Nuove prospettive per le psicosi da trapianti cellulari ippocampali

 

 

NICOLE CARDON

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XII – 10 maggio 2014.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Le vie seguite dalla ricerca neuroscientifica per comprendere le basi di quello sconvolgimento delle funzioni psichiche che corrisponde ai quadri clinici delle psicosi, ossia delle forme di malattia mentale più gravi in senso psicopatologico[1], sono numerose, e ciascuna può considerarsi come un campo di ricerca indipendente e in continua espansione. Basti pensare a quanto sono cambiati e cresciuti di dimensione campi come la neurochimica e la genetica della schizofrenia e del disturbo bipolare, per rendersi conto di quanto sta accadendo nella ricerca.

L’ingenua supposizione di alterazioni prive di sostrato biologico e neuropatologico per nevrosi e psicosi, che ha dominato la cultura psichiatrica dello scorso secolo, ha ora ceduto il passo ad un vertiginoso procedere della ricerca che ha creato come un enorme cantiere in cui si seguono numerose tracce molecolari, cellulari e sistemiche, spesso frammentarie e solo raramente collegabili fra loro[2]. È ormai certo che quadri psicopatologici simili, se non addirittura identici, possono riconoscere cause diverse, sia in termini genetici che epigenetici, e che le influenze negative e positive dell’apprendimento non sono facilmente schematizzabili in termini di concause o fattori terapeutici. Se da un canto l’importanza dello stress nella genesi di un numero notevole e fino a qualche decennio fa impensabile di quadri clinici ha in parte costituito una traccia per l’identificazione di cause di “scompenso”, dall’altro ha introdotto una complicazione ulteriore, mostrando come lo stress possa agire nei modi più diversi, promuovendo in persone e personalità premorbose apparentemente simili, lo sviluppo di quadri psicopatologici, psiconeuroimmunologici e psicosomatici del tutto differenti.

Un’idea di alcuni importanti aspetti di questa straordinaria sfida si può sicuramente trarre dalla lettura delle recensioni di lavori recenti e di tutti gli altri scritti su questo argomento che compaiono sul nostro sito web. Si rimanda a queste letture per un’efficace introduzione ad uno studio condotto a New York da Ahmed I. Gilani e colleghi, i quali hanno seguito la traccia dell’iperattività ippocampale rilevata nelle psicosi per tentare una nuova via, che sicuramente farà discutere, ma difficilmente potrà essere ignorata.

Una funzione eccessiva dell’ippocampo rispetto agli standard fisiologici consente di prevedere con buona approssimazione la presenza di una psicosi, e tale eccesso di attività è stato posto in relazione con difetti cognitivi tipici della schizofrenia.

Su questa base, Gilani e colleghi hanno sperimentato nel topo trapianti di precursori di cellule inibitorie, per l’importanza che è stata attribuita gli interneuroni nella fisiopatologia psicotica, al fine di identificare eventuali legami fra questi neuroni e fenotipi ritenuti significativi nello studio delle psicosi. In particolare, il trapianto di precursori interneuronici è stato effettuato in ceppi murini mancanti della ciclina D2 (Ccnd2). I topi Ccnd2-null presentano un deficit di interneuroni GABAergici positivi alla parvalbumina (PV+), un’accresciuta attività di scarica da parte dei neuroni eccitatori dell’ippocampo, in vivo, ed un’accresciuta attività metabolica.

Nel complesso, dunque, un quadro di “disinibizione” ippocampale. Questo eccesso di attività per difetto di inibizione, si associa a difetti cognitivi rilevabili ai test comportamentali e ad un ben documentato eccesso di attività dopaminergica. Il trapianto nell’ippocampo adulto di progenitori neuronici derivati dall’eminenza gangliare mediale dell’embrione mitiga queste anomalie in modo rilevante.

Questo studio sembra, perciò, fornire un paradigma per la sperimentazione volta ad elucidare i meccanismi mediante i quali l’ipofunzione degli interneuroni della corteccia limbica può contribuire ai deficit cognitivi e alla de-regolazione dopaminergica tipici delle psicosi umane. La durevole efficacia dei trapianti supporta un razionale a fondamento di nuove terapie antipsicotiche che abbiano gli interneuroni GABAergici ippocampali come specifico bersaglio (Gilani A. I., et al. Interneuron precursor transplants in adult hippocampus reverse psychosis-relevant features in a mouse model of hippocampal disinhibition. Proceedings of the National Academy of Sciences USA – Epub ahead of print doi:10.1073/pnas.1316488111, 2014).

La provenienza degli autori dello studio è la seguente: New York State Psychiatric Institute, New York, NY (USA); Department of Biological Sciences, Columbia University, New York, NY (USA); Department of Psychiatry and Feil Family Brain and Mind Research Institute, Weill Cornell Medical College, New York, NY (USA); [edited by Gregory A. Petsko, Weill Cornell Medical College, New York, NY (USA)] .

Come si è già accennato in precedenza, un’ipotesi supportata da evidenze sperimentali ottenute in modelli murini, attribuisce l’alterazione funzionale dell’ippocampo descritta nella schizofrenia e prevalentemente espressa come iperattività, ad un difetto funzionale degli interneuroni inibitori GABAergici, che non sarebbero in grado di esercitare con la dovuta efficienza ed efficacia il controllo dei sistemi eccitatori e, particolarmente, dei neuroni glutammatergici[3]. Per verificare l’esistenza di un rapporto diretto fra il difetto funzionale degli interneuroni ippocampali e fenotipi neurocomportamentali rilevanti per lo studio delle psicosi, Ahmed I. Gilani e colleghi hanno impiegato il modello murino del cyclin D2 knockout mouse (Ccnd2-/-).

I topi Ccnd2-/- presentavano le seguenti caratteristiche: una riduzione degli interneuroni corticali positivi alla parvalbumina (PV+), maggiormente evidente nell’ippocampo, e associata a deficit nell’inibizione sinaptica, accresciuta attività - in termini di potenziali d’azione - dei neuroni di proiezione, ed aumentata attività metabolica basale nell’ippocampo, rilevata mediante risonanza magnetica funzionale (fMRI).

I topi Ccnd2-/- presentano vari fenotipi neurofisiologici e comportamentali coerenti con una condizione di disinibizione ippocampale, fra cui l’accresciuta attività delle popolazioni neuroniche rilascianti dopamina dell’area tegmentale ventrale (VTA), l’iper-responsività all’amfetamina e la compromissione delle prestazioni cognitive dipendenti dall’ippocampo. Tanto verificato, i ricercatori hanno proceduto al trapianto, nell’ippocampo caudoventrale, di precursori prelevati dall’eminenza gangliare mediale embrionale, cioè la principale sede di origine di interneuroni corticali. Il trapianto ha determinato la reversione di questi fenotipi rilevanti come modello della neurodisfunzione psicotica.

I neuroni sopravvissuti di questi trapianti sono per il 97% interneuroni inibitori GABAergici e sono risultati ampiamente distribuiti all’interno dell’ippocampo.

Alcuni dati di verifica funzionale risultano notevolmente convincenti: 6 mesi dopo i trapianti, l’attività metabolica dell’ippocampo misurata in vivo risultava ancora ridotta e, dunque, ai livelli fisiologici e lontana dall’incremento tipico del modello murino di psicosi. La memoria e l’apprendimento dipendenti dal contesto sono migliorati, l’attività delle popolazioni neuroniche dopaminergiche è divenuta normale, così come si è normalizzata la risposta all’amfetamina.

Nel complesso, i risultati emergenti da questo lavoro stabiliscono un evidente nesso funzionale fra il deficit funzionale degli interneuroni GABAergici ippocampali e i fenotipi dopaminergici e cognitivi rilevanti per le psicosi, e perciò forniscono un fondamento razionale per lo studio di strategie mirate alla funzione degli interneuroni della corteccia limbica per il trattamento della schizofrenia e di altre forme di psicosi caratterizzate da disinibizione ippocampale.

 

L’autrice della nota ringrazia il prof. Perrella, con il quale ha discusso l’argomento trattato, e la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza, e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Nicole Cardon

BM&L-10 maggio 2014

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

 

 

 



[1] Il concetto di gravità in senso psicopatologico può non coincidere con la stima di gravità nel giudizio medico complessivo: ad esempio, un quadro psicopatologico che si accompagna ad una malattia neurodegenerativa in rapida evoluzione fatale, e perciò con una prognosi infausta che condiziona un giudizio di gravità quoad vitam, può conservare facoltà ed abilità psichiche, che invece risultano compromesse nelle psicosi, il cui decorso può accompagnare una persona per tutta la vita senza ridurne, se ben curata, in modo significativo la sopravvivenza.

[2] Gli studi mediante brain imaging sono stati i primi a fornire evidenze inequivocabili che la schizofrenia è, in senso neuropatologico, una malattia del cervello. Studi funzionali hanno documentato anomalie cortico-limbiche costanti e caratteristiche nella schizofrenia e in quadri psicotici correlati. L’ipotesi della patogenesi dopaminergica della schizofrenia, che ha dominato il campo per 40 anni, è stata rivista, e si è attribuita maggiore importanza all’ipofunzione dei recettori NMDA (contribuiscono all’endofenotipo), ad alterazioni dei sistemi GABAergici, colinergici, di numerose molecole di trasduzione del segnale endocellulare (riduzione), di proteine strutturali e della glia.

[3] Si ricorda che sono state distinte due classi principali di neuroni eccitatori ippocampali: la prima adopera il glutammato, la seconda, l’acetilcolina (Note  e Notizie 01-12-12 Due tipi di neuroni ippocampali creano due flussi informativi paralleli).