Basi delle differenze individuali nel controllo inibitorio
DIANE RICHMOND
NOTE
E NOTIZIE - Anno XII – 05 luglio 2014.
Testi pubblicati sul sito
www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind
& Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a
fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta
settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in
corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli
oggetti di studio dei soci componenti lo staff
dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONE]
Non siamo tutti uguali, ed alcune differenze di carattere, temperamento, stile comportamentale e modo di affrontare la vita, saltano agli occhi anche quando vi è solo una conoscenza superficiale. Ma, una delle caratteristiche che conta di più quando ci formiamo un’opinione di una persona, è la sua capacità di esercitare un controllo cognitivo efficace sui propri impulsi, istinti e automatismi comportamentali. Lo scarto fra vizioso e virtuoso, debole e forte, avventato e avveduto, impulsivo e razionale, appropriato e inadeguato, spesso consiste proprio nella qualità e nella quantità dell’esercizio di self-control, senza del quale l’espressione delle abilità potenzialmente possedute dalla persona sarebbe impossibile.
Uno spot pubblicitario di molti anni fa, che accostava l’immagine del calciatore brasiliano Ronaldo detto “il fenomeno” ad una nota marca di pneumatici, recitava: “La potenza è nulla senza controllo”. È proprio la capacità di controllare le spinte all’esecuzione dei programmi cerebrali, cerebellari, troncoencefalici e spinali, che consente l’espressione della gamma di comportamenti adatti alle circostanze, alla base dell’adattamento esistenziale di ogni animale al suo ambiente naturale e, specificamente, dell’uomo al suo ambiente culturale. La modulazione del potere neuromotorio da parte di quello psichico, richiede in primo luogo l’esercizio di un controllo momento-per-momento dei processi esecutivi, come quello esercitato dalla corteccia prefrontale, che contribuisce in modo determinante a definire lo stile di personalità.
È evidente che il controllo inibitorio attiene al processo decisionale o decision making, in senso lato e in senso stretto, pertanto la comprensione delle basi neurali delle differenze individuali nel controllo inibitorio, potrebbe aprire una via importante per la comprensione di alcune differenze individuali, che le antiche spiegazioni psicologiche basate sulle “teorie della personalità” avevano tentato di risolvere in termini suggestivi, ma largamente insoddisfacenti alla prova dei fatti.
Corey N. White e colleghi, impiegando un tipo di prova psicologica comportamentale in cui i volontari che si sottopongono all’esperimento devono inibire risposte non facili da controllare, hanno provato ad identificare i sistemi di neuroni che presentano variazioni funzionali in concomitanza con differenze individuali nel controllo inibitorio (White C. N., et al. Decomposing Decision Components in the Stop-signal Task: A Model-based Approach to Individual Differences in Inhibitory Control. Journal of Cognitive Neuroscience 26 (8): 1601-1614, August, 2014).
La provenienza degli autori dello
studio è la seguente: University of California at Los Angeles (UCLA), Los
Angeles, California (USA); Syracuse University, New York, NY (USA); University
of Texas at Austin, Texas (USA); Yale University, New York, NY (USA); Zucker
Hillside Hospital, North Shore-LIJ, Queens, NY (USA).
Per identificare i sistemi di neuroni che variano secondo differenze individuali e sono responsabili del controllo inibitorio, si è impiegato il paradigma del “compito del segnale di stop” (stop signal task), una prova in cui i volontari devono inibire impulsi ad agire intensi e prepotenti. Per esplorare il modo in cui queste differenze si pongono in rapporto con altri aspetti del processo decisionale (decision making), in ciascuna delle 123 persone che si sono offerte volontariamente di partecipare allo studio, è stato impiegato un modello di decisioni semplici (drift-diffusion model) adattato ai dati del “compito del segnale di stop”, ottenuto dalle prove “go”, per estrarre misure della prudenza, del tempo di esecuzione motoria, della velocità di elaborazione dello stimolo, per ciascuno dei partecipanti. I valori rilevati in tal modo, sono stati rapportati ai dati morfo-funzionali ottenuti mediante risonanza magnetica funzionale (fMRI, da functional magnetic resonance imaging), per verificare il profilo individuale dell’attivazione neurale.
In sintesi, qui di seguito, si riportano i dati salienti.
1. Un’elaborazione più rapida dello stimolo “go” correlava con una maggiore attivazione nel polo frontale di destra, sia nelle prove “stop” che in quelle “go”.
2. Nelle prove “stop” la velocità di elaborazione dello stimolo era anche in stretto rapporto con le regioni implicate nel controllo inibitorio: il giro frontale inferiore di destra, il giro frontale mediale e BG.
3. Differenze individuali nel tempo di esecuzione motoria correlavano con l’attivazione della corteccia parietale di destra.
Questi risultati suggeriscono una robusta relazione fra la velocità di elaborazione dello stimolo e l’elaborazione inibitoria al livello neurale. In effetti, l’approccio basato su modello, impiegato da Corey White e colleghi, per il cui dettaglio si rimanda al testo del lavoro originale, fornisce una nuova comprensione delle interrelazioni fra componenti della decisione implicate nel controllo inibitorio, e suggerisce interessanti interrogativi circa gli aggiustamenti strategici nel corso della prestazione e i deficit inibitori associati con la psicopatologia.
In conclusione, la traccia costituita dal rapporto fra la velocità di elaborazione dello stimolo e l’attività inibitoria che fonda il self-control, è un’indicazione significativa per il prosieguo delle indagini sulle basi delle differenze individuali nel controllo inibitorio; anche se, probabilmente, un’accelerazione decisiva nel cammino della ricerca in questo campo si avrà solo quando si potrà disporre di metodiche di indagine in vivo che consentano di esplorare un livello funzionale non ancora raggiungibile con l’attuale fMRI.
L’autrice della nota ringrazia la
dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza ed invita alla
lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE
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