Le basi della creatività: nuovi esiti e riflessioni critiche

 

 

LORENZO L. BORGIA

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XII – 03 maggio 2014.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RASSEGNA E DISCUSSIONE]

 

(Quarta Parte)

 

Fin qui abbiamo considerato studi che indagano le basi della creatività o il profilo mentale e le prestazioni di persone ritenute creative secondo i criteri correnti, ora passiamo ad un altro filone di ricerca, quello che valuta metodi e mezzi per accrescere la creatività.

 

3. Migliorare le prestazioni in un compito o accrescere la capacità creativa? In questo genere di studi si impiegano esercizi o strategie per indurre nei volontari l’assunzione di un “atteggiamento creativo” o, come comunemente si dice, un creative mind-set. Una riflessione critica, rivolta soprattutto all’interpretazione prevalente dei risultati di questi lavori, ci fa notare che il miglioramento prestazionale in compiti particolari è spesso superficialmente identificato con uno sviluppo o una crescita della capacità creativa di una persona. In genere, non vi sono prove che il miglioramento nei compiti esercitati possa essere trasferito ad altri ambiti di esperienza o che il tipo di attività messa alla prova renda più creativa una persona; pertanto, si è scelto di presentare, sia pure in estrema sintesi, le procedure adoperate, il tipo di compiti e gli esiti, perché il lettore possa essere a conoscenza dei termini reali su cui sono stati basati giudizi e valutazioni, e formarsi una personale opinione.

Evangelia Chrysikou e colleghi, in uno studio del 2006, chiesero a studenti di college di proporre, in 15 minuti, sei usi alternativi per 12 oggetti di uso comune[1]. Non tutti riuscirono a completare l’esecuzione secondo la richiesta. Dopo questa prova, che aveva lo scopo di attivare una disposizione mentale favorevole alla creatività, gli studenti ricevettero la richiesta di soluzione di problemi pratici quali, ad esempio, fissare una candela ad una parete, in posizione verticale, usando una confezione di fiammiferi o una scatola di puntine da disegno (suggerimento: usare la scatola come piattaforma). Alcuni degli studenti videro un nesso fra i due compiti, altri no. Su questa base, i volontari furono ripartiti in due gruppi, ma questa differenza si rivelò poco significativa perché tutti ottennero risultati ugualmente positivi nella soluzione dei problemi pratici. Una differenza fu rilevata, invece, con gli studenti che non erano riusciti a completare la prova degli usi alternativi, perché questi ultimi fecero registrare risultati peggiori anche nella soluzione di problemi pratici.

Chrysikou conclude che il compito di indicare gli usi alternativi di 12 oggetti in un quarto d’ora ha “beneficiato i nostri soggetti più generalmente, mettendoli nel giusto stato della mente per un problem solving creativo”, come ha recentemente affermato[2].

Un altro modo per migliorare le prestazioni in compiti creativi si ritiene che consista nel lasciare la mente vagare o nel distrarsi deliberatamente. Uno dei primi studi di buon livello che ha valutato questa possibilità fu condotto da Ap Dijksterhuis e colleghi della Radboud University nel 2006. In questo lavoro, strutturato intorno al compito di inventare nuovi nomi per prodotti commerciali, furono posti a confronto due gruppi di volontari, uno sottoposto alla distrazione programmata di un altro compito, e l’altro lasciato lavorare in tranquillità e concentrazione in modo continuo. Ebbene, il gruppo “disturbato” dal compito distraente produsse il maggior numero di nomi originali. Il gruppo di Dijksterhuis, nel corso di studi successivi, dimostrò che l’elaborazione inconscia poteva detenere risposte a difficili problemi che richiedono un’estesa ricerca nelle conoscenze immagazzinate in precedenza[3].

Chrysikou commenta gli esiti di questi studi un po’ banalizzando: “Questi risultati suggeriscono che se sei bloccato su un difficile problema, è utile che ti prenda una pausa e faccia qualcosa d’altro”[4].

Si ritiene che un altro metodo per stimolare la creatività sia descrivere gli oggetti secondo un criterio insolito, ossia invece di caratterizzarli in base alla funzione, darne una rappresentazione verbale sulla base di elementi generici attinenti alle dimensioni, alla forma o alle materie che li costituiscono. Ad esempio: una locuzione come “un cilindro sottile lungo 14 centimetri di materiale plastico a punta conica”, per descrivere una penna; “un quadrato di 25 centimetri di lato di tessuto leggero orlato”, per riferirsi ad un fazzoletto; “un bastoncino lipidico percorso da una stringa infiammabile”, per indicare una candela. Tony McCaffrey della University of Massachusetts Amherst ha realizzato, secondo questo criterio, un addestramento che ha reso, gli studenti che vi hanno preso parte, molto abili in questo genere di descrizioni. In una fase successiva del training, McCaffrey ha indotto i partecipanti a chiedersi se le descrizioni facessero implicitamente riferimento a qualche uso e se fosse possibile scomporle ulteriormente. In uno studio condotto nel 2012 questi studenti, posti a confronto con altri che non avevano ricevuto l’addestramento, hanno fatto registrare una performance nel problem solving superiore del 67%. Una delle ragioni di questa rilevante superiorità sembra sia da ricercarsi nella capacità acquisita di individuare elementi del problema non espliciti ma necessari alla sua soluzione[5].

Rimandando alla lettura integrale dello studio per ulteriori dettagli, è lecito chiedersi perché questo lavoro, e molti altri simili, siano rubricati in quota alla ricerca sulla creatività e non a quella sull’intelligenza.

Per promuovere la creatività si è percorsa anche un’altra via, quella dell’esecuzione di compiti ordinari della vita quotidiana in un modo non comune o francamente bizzarro. L’ipotesi su cui si basa il metodo vuole che lo sconvolgimento di sequenze consolidate secondo memorie procedurali, e perciò non più analizzate coscientemente dal soggetto in condizioni ordinarie, possa generare una sensazione di novità che, oltre ad attrarre l’attenzione cosciente, stimolerebbe la produttività ideativa. Simone Ritter, della Radboud University come Ap Dijksterhuis, con un team di colleghi ha realizzato nel 2012 uno studio che ha fatto leva su tale possibilità. In particolare, si è chiesto a degli studenti di preparare un sandwich per la prima colazione con burro e cioccolata, secondo una tradizionale e diffusa abitudine olandese: metà dei volontari lo ha fatto in modo regolare; l’altra metà è stata indotta a seguire uno strano algoritmo, cioè un’insolita successione di passi. Subito dopo, a tutti gli studenti che avevano preparato i tramezzini, indipendentemente dal modo, sono stati dati due minuti di tempo per ideare usi per un mattone ed altri due minuti per generare il maggior numero di risposte possibili alla domanda: “What makes sound?”.

I partecipanti che erano stati indotti a preparare i tramezzini in modo insolito hanno prodotto il maggior numero di risposte diverse per tipo, in relazione al contenuto, e per questo motivo hanno ottenuto i punteggi più alti nelle stime di flessibilità cognitiva. Gli autori dello studio hanno teorizzato che la preparazione del sandwich secondo una successione non convenzionale ha violato le aspettative dei volontari, generando nella loro mente un assetto più incline alla creatività[6].

 

[continua]

 

L’autore della nota, che ringrazia il presidente della Società Nazionale di Neuroscienze con il quale ha studiato e discusso l’argomento trattato e dal quale ha ricevuto correzioni e integrazioni preziose, suggerisce la lettura di tutti gli scritti di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Lorenzo L. Borgia

BM&L-03 maggio 2014

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] Chrysikou E. G., et al. When Shoes Became Hammers: Goal-Derived Categorization Training Enhances Problem-Solving Performance. Journal of Experimental Psychology: Learning, Memory, and Cognition 32 (4): 935-942, 2006.

[2] Evangelia G. Chrysikou in Your fertile brain at work (“The mad science of creativity”) Scientific American Mind  23 (1), p. 90,  2014. Lo studio non consente di escludere che coloro che hanno avuto una prestazione inferiore nel primo compito, per gli stessi motivi, possano aver avuto una prestazione inferiore anche nel secondo. È curioso che la Chrysikou consideri il difetto di prestazione nel primo compito alla stregua di una mancata somministrazione di una prova che, a suo avviso, avrebbe dovuto in ogni caso avere un’influenza positiva sulla soluzione dei problemi pratici.

[3] Cfr. Dijksterhuis A., et al., Science 311 (5763): 1005-1007, 2006; Dijksterhuis A. & Meurs T., Conscious Cogn. 15 (1): 135-146, 2006; Zhong C. B., Dijksterhuis A., Galinsky A. D., Psychol Sci. 19 (9): 912-918, 2008.

[4] Evangelia G. Chrysikou (2014), op. cit., p. 92.

[5] McCaffrey T., Innovation relies on the obscure: a key to overcoming the classical problem of functional fixedness. Psychol Sci. 23 (3): 215-218, 2012.

 

[6] In alternativa, si può supporre che la procedura insolita abbia agito semplicemente come uno stimolo che ha determinato un miglioramento aspecifico delle prestazioni. Per togliersi il dubbio si sarebbe potuto procedere mettendo a confronto gli effetti di vari tipi di stimolo aspecifico (impegnarsi in un gioco, ascoltare storielle divertenti, compiere atti motori che ossigenano il cervello, assistere a sequenze di immagini attraenti di persone e paesaggi, vedere un cartone animato comico, ecc.) con la procedura insolita, cui si attribuisce potere di stimolo della creatività.