Scoperto inatteso meccanismo dei neurosteroidi

 

 

NICOLE CARDON

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XII – 03 maggio 2014.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Il fascino dei neurosteroidi, come modulatori endogeni dell’attività cerebrale, consiste soprattutto nello spettro ampio e particolare di attività nelle quali intervengono: dagli effetti sul comportamento dei cicli estrale, mestruale e nictemerale, alla farmacologia sesso-specifica, soprattutto dei farmaci GABAergici, agli effetti indipendenti dal genere e sfruttabili nella terapia delle epilessie, dei traumi cranici, dei disturbi dello spettro dell’ansia e nelle sindromi depressive su base ansiosa. Le molecole sintetizzate all’interno del cervello e dette neurosteroidi, perché chimicamente costituite dal nucleo del ciclopentano-peridrofenantrene o sterano, base strutturale comune degli ormoni steroidi sessuali e corticosurrenalici, agiscono come ansiolitici, anticonvulsivi, e sedativi-ipnotici endogeni. Tali azioni sono principalmente ottenute grazie alla loro proprietà di potenziare l’inibizione tonica e fasica prodotta dalla neurotrasmissione mediata dall’interazione dell’acido γ-aminobutirrico (GABA)[1] con i suoi recettori di tipo A (GABAA o GABAAR). Sebbene i neurosteroidi siano ormai unanimemente considerati dei modulatori allosterici dei recettori GABAA, non si conosce molto altro in termini di proprietà fisiologiche e meccanismo d’azione che possa rendere conto dei molteplici aspetti del loro ruolo neurofunzionale.

Armen M. Abramian e colleghi hanno condotto uno studio i cui risultati consentono di comprendere come i neurosteroidi regolino l’espressione di membrana dei sub-tipi dei recettori GABAA extrasinaptici contenenti la subunità α4. È questo un risultato veramente significativo, perché definisce un inaspettato meccanismo molecolare mediante il quale gli steroidi del cervello producono cambiamenti di lunga durata nell’efficacia dell’inibizione tonica GABAergica. Una tale acquisizione motiva lo sviluppo di strategie farmacologiche finalizzate al controllo del numero di recettori GABAA sulla superficie cellulare, in modo tale da ristabilire l’inibizione tonica in malattie che sono associate con una ridotta espressione di recettori del GABA contenenti la subunità α: accrescendo in maniera efficace l’espressione dei recettori GABAA extrasinaptici, sarà possibile alleviare un’ampia gamma di disturbi neuropsichiatrici (Abramian A. M., et al. Neurosteroids promote phosphorylation and membrane insertion of exstrasynaptic GABAA receptors. Proceedings of the National Academy of Sciences USA – Epub ahead of print doi: 10.1073/pnas.1403285111, 2014).

La provenienza degli autori dello studio è la seguente: Department of Neuroscience, Tufts University School of Medicine, Boston, MA (USA); Department of Neuroscience, Physiology, and Pharmacology, University College London, London (UK); edited by Richard L. Hunganir, The Johns Hopkins University School of Medicine, Baltimore, MD (USA).

Prima di esporre in sintesi i contenuti del lavoro qui recensito, si propone una breve introduzione ai neurosteroidi per facilitare, anche da parte del lettore non specialista, la stima del valore del nuovo meccanismo accertato in rapporto alle principali nozioni acquisite e correntemente trasmesse con l’insegnamento.

Gli steroidi neuroattivi, comunemente indicati con il nome di neurosteroidi, sono molecole steroidee[2] in grado di determinare una rapida modificazione dell’eccitabilità neuronica mediante l’interazione con canali ionici associati ai neurotrasmettitori. Sono molecole costituite dal nucleo del ciclopentano-peridrofenantrene o sterano, comune a tutti gli ormoni steroidei, che si distinguono fra loro per la presenza di doppi legami, di sostituenti di atomi di idrogeno o di una catena carboniosa in posizione 17. La scoperta dei neurosteroidi ha modificato una nozione consolidata come un dogma della fisiologia, che riconosceva quattro sole sorgenti organiche di sintesi degli ormoni steroidi: testicolo, ovaio, corteccia surrenale e placenta. Infatti, oltre all’accumulo encefalico di molecole steroidee originate dal metabolismo gonadico e surrenalico, in particolare di testosterone, si verifica una ben documentata sintesi locale.

I neurosteroidi sono sintetizzati nel sistema nervoso centrale e periferico, specialmente nelle cellule gliali che producono mielina, ossia oligodendrociti e cellule di Schwann, a partire dal colesterolo o da altri precursori provenienti da fonti periferiche. Fra questi ultimi hanno particolare importanza i 3β-idrossi-∆5-derivati, come il pregnenolone (PREG) e il deidroepiandrosterone (DHEA), i loro solfati ed i metaboliti ridotti, quali il tetraidro-derivato del progesterone 3α-idrossi-5α-pregnan-20-one (3α,5α-THPROG).

In termini di meccanismo d’azione è bene documentata l’attività di modulatori allosterici del recettore GABAA, ma è stata provata tale azione anche per i recettori NMDA e sigma. Il progesterone, ormone fondamentale nella gravidanza, è considerato un neuro steroide che attiva i suoi recettori espressi nelle cellule gliali periferiche e centrali. Si è ipotizzato che gli steroidi 3α-idrossi-derivati del pregnano con anello A ridotto, allopregnanolone e tetraidro-deossicorticosterone, aumentino le correnti di cloruri mediate dal GABA, mentre il pregnenolone-solfato e il DHEA-solfato esercitino un’attività antagonistica dei recettori GABAA.

L’attenzione dei ricercatori sui neurosteroidi come modulatori dell’attività cerebrale, si è concentrata particolarmente sul rinforzo della funzione mediata dai recettori GABAA. Questo ruolo implica un’azione diretta sulle proteine recettrici di membrana, invece del classico meccanismo genomico mediato dai recettori citoplasmatici di alta affinità degli ormoni steroidi. Analoghi chimicamente ridotti dei derivati degli ormoni progesterone e corticosterone (analogo murino del cortisolo umano), somministrati ad animali ed esseri umani, esercitano effetti ansiolitici e sedativo-ipnotici. Su questa base fu sintetizzato uno steroide anestetico, poi lungamente sperimentato, l’alfaxolone[3].

Questi steroidi neuroattivi sono potenti modulatori della funzione GABAA in vitro (Olsen & Sieghart, 2008) e, in vivo, prodotti endogenamente, sono in grado di esercitare effetti rilevanti sulle funzioni cerebrali in molte circostanze fisiologiche e patologiche. L’entità e il rilievo di tali effetti, oggetto di intensi studi, sono in parte misurati direttamente, e in parte desunti indirettamente. Ha suscitato grande scalpore, ad esempio, la documentazione di vere e proprie sindromi da astinenza sviluppate in persone sottoposte a somministrazione cronica di steroidi. Sono stati documentati effetti di rapida induzione sul comportamento, effetti collegati alla produzione ciclica, particolarmente evidenti nel ciclo estrale degli animali, ma anche rilevabili nelle fluttuazioni dello stato del sistema nervoso centrale (evidenziate in termini di fenomenica comportamentale) legate ai cicli circadiani di produzione. I neurosteroidi sembrano essere i principali responsabili di quella che è stata chiamata gender-specific pharmacology, ossia differenze nei principali parametri farmacocinetici e farmacodinamici legati al sesso e particolarmente evidenti per le molecole di uso terapeutico che agiscono sui sistemi del GABA.

Come gli acidi barbiturici, gli steroidi neuroattivi agiscono rinforzando il legame agonistico al sito del GABA e modulano allostericamente il legame delle benzodiazepine e del t-butil biciclofosforotionato (TBPS); ancora, come per i barbiturici, alte concentrazioni di neurosteroidi attivano direttamente il canale del Cl- del recettore GABAA. Tali osservazioni portarono all’ipotesi che il sito di legame dei neurosteroidi fosse simile o addirittura coincidente con quello degli acidi barbiturici, ma numerose prove sperimentali hanno dimostrato che i siti per queste due classi di molecole non sono identici (Li, et al., 2006; Smith, 2003; Martin & Olsen, 2000)[4].

Dopo questa breve introduzione, al termine della quale ricordiamo ancora il ruolo di modulatori allosterici dei recettori GABAA, passiamo alla sperimentazione condotta da Armen M. Abramian e colleghi. Lo studio rivela che i neurosteroidi esercitano effetti protratti sull’inibizione GABAergica mediante il selettivo rinforzo del traffico dei recettori GABAA che mediano l’inibizione tonica. Il sottotipo di recettori implicati, che sono stati individuati quali molecole mediatrici dell’inibizione tonica in numerose regioni cerebrali, contengono subunità α4.

In proposito si ricorda che, allo stato attuale delle conoscenze, si descrive la struttura molecolare del complesso ionoforo recettoriale GABAA come una glicoproteina eteropentamerica di circa 275 kDa, composta da combinazioni di almeno 19 prodotti genici peptidici differenti, ma strettamente correlati. Le subunità sono tutte di circa 55 kDa ed hanno dal 20 al 30% di identità di sequenza fra le classi e all’incirca 70% di identità all’interno di una classe: α1-6, β1-3, γ1-3, δ, ε, θ, π, ρ1-3.

Abramian e colleghi hanno dimostrato che i neurosteroidi potenziano la fosforilazione protein chinasi C-dipendente di S443 all’interno delle subunità α4, una componente del sub-tipo di recettori GABAA che mediano l’inibizione tonica nel cervello. Questo processo accresce l’inserzione nella membrana di sotto-tipi recettoriali GABAA contenenti subunità α4, con la conseguenza di una drammatica, selettiva e sostenuta elevazione nell’efficacia dell’inibizione tonica.

Sulla base delle evidenze fornite da questo studio, si può dedurre che l’abilità dei neurosteroidi di modulare la fosforilazione e l’inserimento nella membrana dei recettori GABAA contenenti la subunità α4 potrebbe essere all’origine dei profondi effetti che queste molecole endogene di segnalazione hanno sull’eccitabilità neuronica e sul comportamento.

 

L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza, e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Nicole Cardon

BM&L-03 maggio 2014

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] Il GABA, scoperto da Roberts ed Awapara nel 1950, è il principale neurotrasmettitore inibitorio del sistema nervoso centrale dei mammiferi; le sue azioni sono mediate da due classi principali di recettori: i GABAA, che sono canali ionici del cloro e il principale sito molecolare dell’azione di molti neurofarmaci e psicofarmaci, e i GABAB, che sono accoppiati a proteine G e ad una varietà di effettori.

[2] Il primo ormone steroide, ossia l’estrone (detto anche follicolina), fu isolato nel 1929 quando la struttura del nucleo steroide non era stata ancora stabilita.

[3] I più noti neurosteroidi anestetici sono l’alfaxolone, alfadolone, l’idrossidione e il minaxolone. Il primo ad essere introdotto in anestesiologia fu l’idrossidione, ma era doloroso e irritante perché poco solubile in acqua; si giunse ad un compromesso con una miscela di alfaxolone e alfadolone (Althesin), ma si rivelò tossico per l’uomo ed è rimasto in uso in medicina veterinaria. Infine, il minaxolone, quasi tre volte più potente dell’Althesin, sembra sprovvisto degli effetti tossici di quest’ultimo (Cfr. G. Perrella, Appunti di Neurochimica, BM&L-Italia, Firenze 2006).

[4] Per le referenze complete si veda la bibliografia al termine del seguente capitolo monografico: Richard W. Olsen & Guo-Dong Li, “GABA”, pp. 367-376, in Brady, Siegel, Albers, Price (editors), Basic Neurochemistry, VIII Edition, Elsevier, AP, 2012.