FDA in campo per salvare la vita di molti

 

 

GIOVANNI ROSSI

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XII – 17 maggio 2014.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: NOTIZIA/AGGIORNAMENTO]

 

Abbiamo ricevuto una comunicazione dell’esecutività di un provvedimento varato in via preliminare nel novembre 2013 dalla Food and Drug Administration (FDA) - organismo indipendente di controllo su cibo e farmaci degli USA, influente in tutto il mondo - nel quale si legge che gli oli parzialmente idrogenati, fonte principale degli acidi grassi in configurazione trans, non possono più essere considerati non nocivi.

Avremmo potuto scegliere un semplice “riceviamo e volentieri pubblichiamo”, nello stile dei direttori di quotidiani e riviste di attualità, oppure l’inserimento della comunicazione in una e-mail di alert, con la giustificazione dell’attinenza alla prevenzione del danno cerebrovascolare; abbiamo invece sentito il dovere morale di intervenire e rivolgerci, oltre che agli studiosi di ambito neuroscientifico, a tutti i medici e futuri medici che seguono le pubblicazioni settimanali del nostro sito, per ricordare e sollecitare un impegno che può salvare o prolungare la vita di molte persone.

A beneficio di quanti non abbiano una conoscenza specialistica dell’argomento, proponiamo una schematica sintesi cronologica.

Nel 1901 il chimico tedesco Wilhelm Normann ideò e realizzò per la prima volta il processo di idrogenazione parziale, che consentì di convertire oli vegetali di bassissimo costo in grassi per uso alimentare come la margarina. È importante aver presente una conseguenza, una sorta di “effetto collaterale” di questa aggiunta di ioni idrogeno. Durante l’idrogenazione catalitica per rendere saturi, e quindi solidi, grassi altamente insaturi come gli oli, accade che una parte del processo non vada a buon fine, determinando come conseguenza la conversione di forme isomeriche cis degli acidi grassi in forme trans (in inglese: trans fat; in italiano: transacidi).

Nel 1912 gli ideatori dell’idrogenazione parziale furono insigniti del Premio Nobel.

Nella seconda metà del Novecento, la diffidenza espressa dai medici italiani nei confronti di questi grassi semiartificiali, sempre più massicciamente impiegati dall’industria alimentare, fu aspramente criticata e facilmente contrastata per la mancanza di prove sperimentali di nocività. Intanto, in molti paesi del mondo, la margarina e prodotti similari andavano poco a poco sostituendo il burro e conquistando la fama di “prodotti dietetici”.

Nel 1980 Walter Willett e colleghi, per verificare nel dettaglio il rapporto fra l’assunzione dei transacidi con la dieta e il rischio cardiovascolare, introdussero questa stima nel NursesHealth Study, uno dei maggiori studi epidemiologici di quel periodo; il progetto, oltre a verificare gli effetti dell’alimentazione su oltre 100.000 donne, realizzò una banca-dati costantemente aggiornata del contenuto in transacidi della comune dieta. Dopo 8 anni di follow-up, e dopo aver considerato i fattori noti di rischio cardiovascolare, Willett e colleghi rilevarono che le donne con il più elevato contenuto di questi derivati nella dieta, presentavano un rischio maggiore del 50% di ammalarsi di patologia coronarica o di morire di malattie cardiache. La margarina, la principale fonte di transacidi nel 1980, era associata con il rischio più elevato.

Nello stesso periodo, Martin Katan e colleghi scoprirono che i transacidi in un certo senso “spostano” il colesterolo dalle proteine trasportatrici HDL, che lo legano con elevata stabilità, alle LDL che trasportano lo steroide con un legame molto più labile, aumentando il rischio cardiovascolare. Lo studio, che indagava gli effetti metabolici degli acidi grassi indesiderati in volontari in buona salute e alimentati in maniera altamente controllata per varie settimane, consentì infatti di accertare che i grassi saturi e i transacidi accrescevano la quantità di colesterolo legato ad LDL all’incirca della stessa quota, ma solo i transacidi determinavano la riduzione del colesterolo delle HDL, ossia quello ritenuto protettivo.

Altri ricercatori, in numerosi altri lavori, confermarono questi risultati e documentarono altri effetti negativi, di tipo metabolico, come l’innalzamento della concentrazione di trigliceridi nel sangue circolante, e di altra natura, come l’innalzamento del livello di fattori dell’infiammazione, che in molti casi di malattia cardiovascolare sono i principali responsabili del danno.

Calcoli basati su studi epidemiologici condotti negli USA, stabilirono che l’eliminazione dalla dieta dei transacidi derivati dai grassi idrogenati di produzione industriale, avrebbe ridotto la mortalità per malattie cardiovascolari del 20%. La stima fu sostanzialmente confermata da altri studi, pur con differenze legate a metodi ed obiettivi.

Nel 2002 la National Academy of Sciences degli USA ha raccomandato la totale eliminazione degli isomeri trans degli acidi grassi dalla dieta.

Nel 2003 la FDA rilevò evidenze così stringenti da richiedere – contro le pressioni di una parte consistente dell’industria alimentare – che la presenza di grassi idrogenati in una preparazione alimentare dovesse essere dichiarata obbligatoriamente sull’etichetta, così da consentire la libera scelta di acquistare o meno un prodotto potenzialmente nocivo se consumato abitualmente. Una parte considerevole delle aziende di manifatture alimentari statunitensi rispose eliminando completamente i grassi idrogenati. Di lì a poco, la municipalità di New York deliberò la messa al bando del loro uso dai ristoranti e da tutti gli altri esercizi di vendita di alimenti. Altre città degli USA seguirono l’esempio in successione.

Nel 2012, nove anni dopo l’obbligo della dichiarazione sull’etichetta e il bando dai ristoranti, si è giunti negli USA alla rimozione del 75% dei grassi idrogenati presenti complessivamente nelle forniture alimentari. Le verifiche epidemiologiche hanno fatto registrare la riduzione dei livelli di colesterolo ematico in tutta la nazione.

La stima dei “Centers for Disease Control and Prevention” degli USA, attribuisce al residuo 25% di transacidi ancora presenti negli alimenti dei cittadini statunitensi, la responsabilità di circa 7000 morti premature l’anno. La recente decisione della FDA dovrebbe salvare la vita a queste migliaia di persone in gran parte inconsapevoli del rischio.

Nel novembre 2013 l’FDA dichiara che gli oli parzialmente idrogenati non possono considerarsi innocui. Si è certi che l’eliminazione completa non sarà facile da ottenersi, ma un incoraggiamento viene dalla Danimarca, che ha ottenuto da una decade la totale scomparsa nel territorio dello stato dei grassi idrogenati da tutte le preparazioni alimentari, dimostrandone la realizzabilità.

Nel 2014 il provvedimento volto alla prevenzione delle 7000 morti premature per anno negli USA, si spera possa avere effetti positivi anche in Italia.

Se da un canto è comprensibile la soddisfazione dei ricercatori, soprattutto quelli statunitensi, che si sono impegnati per ottenere questo risultato a tutela della salute di tutti, da un altro non si può ignorare la condizione in cui ancora versa il nostro Paese e, più in generale, non ci si può esimere da una considerazione che deve indurre ricercatori e legislatori a fare di meglio in futuro: è stato necessario più di un secolo per rendersi conto della nocività e giungere ad una prevenzione radicale.

 

L’autore della nota ringrazia il prof. Giuseppe Perrella, presidente della Società Nazionale di Neuroscienze BM&L-Italia, con il quale ha preparato l’argomento e concordato il testo.

 

Giovanni Rossi

BM&L-17 maggio 2014

www.brainmindlife.org