Risoluzione di singole cellule con la risonanza funzionale in Aplysia californica
DIANE RICHMOND
NOTE
E NOTIZIE - Anno XII – 07 giugno 2014.
Testi pubblicati sul sito
www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind
& Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a
fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta
settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in
corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli
oggetti di studio dei soci componenti lo staff
dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONE]
La diretta osservazione mediante la metodica della risonanza magnetica nucleare (MRI, magnetic resonance imaging) dell’attività dei neuroni al livello di risoluzione della singola cellula, rappresenta il maggiore progresso della microscopia in risonanza magnetica (MRM, magnetic resonance microscopy) e uno dei risultati più significativi dello sviluppo tecnologico nel campo delle neuroimmagini funzionali (functional neuroimaging). La stragrande maggioranza degli studi di microscopia MR di alta risoluzione rimane circoscritta alla genesi di immagini statiche, ma alcuni ricercatori stanno tentando la via dello sviluppo di una tecnica efficace per ottenere immagini funzionali.
Guillaume Radecki e colleghi hanno condotto uno studio che ha spostato il focus della MRM dalla natura di metodica di esplorazione per immagini non invasiva ma statica, a quella di strumento per l’indagine dinamica dell’attività, in corso di svolgimento, di singole cellule nervose e reti neuroniche. A differenza della massima parte degli altri studi che hanno sperimentato la metodica di neuroimmagine funzionale microscopica limitandosi alla elaborazione del segnale medio proveniente da blocchi di centinaia di neuroni, Radecki e colleghi hanno dimostrato la possibilità di registrare l’attività spontaneamente prodotta da singoli neuroni e rilevare le risposte di singole cellule a stimoli sensoriali.
(Radecki G., et al. Functional
magnetic resonance microscopy at single-cell resolution in Aplysia californica.
Proceedings of the National Academy of
Sciences USA – Epub ahead of print doi:10.1073/pnas.1403739111, 2014).
La provenienza degli autori dello studio è la seguente: Neurospin, Commissariato per l’Energia Atomica e le Energie Alternative, Gif-sur-Yvette (Francia); Università di Bordeaux e Centro Nazionale della Ricerca Scientifica (CNRS), Istituto di Neuroscienze Cognitive ed Integrative di Aquitania, Unità Mista di Ricerca 5287, Bordeaux (Francia). Il lavoro è stato edito da John G. Hildebrand dell’Università dell’Arizona a Tucson (USA).
Lo studio è stato condotto sul mollusco più importante per la ricerca neuroscientifica, l’Aplysia, e in particolare sulla specie americana Aplysia californica, sulla quale si è svolta la massima parte della sperimentazione che ha consentito ad Eric Kandel di scoprire i meccanismi molecolari elementari della memoria a breve e lungo termine e conseguire il Premio Nobel nel 2000. Kandel descrive il mollusco come una bestiolina fiera, molto intelligente, lunga circa 30 centimetri e di qualche chilo di peso. L’aspetto più interessante è che la struttura corrispondente al cervello umano è costituita da soli 20.000 neuroni, grandi e con ruoli fissi: un paradigma schematico ideale, nulla di paragonabile agli intricati labirinti costituiti dagli oltre 100 miliardi di neuroni del nostro encefalo. Prima di esporre in sintesi lo studio di Radecki e colleghi, si propone un profilo del prezioso animaletto, tratto dalla nostra rubrica “Alfabeta”.
Aplysia californica è un mollusco marino gasteropodo, il cui studio ha fornito negli ultimi quarant’anni una grande quantità di dati sulla biologia dei sistemi nervosi semplici. Negli Stati Uniti si indica con il nome comune di “marine snail” (chiocciola di mare) o con quello più scientifico di “California sea hare” adottato, ad esempio, dalla banca-dati dell’NIH. Si tratta di un opistobranco che può raggiungere i trenta centimetri di lunghezza, caratterizzato da una camera respiratoria contenente una branchia coperta da uno strato protettivo o plica del mantello che termina in un prolungamento detto sifone. E’ talora paragonato a molluschi marini cefalopodi come il Calamaro (Loligo vulgaris) e la Seppia (Seppia officinalis) al pari della quale emette per riflesso difensivo un liquido che, a differenza del nero componente dell’inchiostro di china, in Aplysia assume un colore tendente alla porpora. Il primo motivo che ne fece un organismo d’elezione per la ricerca neurobiologica fu il basso numero (20.000 circa) e le grandi dimensioni dei suoi neuroni, ma a questa ragione se ne aggiunsero altre. L’uovo di Aplysia è geneticamente determinato, per cui è possibile riportare specifici neuroni identificati nell’adulto alle loro cellule di origine nella blastula.
La schematica distinzione dei ruoli fisiologici dei neuroni del ganglio (cellule neurosecretorie, cellule sensorie, interneuroni e cellule motorie) ha consentito di studiare il programma di differenziazione dei vari tipi neuronali durante l’ontogenesi. Inoltre, la semplicità del suo sistema nervoso ha permesso la realizzazione di una mappa delle sinapsi, consentendo di studiarne i processi di sviluppo. Negli anni ’60 gli esperimenti condotti su Aplysia, prevalentemente dal gruppo di Eric Kandel, consentirono di scoprire che un singolo neurone colinergico poteva avere allo stesso tempo un’azione eccitatoria e inibitoria su due diverse cellule nervose post-sinaptiche. Nei decenni successivi è stato dimostrato che il circuito responsabile del riflesso di retrazione della branchia è capace di forme elementari di apprendimento come la sensibilizzazione, l’abitudine ed il condizionamento classico.
Lo scopo principale del lavoro di Guillaume Radecki e colleghi era la dimostrazione della fattibilità dello studio microscopico mediante la risonanza magnetica funzionale al livello di risoluzione di singole cellule.
I ricercatori
hanno impiegato un campo magnetico ultraelevato,
ed una tecnica di microscopia mediante risonanza magnetica che si avvale del manganese (Mn2+–enhanced magnetic resonance microscopy o Mn2+–MRM). Calibrando
concentrazioni di Mn2+
sufficienti a produrre gli effetti desiderati, ma tanto basse da non risultare
tossiche, è stato possibile identificare la maggior parte dei motoneuroni della rete buccale di Aplysia californica.
La sperimentazione ha consentito di
stabilire che il Mn2+ si accumula
all’interno delle cellule a seguito dell’infusione iniettiva del catione
bivalente nel mollusco vivo. L’esposizione di Aplysia a stimoli sensoriali ha
caratteristicamente ed in modo evidente accresciuto
le concentrazioni di Mn2+, fornendo un affidabile parametro di
riferimento per l’interpretazione delle immagini funzionali.
Con altri esperimenti, Radecki e colleghi hanno dimostrato che è possibile distinguere in modo affidabile fra attività neuroniche indotte o evocate da tipi di stimoli fra loro differenti.
Su tali basi, questa nuova metodica dischiude l’accesso ad una via regia di nuove possibilità nell’ambito dei metodi impiegati per indagare l’organizzazione funzionale e la plasticità delle reti neuroniche implicate in comportamenti diretti ad uno scopo (azioni finalizzate), ad un livello di risoluzione corrispondente alla singola cellula.
L’autrice della nota ringrazia la
dottoressa Isabella Floriani per la collaborazione nell’estensione del testo e
invita alla lettura degli scritti di argomento connesso che appaiono nella
sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina
“CERCA”).