Prioni tau specifici si propagano e causano tauopatie
NICOLE CARDON
NOTE
E NOTIZIE - Anno XII – 31 maggio 2014.
Testi pubblicati sul sito
www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind
& Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a
fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta
settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in
corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli
oggetti di studio dei soci componenti lo staff
dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONE]
Se è vero che il grande pubblico ha conosciuto i prioni al tempo della malattia della “mucca pazza”
come quelle proteine che, assumendo una particolare conformazione (Sc), erano
in grado di trasmettersi alla stregua di virus causando l’encefalopatia
spongiforme bovina (BSE) in una temuta forma in grado di colpire l’uomo, è pur
vero che da quegli anni in neurobiologia si è sviluppata una conoscenza
straordinariamente ricca ed articolata. La biochimica, la biologia molecolare,
la fisiologia e la patologia dei prioni ha fatto passi da gigante, da quando Prusiner nel 1982 coniò il termine prione e propose la prima definizione degli agenti responsabili
delle demenze trasmissibili[1]. Ricordiamo,
ad esempio, che Kausik Si, un indiano che nel 1999
entrò a far parte dei collaboratori di Eric Kandel, scoprì che CPEB nella forma
del prione auto-propagante contribuisce alla memoria di lungo termine. Due anni fa Lorenzo Borgia introduceva in
questo modo alcune recenti acquisizioni:
“Quando fu scoperta la trasmissibilità delle malattie da prioni mediante
una particella infettiva proteinacea, la maggior
parte della comunità scientifica ritenne di aver acquisito una nuova conoscenza
che, in quanto straordinaria eccezione alla regola biologica della trasmissione
basata sull’acido nucleico di un microrganismo, sarebbe rimasta una prerogativa
esclusiva della proteina prionica (PrP). La scoperta fu così sorprendente che
molti ricercatori continuarono a dubitare dei risultati che avevano indotto Prusiner e collaboratori, nel 1982, a coniare il termine “prione”, per
distinguere da virus e viroidi queste molecole capaci di comportarsi come un
organismo patogeno, e a darne questa definizione: “Piccole particelle infettive
proteinacee che resistono all’inattivazione da parte
di procedure che modificano gli acidi nucleici” (Prusiner,
Science 216, 136-144, 1982).
Negli anni che seguirono, lo studio accurato delle isoforme cellulari e trasmissibili di prioni animali e umani, ha fugato ogni dubbio sulle proprietà di queste glicoproteine, confermando l’idea di una peculiarità assolutamente unica.
Eppure, studi recenti suggeriscono che nella trasmissibilità delle malattie da prioni può essere implicato un principio più generale. Infatti, si vanno accumulando evidenze sperimentali che alcuni aggregati di polipeptidi non prionici possono essere trasmessi da una cellula a quelle vicine (Cushman, et al. 2010; Frost & Diamond, 2010; Goedert, et al. 2010; Lee, et al. 2010), e che questi eventi possono giocare un ruolo nella patogenesi di gravi processi neurodegenerativi, quali quelli alla base delle malattie di Alzheimer e Parkinson. Poiché queste patologie non sono caratterizzate da una infettività come quella delle malattie da prioni, questi meccanismi potrebbero contribuire alla diffusione temporospaziale del processo patologico spesso osservato in queste malattie (Goedert, et al. 2010).
Tau, Aβ42 e sinucleina, sono polipeptidi con conformazioni multiple e dinamiche, tuttavia possono assumere una configurazione fissa che agisce come auto-stampo per aggregati di ordine più elevato (Lee, et al. 2010). Tale proprietà è condivisa con la proteina prionica e attualmente si ritiene che sia un elemento essenziale di patogenicità sia nelle degenerazioni parkinsoniana ed alzheimeriana, sia in quelle dovute a prioni. Il punto nodale è rappresentato dal fatto che specifiche configurazioni molecolari di tau, Aβ42 e sinucleina si sono rivelate neurotossiche alle prove sperimentali.
Ad esempio, le forme filamentose di tau attivano la GSK3 kinasi, proprietà assente nei monomeri solubili della proteina. E’ stato rilevato e documentato che aggregati extracellulari di tau sono assunti da cellule in coltura, all’interno delle quali possono costituire punto di partenza per la formazione di altri aggregati simili.”[2].
Numerosi studi documentano che i prioni propagano stabilmente specifiche conformazioni (strains) che producono differenti patologie. Si ritiene che la propagazione degli aggregati di tau in forma di prioni potrebbe costituire il meccanismo alla base della progressione stereotipata delle tauopatie neurodegenerative.
I veri prioni mantengono
in vivo stabilmente la propria
configurazione che collega la struttura ai quadri di patologia e sembra che la
proteina tau soddisfi questo criterio, secondo quanto emerso da uno studio
condotto da David W. Sanders, Sara K. Kaufman e
numerosi colleghi coordinati da Marc I. Diamond (Greenberg M. L., et al. Distinct Tau Prion Strains Propagate in Cells and Mice and Define
Different Tauopathies. Neuron – Epub ahead of print dx.doi.org/10.1016/j.neuron.2014.04.047,
2014).
La provenienza
degli autori dello studio è la seguente:
Department of Neurology Washington University School of Medicine in St. Louis, St.
Louis, MO (USA); School of Life Sciences, University of Sussex, Falmer (UK); Department of Neurology and Pathology,
University of California, San Francisco, San Francisco, California (USA).
Gli esperimenti in coltura hanno evidenziato che il dominio di tau ripetuto, stabilmente espresso, indefinitamente propaga distinte conformazioni amiloidi in forma clonale. La reintroduzione di tau da queste linee in cellule native ristabilisce cloni identici. Sanders e colleghi hanno prodotto due conformazioni in vitro che inducevano distinte patologie in vivo, come è stato poi determinato mediante successive inoculazioni in tre generazioni di topi transgenici.
Le tau immunopurificate provenienti da questi topi ricreano le conformazioni originali in coltura.
I ricercatori hanno usato i sistemi cellulari per isolare le specifiche conformazioni di tau da 29 pazienti affetti da 5 diverse forme di malattie neurodegenerative definibili “tauopatie”. Questi esperimenti hanno consentito di trovare che malattie differenti sono associate con set di conformazioni differenti. In tal modo, la proteina tau ha rivelato le caratteristiche essenziali del prione.
Questi risultati potrebbero spiegare la diversità fenotipica delle tauopatie e potrebbero consentire un miglioramento diagnostico e terapeutico per le malattie neurodegenerative che implicano la patologia di questa proteina associata ai microtubuli.
L’autrice della nota ringrazia la
dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla
lettura delle numerose recensioni di argomento connesso che appaiono nella
sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina
“CERCA”). Di seguito si riporta un elenco al quale è da aggiungere il secondo
dei due titoli citati nella noterella a piede della pagina e, ovviamente, le
altre recensioni collegate degli ultimi due anni.
ALCUNI APPROFONDIMENTI
1)
Note e Notizie 18-02-12 Monomero prionico ad α-elica altamente
neurotossico
2)
Note e Notizie 18-02-12 Aggregati di
tau, β-amiloide e sinucleina trasmessi come prioni
3)
Note e Notizie 27-11-10 Nella chimica del prione le basi della suscettibilità
al contagio
4) Note e Notizie 13-03-10 I prioni proteggono la
mielina
5) Note e Notizie 17-10-10 Sviluppo spontaneo della
forma infettiva di prione nella FFI
6) Note e Notizie 09-05-09 Il prione nella malattia di
Alzheimer
7) Note e Notizie 02-05-09 Interazione prione
beta-amiloide nella malattia di Alzheimer
8) Note e Notizie 24-01-09 Il prione ha un ruolo
nell’olfatto
9) Note e Notizie 13-09-08 L’interferenza RNA per le
malattie da prioni
10) Note e Notizie 25-10-08 I prioni e la barriera fra
le specie
11) Note e Notizie 14-06-08 La proteina prionica
attenua l’eccitotossicità
12) Note e Notizie 02-10-04 Prione: prove dell’azione
patogena
13) Aggiornamenti. Nuove
prospettive per l’encefalopatia da prioni. Firenze, 24 luglio 2004, scheda
introduttiva: “Lo stato dell’arte di Stanley B. Prusiner”.
[1] Le demenze trasmissibili includono lo scrapie delle pecora, l’encefalopatia spongiforme bovina (BSE) e le patologie cerebrali umane da prioni: la malattia di Creutzfeldt-Jakob (CJD) che rappresenta l’85% dei casi clinici, l’insonnia familiare fatale (FFI), la malattia di Gerstmann-Sträussler-Scheinker e la patologia, detta Kuru, dovuta ai riti antropofagici di indigeni della Nuova Guinea che mangiavano il cervello di propri simili. Si ricorda che le malattie da prioni sono uniche in biologia e patologia, in quanto esistono in tutte e tre le forme eziologiche possibili: genetiche, sporadiche ed infettive.
[2] Note e Notizie 18-02-12 Aggregati di tau, β-amiloide e sinucleina trasmessi come prioni. Si veda anche: Note e Notizie 25-02-12 Genesi spontanea di prioni rapidamente trasmissibili.