Come le cellule di orientamento entorinali sono regolate da interneuroni PV

 

 

DIANE RICHMOND

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XII – 03 maggio 2014.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

La progressiva e straordinaria definizione nella corteccia entorinale di un sistema integrato con le mappe spaziali ippocampali, che è stato paragonato ad una bussola ma che, in quanto direttamente attivo, ci è sembrato più opportuno paragonare ad un pilota automatico, continua ad attrarre l’attenzione dei ricercatori e a stimolare quesiti ed ipotesi fisiologiche. Una questione, alla quale si sta tentando di dare spiegazioni teoriche per poter meglio definire i termini per una verifica sperimentale, è questa: la sintonia spaziale delle grid cells (“cellule a grata” o griglia) della corteccia entorinale mediale (MEC, da medial entorhinal cortex) richiede un controllo mediante un’inibizione spazialmente sintonizzata?

Modelli teorici creati su base matematica hanno suggerito una risposta affermativa a questo quesito, ma si attendeva una verifica sperimentale. La conoscenza della risposta a simili domande può avere importanti conseguenze per la comprensione dei principi che regolano un funzionamento che consente agli animali di orientarsi e dirigersi con sicurezza, efficienza e velocità, anche in ambienti sconosciuti. Buetfering, Allen e Monyer dell’Università di Heidelberg hanno posto in essere una rigorosa verifica sperimentale che ha fornito un risultato sorprendente (Buetfering C., et al. Parvalbumin interneurons provide grid cell-driven recurrent inhibition in the medial entorhinal cortex. Nature Neuroscience - Epub ahead of print doi: 10.1038/nn.3696, 2014).

La provenienza degli autori dello studio è la seguente: Department of Clinical Neurobiology at the Medical Faculty of Heidelberg University and German Cancer Research Center (DKFZ), Heidelberg (Germania).

Si ricorda che la scoperta delle grid cells diede una parziale ma importante risposta a due interrogativi che la comunità neuroscientifica si era posta fin dalla scoperta delle place cells (o “cellule di luogo”), identificate come la base neuronica di una mappa dell’ambiente esterno presente nell’ippocampo: come si forma questa mappa? Che tipo di informazione spaziale è veicolata dalle connessioni afferenti alle cellule di luogo? Vale la pena richiamare in estrema sintesi i dati salienti emersi da queste due tappe della ricerca, distanti 34 anni l’una dall’altra, che hanno gettato le basi per la comprensione di quella che il nostro presidente ha definito la “concettualizzazione operativa dello spazio esterno e della localizzazione dei ricordi”[1].

John O’Keefe e John Dostrovsky pubblicarono nel 1971 la scoperta, nell’ippocampo di ratto, di una mappa cognitiva dell’ambiente circostante l’animale[2]. La familiarità di un animale con un particolare ambiente risultava rappresentata nell’ippocampo dal pattern di accensione di particolari popolazioni di cellule piramidali presenti nelle regioni CA3 e CA1, alle quali si diede il nome di place cells. Una tale cellula di luogo si attiva quando un animale entra, in uno specifico ambiente, in una determinata area alla quale si è dato il nome di campo di luogo (place field). Quando un animale entra in un nuovo spazio-ambiente, entro pochi minuti si formano nuovi campi di luogo che rimangono stabili per periodi che vanno da settimane a mesi. In tal modo, si generano dei correlati funzionali della posizione dell’animale nello spazio. Se si registra l’attività elettrica di un gran numero di cellule di luogo, è possibile comprendere dalla lettura del profilo di attivazione in quale luogo fosse l’animale al momento della rilevazione. La corrispondenza fra cellule e luoghi, memorizzata e riattivata, funziona come una mappa interna, ma è anche un codice individuale dello spazio circostante, al quale possono essere associate varie altre memorie.

L’individuazione delle cellule di luogo da parte di O’Keefe e Dostrovsky fornì la prima evidenza di una rappresentazione neurale dell’ambiente che consente ad un animale di sfruttare gli automatismi di movimento per spostarsi in modo appropriato ed efficiente secondo memorie cognitive dello spazio[3]. L’esistenza di una mappa cognitiva dello spazio nel cervello era stata ipotizzata da vari studiosi dei processi cognitivi, il più noto dei quali è senz’altro Edward Tolman. Un aspetto concettualmente rilevante, per la comprensione della logica neurale di queste mappe dell’ambiente nell’ippocampo, è la differenza con la rappresentazione somatotopica del corpo nell’organizzazione dei sistemi sensoriali e motori, bene espressa dai due cosiddetti omuncoli di moto e di senso che riproducono nella corteccia cerebrale i territori periferici di tutto il corpo. Questo genere di rappresentazione ha il suo fulcro nell’individuo, ed è perciò detta egocentrica, al contrario, la mappa ippocampale dell’ambiente circostante individuata dalle place cells può considerarsi allocentrica o geocentrica, in quanto stabilita rispetto a un punto del mondo esterno.

Nel 2005 Edvard e May Britt-Moser, con i loro colleghi norvegesi, scoprirono che i neuroni della corteccia entorinale mediale, i cui assoni formano la via perforante all’ippocampo, mappano lo spazio in un modo radicalmente diverso da quello delle cellule di luogo. Invece di attivarsi quando un animale è in una specifica localizzazione, come le cellule di luogo dell’ippocampo, le cellule della corteccia entorinale, cui si è dato il nome di grid cells, si attivano ogni qualvolta l’animale è in una di varie posizioni regolarmente disposte nello spazio a formare una griglia a maglie triangolari. Questa griglia consente all’animale di assumere una posizione in uno spazio esterno definito da un sistema di coordinate similcartesiane, del tutto indipendente dal contesto, da elementi caratterizzanti il territorio o da contrassegni di qualsiasi genere.

Le grid cells generano nella corteccia entorinale mediale (MEC) precise rappresentazioni metriche spaziali. Recenti modelli di reti basati su attrattori suggeriscono che gli interneuroni GABAergici abbiano un ruolo essenziale nel consentire l’emergere del pattern di attività delle grid cells attraverso un’inibizione ricorrente, dipendente dalla fase delle stesse grid cells. Gli elementi cellulari con le maggiori probabilità di corrispondere al ruolo previsto dai modelli sono gli interneuroni esprimenti parvalbumina (PV+), ai quali è stato riconosciuto un profilo di attività compatibile con l’azione inibitoria ricorrente sulle cosiddette cellule a grata e su altre cellule direzionali. Buetfering e colleghi hanno studiato gli interneuroni PV+ nel topo, impiegando la metodica optogenetica e la registrazione per tetrodi. In tal modo hanno rilevato che queste cellule GABAergiche presentavano alte frequenze di scarica, bassa diffusione spaziale e nessuna periodicità spaziale.

L’esame della fisiologia di queste cellule inibitorie ha rivelato un profilo estremamente interessante, ma in netto contrasto con le previsioni basate sull’opinione corrente e su quanto tale opinione aveva estratto dai modelli di reti neuroniche. È risultato che gli interneuroni PV+ inibivano tutti i tipi cellulari della MEC, riconosciuti mediante identificazione funzionale, e la loro entrata in funzione sembrava avvenire preferenzialmente per effetto di reclutamento da parte delle grid cells.

L’analisi ha mostrato, con sorpresa dei ricercatori, che i singoli interneuroni PV+ ricevevano input dalle grid cells secondo varie fasi, cosa che molto probabilmente rende conto della rilevata attività di questi neuroni inibitori secondo una sintonia spaziale molto ampia.

Nel complesso, i dati emersi da questo studio depongono contro la nozione secondo cui gli interneuroni PV+ forniscono una inibizione ricorrente dipendente dalla fase e mettono in crisi i recenti modelli basati su attrattori dei sistemi di cellule a grata.

 

L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza, e invita alla lettura delle numerosissime recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Diane Richmond

BM&L-03 maggio 2014

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] Si rinvia alle numerose recensioni di studi di argomento connesso in cui sono state proposte sintesi concettuali dei risultati di queste ricerche. In varie relazioni non pubblicate, ma delle quali sono state redatte delle sintesi ad uso dei soci, si tratta del rapporto di questi sistemi neuronici, da un canto con le procedure motorie di esplorazione e fruizione finalizzata dello spazio, dall’altro con la memoria autobiografica nell’uomo. La locuzione tra virgolette è stata tratta da G. Perrella, La scoperta delle grid cells e le mappe cognitive delle place cells, p. 3, BM&L-Italia, Firenze 2005.

[2] Brain Res 34: 171-175, 1971.

[3] G. Perrella, op. cit., p. 2.