Le basi della creatività nuovi esiti e riflessioni critiche
LORENZO L. BORGIA
NOTE
E NOTIZIE - Anno XII – 26 aprile 2014.
Testi pubblicati sul sito
www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind
& Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a
fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta
settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in
corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli
oggetti di studio dei soci componenti lo staff
dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo:
RASSEGNA E DISCUSSIONE]
(Terza Parte)
Allora, se teniamo conto di tutti questi elementi che pongono seriamente in dubbio l’identificazione di una ridotta funzione dei lobi frontali con il sostrato neurale che consente l’origine di nuove idee, come si spiegano i reperti di ridotta attività di questa regione associata a processi convenzionalmente considerati creativi? Un’ipotesi viene da Giuseppe Perrella. Molti dei quadri di attivazione tipici della corteccia dei lobi frontali sono in realtà correlati neurofunzionali di processi di elaborazione della percezione o di altri contenuti mentali collegabili alla relazione con il mondo esterno o con processi simbolici che la implicano; una riduzione di questo impegno fisiologico, potrebbe consentire una migliore elaborazione di contenuti già presenti nell’encefalo e sottoposti ad un trattamento funzionale automatico e involontario, così da costituire una sorta di “latenza intuitiva”. L’emergere di nuove idee coinciderebbe, dunque, con l’accesso alla coscienza di contenuti non coscienti, in un modo particolare: cioè organizzati secondo gli esiti dei processi inconsci. In altri termini, secondo Giuseppe Perrella, nel passare dalla condizione non cosciente a quella cosciente, i contenuti mentali, ordinariamente, sono configurati secondo l’organizzazione più frequente e caratteristica dei processi coscienti e sono influenzati dalle priorità contingenti dell’esperienza consapevole del soggetto. In tal modo, dei contenuti già organizzati concettualmente in virtù dell’elaborazione automatica, rischiano di perdere la propria originalità e la propria logica, in luogo di quella già predisposta nella coscienza[1]. La presunta ipofrontalità non sarebbe altro che una riduzione dei processi che, portando a ricalcare schemi di elaborazione cosciente consolidati, come quelli di interpretazione della percezione e di conferimento di senso razionale all’esperienza in rapporto alla circostanza, altererebbero la struttura del contenuto emergente alla coscienza, cancellandone la qualità originale[2].
A questo punto della discussione non si può non tornare su cosa si intende per creatività e processo creativo, perché è necessario capire se ciò che viene indicato con queste parole esista realmente come oggetto e, pertanto, possa avere una sua autonoma base neurale, o non esista soltanto nel nostro giudizio interpretativo. Il nodo cruciale della questione è messo a fuoco in modo semplice e diretto da questo esempio: “Se riteniamo creativo ciò che ci appare nuovo o diverso, perché consideriamo la diversità un valore, allora questa genesi di diversità potrà facilmente interpretarsi come creatività. Un disegno che riproduce un oggetto può essere sbagliato in qualche parte e, proprio quegli errori dovuti a scarsa abilità dell’esecutore, possono conferire un aspetto originale al risultato. È questa creatività?”[3].
Se giudichiamo creativo un effetto casuale, il cui valore dipende dal quadro culturale, concettuale e di gusto estetico entro cui si formula il giudizio, difficilmente potremo individuarne un correlato neurofunzionale specifico cui attribuire un ruolo causale. Se, invece, seguendo il modo di intendere della nostra scuola neuroscientifica, consideriamo processo creativo un’attività mentale che implica elaborazione, valutazioni, ricerca di soluzioni, decisioni ed ottenimento di un risultato in vista di un obiettivo intenzionale[4], è più probabile che si riescano ad individuare processi neurali alla base di questi atti mentali. Ma, così intendendo il processo creativo, ci si deve attendere una considerevole attività dei sistemi del lobo frontale come correlato neurofunzionale.
In realtà, una tale concezione non considera, obbligatoriamente, la genesi di nuove idee come una prima tappa intuitiva, automatica e involontaria del processo creativo: può verificarsi questo caso, ma può anche darsi che nuove idee derivino dall’elaborazione cognitiva cosciente. In ogni caso, comunque giunga alla coscienza un contenuto mentale, sia emergendo dall’inconscio, sia per induzione, deduzione o altri processi logico-cognitivi, sia per comunicazione da altre fonti, è innegabile che il suo senso e il suo valore debbano essere riconosciuti. Questa questione rimanda alla funzione dell’intelligenza: “Il ruolo dell’intelligenza nel processo creativo è bene illustrato dal riconoscimento del valore di un’idea che può sorgere anche da spontanea intuizione, ossia emergere alla coscienza come effetto di processi non coscienti. Nel film di Milos Forman, Amadeus, questo aspetto è reso molto bene nella scena in cui Mozart detta a Salieri la sua musica e questi, nello scrivere una sequenza creativa, dice di non aver capito. L’autore rende con grande efficacia, grazie al realismo della recitazione, un concetto molto stimolante: se l’idea fosse venuta a Salieri, l’avrebbe scartata, perché non l’avrebbe compresa e riconosciuta nel suo valore artistico”[5].
Un certo numero di ricercatori, sia pure con diversi modi di intendere la creatività, riconosce importanza ai processi di valutazione delle opzioni e di attuazione di piani per la realizzazione di un obiettivo, magari concepito intuitivamente. Nella schematizzazione operativa e didattica della materia si è trovato un accordo generale nel riconoscere a questi processi il ruolo di secondo stadio del processo creativo, al quale si è attribuita l’etichetta di “controllo del pensiero”.
2. Controllo del Pensiero. Per “controllo del pensiero” si intende un processo di valutazione che costituisce il secondo stadio dell’elaborazione creativa e richiede uno stato mentale in cui il filtro cognitivo della corteccia prefrontale è attivo, anziché disattivato come si ritiene che sia nel primo stadio.
Se si attribuisce un valore a questa gestione intelligente di quanto emerge alla coscienza o viene registrato, le persone creative potrebbero essere quelle capaci più di altre di regolare il sistema cognitivo di controllo in funzione delle richieste specifiche in una data situazione, incrementandone o riducendone l’attività. Questa abilità potrebbe essere ricondotta al concetto di flessibilità cognitiva.
Alcuni esiti della ricerca sembrano in linea con questa visione. Uno studio del 2010, condotto da Darya Zabelina e Michael Robinson presso la North Dakota State University, riconosceva una maggiore flessibilità nel controllo cognitivo alle persone giudicate creative. I due ricercatori avevano innanzitutto valutato la creatività di 50 studenti volontari, usando test standard di concezione tradizionale (carta e matita), poi hanno misurato le loro capacità di controllo cognitivo mediante il “compito di Stroop”. In questa prova viene fornita una lista di parole denominanti colori (rosso, blu, verde, giallo, viola, ecc.) ciascuna delle quali è scritta con inchiostro colorato che, in genere, non corrisponde al colore indicato dal vocabolo: ad esempio, la parola rosso è scritta in blu, o la parola giallo è scritta in verde. La richiesta del compito è dichiarare il colore che si vede, senza farsi influenzare dal significato della parola, dicendo, ad esempio: “Blu”, alla vista della parola rosso scritta in blu. La prova è intesa a valutare con quale grado di efficienza una persona è in grado di filtrare le informazioni irrilevanti per concentrarsi su quelle importanti: un’abilità caratterizzante il controllo cognitivo. Nello studio di Zabelina e Robinson sia gli studenti creativi che quelli non creativi eseguirono complessivamente molto bene le prove, ma quando si passava da combinazioni corrispondenti a combinazioni contrastanti (es.: dalla parola rosso scritta in rosso alla parola rosso scritta in blu) le prestazioni dei volontari creativi erano decisamente migliori. Una tale flessibilità potrebbe supportare sia la capacità di generare nuove idee, sia l’abilità di realizzarle in modo efficace.
L’anno successivo, nel 2011, Kalina Christoff e colleghi dell’Università della British Columbia hanno provato a studiare il cervello durante il controllo cognitivo di un processo creativo. A tal fine hanno chiesto a studenti della Emily Carr University of Art & Design di Vancouver di creare illustrazioni per copertine di libri su uno speciale tablet da disegno, mentre erano in uno scanner di risonanza magnetica funzionale. Si chiedeva agli studenti di buttare giù rapidamente degli schizzi o abbozzi grafici delle idee per circa 30 secondi, e poi si chiedeva loro, nei 20 secondi successivi, di verificare e valutare quanto avevano prodotto.
Le scansioni mostravano la corteccia prefrontale, insieme con altre regioni cerebrali, maggiormente e particolarmente impegnata durante i 20 secondi di controllo e verifica dei bozzetti. Su questa base si è desunto che la rete di controllo esecutivo che normalmente filtra i dati ed esercita un freno sul comportamento è particolarmente attiva nella fase di valutazione del processo creativo.
[continua]
L’autore della nota, che
ringrazia il presidente della Società Nazionale di Neuroscienze con il quale ha
studiato e discusso l’argomento trattato e dal quale ha ricevuto correzioni e
integrazioni preziose, suggerisce la lettura di tutti gli scritti di argomento
connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il
motore interno nella pagina “CERCA”).
[1] Perrella ipotizza che nella maggior parte dei casi l’elaborazione automatica non cosciente sia grossolanamente associativa e, perciò, si giovi, nell’accesso al sistema logico-razionale caratteristico dell’elaborazione cosciente, come di un modellamento ulteriore che conferisce senso. Perciò, nella maggior parte dei casi, le elaborazioni automatiche inconsapevoli, nel divenire coscienti, acquisiscono un profilo logico o razionale che non possedevano. In proposito, Perrella cita un esempio: “Alcune persone, come quelle che soffrono di stati di eccitazione, hanno una produzione automatica sovrabbondante, che continuamente affiora alla coscienza accedendo ai sistemi di codifica linguistica in uscita, ossia ai processi che generano la parola, obbligando queste persone a continue razionalizzazioni ed adattamenti creativi per giustificare e rendere logici, prima a se stessi e poi agli altri, dei contenuti concettuali emergenti anche per semplice assonanza evocativa”. [Giuseppe Perrella, Introduzione al lavoro del Gruppo di Studio sulla Creatività, p. 8. (relazione tenuta il primo marzo 2014). BM&L-Italia, Firenze 2014]. In queste persone, la prevalenza di processi associativi che possono produrre effetti di novità, obbligherebbe i sistemi neuronici frontali ad una continuo lavoro organizzativo e, pertanto, la loro creatività non sarebbe dovuta ad ipofrontalità ma ad una primaria sovrabbondanza di processi produttivi grezzi che determinerebbero il verso dell’ideazione. L’organizzazione razionale, verosimilmente frontale, in questi casi non precede o accompagna, ma segue la produzione associativa (Cfr. G. Perrella, op. cit.).
[2] Cfr. Giuseppe Perrella, Introduzione al lavoro del Gruppo di Studio sulla Creatività, p. 5. (relazione tenuta il primo marzo 2014). BM&L-Italia, Firenze 2014.
[3] Giuseppe Perrella, op. cit., p. 9.
[4] Giuseppe Perrella, op. cit., p. 10.
[5] Giuseppe Perrella, op. cit., p. 13.