel merito dello studio di Sajikumar, Morris e Korte.

Come già accennato, i principali modelli di riferimento rappresentano i meccanismi della memoria di lunga durata come eventi di due distinte fasi. La prima fase, detta di induzione e indipendente dalla sintesi proteica, è caratterizzata da cambiamenti nel peso sinaptico e dal tagging delle sinapsi rinforzate. La seconda fase, detta di distribuzione, che può immediatamente precedere o accompagnare la fase di induzione, si svolge all’interno degli adiacenti compartimenti dendritici, ed è strettamente dipendente dalla sintesi di nuove proteine che consentono il consolidamento attraverso la cattura sinaptica. I risultati ottenuti dai tre ricercatori sembrano ridefinire la concezione esistente di un semplice, lineare modello di fase della memoria in termini di caratterizzazioni temporali per la formazione di ritenzioni associative.

Le evidenze emerse in questo studio documentano la presenza, nella fase di distribuzione, di una situazione interposta in cui un processo con un “vincitore pigliatutto” dà forma agli eventi responsabili dell’immagazzinamento della memoria a lungo termine. In sintesi, i ricercatori dimostrano che, quando la persistenza temporale della plasticità è abilitata su una via sinaptica in virtù della disponibilità di proteine provenienti da un altro evento precedente o susseguente, il potenziamento di un’ulteriore terza via sinaptica, all’incirca nello stesso tempo, può innescare una competizione sufficiente a prevenire un potenziamento persistente in tutte e tre le vie sinaptiche.

Questo contesto sperimentale mima la situazione fisiologica quotidiana che si verifica nei neuroni ippocampali di ogni animale: affrontare la necessità di registrazione, memorizzazione ed apprendimento di nuovi eventi in condizioni di competizione che minacciano la stabilizzazione.

Gli esperimenti mostrano in maniera convincente che la fase di distribuzione è competitiva, e le connessioni che vincono la competizione prendono tutto, quando le sinapsi potenziate in fase di induzione sembrano lottare l’una contro l’altra per accaparrarsi le proteine essenziali per lo sviluppo delle forme di plasticità connesse alla memoria.

Lasciando agli studi che verificheranno questi dati e proseguiranno le indagini in questo solco sperimentale il compito di definire l’effettiva portata di questo studio, si fa notare che quanto rilevato da Sajikumar, Morris e Korte evidenzia l’importanza della competizione sinaptica nel creare, senza perdita o eliminazione strutturale, stabili memorie di lunga durata nelle reti neuronali.

 

L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura degli scritti di argomento connesso che appaiono sul sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Nicole Cardon

BM&L-13 settembre 2014

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] In una serie di relazioni tenute da Giuseppe Perrella e dall’autrice, a partire dall’ottobre 2011, è stata proposta una esaustiva cronistoria delle scoperte che hanno condotto alle conoscenze attuali sulla neurobiologia della memoria. L’intera raccolta non è stata pubblicata, ma testi e trascrizioni parziali sono a disposizione dei soci.

[2] Arvid Carlsson e Paul Greengard condivisero con Eric Kandel, nel 2000, il “Premio Nobel per la Fisiologia o la Medicina”.

[3] Goelet P., et al. (Kandel E. R.)The long and the short of long-term memory – a molecular framework. Nature 322: 429-422, 1986.

[4] Nel 1997 Stanley Prusiner aveva ricevuto il Premio Nobel per la scoperta dei prioni.

[5] Importanti quelli condotti nell’amigdala per la formazione della memoria nella paura condizionata.