Origine dei deficit di ERP uditivi nella sindrome di Rett

 

 

ROBERTO COLONNA

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XII – 10 maggio 2014.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

La sindrome descritta per la prima volta da Andreas Rett nel 1966, che si manifesta come un grave disturbo neuroevolutivo in bambine apparentemente sane alla nascita ed è causata da una perdita di funzione del fattore di trascrizione MeCP2, si considera un disturbo dello spettro dell’autismo associato al cromosoma X e caratterizzato da deficit dell’elaborazione dell’informazione sensoriale.

Studi recenti hanno ampiamente dimostrato la presenza di disfunzioni nell’elaborazione dell’informazione sensoriale come tratto fisiopatologico distintivo in molti disturbi neuropsichici, fra cui i quadri di patologia neuroevolutiva dello spettro dell’autismo, la sindrome di Rett - comunque la si voglia classificare - e le psicosi schizofreniche. L’alterazione del trattamento dei dati rilevati dagli organi di senso, da un canto può contribuire a spiegare la genesi di segni e sintomi, dall’altra può costituire una traccia per una migliore comprensione neuropatologica di questi quadri clinici: il deficit di elaborazione sensoriale potrebbe essere espressione di un difetto più elementare e perciò essere presente in forma più o meno evidente in tutto il processing centrale. L’analisi degli elementi che determinano il deficit, oltre a migliorare la conoscenza della fisiopatologia dei disturbi, potrebbe fornire tracce per riconoscerne l’esatta patogenesi.

Nel caso della sindrome di Rett, la sua natura di disturbo monogenico causato da mutazioni nel gene MeCP2, crea condizioni sperimentali favorevoli per questo genere di studi. In particolare, i modelli sperimentali della malattia, costituiti da ceppi murini con deficit di MeCP2, hanno presentato gli stessi difetti di elaborazione sensoriale della malattia umana e una simile propensione allo sviluppo di crisi epilettiche.

Darren Goffin e colleghi dell’Università della Pennsylvania sembrano aver identificato le cellule responsabili del difetto di elaborazione in neuroni inibitori del proencefalo, nei quali la perdita di MeCP2 causava deficit nei potenziali di campo locali ad evocazione uditiva e manifestazioni convulsive simili a quelle dei topi con deficit di MeCP2 (Goffin D., et al. Cellular origins of auditory event-related potential deficit in Rett syndrome. Nature Neuroscience  – Epub ahead of print doi: 10.1038/nn.3710, 2014).

La provenienza degli autori dello studio è la seguente: Department of Genetics, Perelman School of Medicine, University of Pennsylvania, Philadelphia, Pennsylvania (USA); Department of Psychiatry, Perelman School of Medicine, University of Pennsylvania, Philadelphia, Pennsylvania (USA); Department of Pharmacology, Perelman School of Medicine, University of Pennsylvania, Philadelphia, Pennsylvania (USA).

Per introdurre la sindrome di Rett, si cita qui di seguito una recente recensione di Nicole Cardon:

“La sindrome di Rett è un grave disturbo neuroevolutivo associato al cromosoma X, che colpisce bambine apparentemente normali alla nascita, manifestandosi fra i 6 e i 18 mesi, con una drammatica regressione evolutiva, caratterizzata dalla perdita delle abilità linguistiche e manuali acquisite. L’evoluzione è progressiva e, ai sintomi della fase iniziale, segue un evidente deficit cognitivo (definito impropriamente “ritardo mentale”), una compromissione del controllo motorio e lo sviluppo di movimenti ripetitivi delle mani, che possono contribuire a far pensare erroneamente ad un disturbo autistico. La prevalenza è complessivamente di 1 a 15.000, e sono stati descritti numerosi casi di ragazze che sono giunte all’età adulta. […]

La sindrome di Rett è, dunque, una malattia ereditaria legata al cromosoma X e causata da mutazioni nel gene MeCP2 (codificante la methyl CpG-binding protein 2), che in condizioni normali codifica un fattore di trascrizione che si lega nel DNA alle basi di citosina metilate, in tal modo regolando l’espressione genica e il rimodellamento della cromatina. È necessario possedere almeno una copia del gene per la sopravvivenza. Le forme mutanti di MeCP2 nei maschi, che hanno un solo cromosoma X e quindi mancano dell’allele sull’altro cromosoma che potrebbe in parte compensare il difetto, determinano lo sviluppo di una grave encefalopatia non compatibile con la vita e quindi causa di morte prenatale o neonatale.

Nel sesso femminile i cromosomi X sono due ma, come è noto, uno dei due è inattivato, cellula per cellula, secondo un criterio apparentemente casuale. Per tale ragione, le bambine affette da sindrome di Rett sono mosaici genetici con cellule provviste della proteina normale che, solo in parte, compensano quelle portatrici della proteina mutata”[1].

Sebbene la causa genetica della malattia di Rett sia così bene definita, non lo è altrettanto la patologia. Ad esempio, i difetti dendritici osservati sono stati di recente oggetto di ricerche che hanno portato ad ipotizzare un ruolo della glia e, in particolare, degli astrociti. Si è ipotizzato che le cellule astrocitarie o siano deficitarie nella secrezione di un fattore favorente la crescita dendritica o rilascino un fattore tossico per lo sviluppo di queste ramificazioni riceventi del neurone.

Darren Goffin e colleghi, usando modelli murini della sindrome, hanno accertato che la perdita di vasta scala di MeCP2 negli interneuroni GABAergici del proencefalo di topo, porta alle tipiche alterazioni deficitarie dei potenziali relati ad evento uditivi (aERP, da auditory event-related potentials). L’osservazione sperimentale ha anche consentito di rilevare l’equivalente delle manifestazioni convulsive causate dal deficit del fattore di trascrizione mutato nella malattia umana.

Per sottoporre a verifica sperimentale l’identificazione dei neuroni inibitori proencefalici quali sedi dei processi responsabili delle principali alterazioni, i ricercatori hanno ripristinato MeCP2 in specifiche classi di interneuroni GABAergici: il tentativo di compenso così effettuato ha dato esito positivo, determinando un rilevante miglioramento dei segni elettroencefalografici del deficit di elaborazione sensoriale e delle manifestazioni epilettiformi.

I risultati di questo studio, in attesa di approfondimenti e verifiche, forniscono una traccia che potrebbe essere seguita per l’identificazione dell’origine cellulare delle disfunzioni dell’elaborazione dell’informazione sensoriale in altre malattie neurologiche e psichiatriche.

 

L’autore della nota invita alla lettura delle numerose recensioni di studi sulla sindrome di Rett e, più in generale, di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Roberto Colonna

BM&L-10 maggio 2014

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

 



[1] Note e Notizie 22-03-14 La mecasermina nella sindrome di Rett.