Le basi della creatività: nuovi esiti e riflessioni critiche
LORENZO L. BORGIA
NOTE
E NOTIZIE - Anno XII – 12 aprile 2014.
Testi pubblicati sul sito
www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind
& Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a
fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta
settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in
corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli
oggetti di studio dei soci componenti lo staff
dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo:
RASSEGNA E DISCUSSIONE]
(Seconda Parte)
È stato osservato che pazienti affetti da degenerazione fronto-temporale o da altre patologie cerebrali caratterizzate da perdita di integrità delle reti neurali del lobo frontale, accanto a gravi deficit nella regolazione dei propri pensieri e delle proprie azioni, a volte presentano una spontanea creatività musicale o nel campo delle arti figurative[1].
Sulla base di simili osservazioni, nel 2009 la neuroscienziata Sharon Thompson-Schill e i suoi colleghi dell’Università della Pennsylvania, ipotizzarono che l’ispirazione creativa richieda un ridotto controllo cognitivo, ossia minori restrizioni dei pensieri e del comportamento. La Thompson-Schill nel 2011, collaborando con Evangelia G. Chrysikou, psicologa dell’Università del Kansas che insegna “neuroscienze cognitive e cognizione creativa”, ha condotto uno studio in cui si mostravano a dei volontari, mentre si registrava la funzione del loro encefalo, immagini di cose e oggetti della vita quotidiana, e si chiedeva loro di indicarne l’impiego comune accanto a possibilità di uso non convenzionale. Ad esempio, l’immagine di un fazzolettino di carta poteva essere commentata indicando l’uso comune per soffiarsi il naso e l’uso “creativo” come imbottitura per un imballaggio. I partecipanti che erano in grado di indicare usi non frequenti, presentavano un’attività minima nel lobo frontale e un’accresciuta attività neuronica in regioni corticali posteriori importanti per le abilità visuospaziali. Al contrario, durante l’indicazione dell’uso comune, si registrava una notevole attività prefrontale e segni attenuati di funzione nelle aree parietali e temporo-occipitali.
Questo rilievo è stato interpretato come una conferma decisiva della necessità di un’attenuata funzione della corteccia prefrontale, o più genericamente dei lobi frontali, perché si abbia produzione di nuove idee.
A questa interpretazione si ricollegano anche gli esperimenti con nuove metodiche che consentono di accentuare o indebolire per interferenza l’attività elettrica di aree cerebrali, basandosi in parte sui principi e sull’esperienza derivante dalla stimolazione magnetica transcranica (TMS, da transcranial magnetic stimulation). La metodica, chiamata transcranial direct-current stimulation (tDCS), dirige piccoli flussi di corrente elettrica, attraverso una coppia di elettrodi opportunamente collocati sulla superficie del cranio, determinando un aumento o una riduzione dell’attività spontanea di aree circoscritte della corteccia cerebrale sottostante, in corrispondenza del flusso erogato. Con questa metodica, Allan W. Snyder e colleghi del “Center for the Mind” di Sidney, nel 2011 hanno interferito con l’abilità di risolvere dei piccoli quesiti di aritmetica, presentati mediante la disposizione di sequenze di fiammiferi, con i quali si proponeva, ad esempio, una relazione sbagliata da correggere, del tipo: III = IX - I (erronea); III = IV - I (corretta). I quesiti iniziali potevano essere risolti tutti con la stessa strategia, mentre gli ultimi due richiedevano un approccio diverso. Il gruppo di ricerca di Snyder aveva concepito l’esperimento sulla base della convinzione che l’emisfero destro promuova le abilità creative, e dunque favorisca anche l’approccio diverso degli ultimi due quesiti, mentre l’emisfero sinistro condizioni negativamente tali funzioni[2]. Per tale motivo i ricercatori hanno depresso l’attività della corteccia frontale di sinistra e stimolato quella di destra. Questo pattern ha determinato un miglioramento nella soluzione degli ultimi due quesiti, consentendo un livello medio più elevato di prestazione nei volontari, anche nel confronto con i partecipanti ai quali è stata erogata solo una finta stimolazione.
Sulla base di questo risultato, nel 2013 Sharon Thompson-Schill, Evangelia G. Chrysikou e colleghi hanno impiegato la tDCS per sottoporre a verifica l’ipotesi dell’ipofrontalità nella genesi di nuove idee, con il correttivo dell’asimmetria degli antimeri. In questa sperimentazione è stata inibita l’attività neurale nella corteccia prefrontale di sinistra di volontari, mentre questi proponevano un uso comune o non comune di oggetti presentati come immagini su uno schermo (secondo il paradigma dello studio del 2011 descritto in precedenza). Queste persone hanno concepito un numero maggiore di usi non comuni degli oggetti, rispetto a quelli ai quali era stata erogata una corrente inibitoria in corrispondenza della corteccia prefrontale di destra e a quelli sottoposti a finta stimolazione[3]. Su questa base si è ritenuto che bloccare il filtro negativo della corteccia prefrontale (lobo frontale), in particolare dell’emisfero sinistro, possa favorire lo sviluppo di nuove idee e, conseguentemente, della creatività.
Considerati questi elementi a favore dell’ipotesi dell’ipofrontalità, proviamo a delineare, in breve, alcune fra le obiezioni che sono state sollevate e le principali difficoltà che si incontrano nell’accettazione di questa tesi.
A proposito del presunto effetto di stimolo sulle abilità creative della perdita patologica dei neuroni dei sistemi frontali, come nella degenerazione fronto-temporale, si deve osservare che si tratta di osservazioni rare e non bene documentate. Non è stata mai descritta in queste persone, in genere provate da un rapido impoverimento delle risorse cognitive e mentali in genere, durante la malattia, magari caratterizzandone una fase, una manifestazione convincente di sensibilità, interesse ed abilità, come nascita di un nuovo talento per la pittura, per la musica o per la poesia. Nella massima parte dei casi si assiste allo sviluppo rapido e grave di un impoverimento generale delle funzioni intellettive e della gamma affettivo-emozionale connessa, associato ad alterazioni del comportamento e ad una grave compromissione della capacità di giudizio. La creatività musicale e nelle arti figurative di cui si parla, sembra più il suggestivo emergere di processi marginali e secondari che, nella perdita del sostrato necessario alla funzioni principali connesse con la personalità e l’organizzazione temporale del pensiero e dell’azione, prendono campo, inducendo la persona ad assecondare ed elaborare maggiormente ciò che attiene alla semplicità percettiva di immagini e suoni. Nei pochi casi in cui questo effetto si produce, sembra manifestarsi più secondo una qualità recettiva che nei termini propositivi della generatività implicita nella creatività[4].
Consideriamo, ora, l’assunto secondo il quale la creatività richiederebbe un allentamento del controllo cognitivo, che porrebbe restrizioni in grado di precludere la genesi di nuove idee.
Nella sua sostanza, oltre ad apparire ragionevole e conforme con numerose esperienze e conoscenze al riguardo - basti pensare agli innumerevoli aneddoti di concezioni creative sviluppate in sogno, al risveglio o, come accadeva ad Edison, fra un pisolino diurno e l’altro - l’emersione di nuove idee favorita da un allentamento delle maglie del funzionamento cosciente consueto e legato a contenuti abituali, può considerarsi un’interpretazione corrente di una nozione culturale di consolidata tradizione. Che ciò avvenga o debba avvenire attraverso un danno o una pausa funzionale delle strutture del lobo frontale e non sia, in condizioni fisiologiche, la conseguenza di un appropriato ed equilibrato alternarsi della prevalenza funzionale di aree dettata dalle necessità, deve ancora essere provato[5].
Il tagliare con l’accetta dei lobi la compartimentazione funzionale cerebrale, laddove realmente esista, rimane un errore ormai anacronistico alla luce delle conoscenze attuali. D’altra parte, se l’eliminazione dell’influenza del lobo frontale sulle funzioni cognitive dovute al complessivo e generale concorrere dei “sistemi globali” (nel senso inteso da Edelman), fosse necessaria e sufficiente a sviluppare creatività, la leucotomia prefrontale di Moniz, più comunemente assimilata al sinistro intervento psicochirurgico di lobotomia, avrebbe creato artisti e geni, invece di produrre danni biologici e morali, determinando nelle persone operate la perdita di volontà, identità e iniziativa[6]. Infine, il moderno studio dei sistemi neuronici della corteccia prefrontale umana e degli altri mammiferi[7] ha rivelato dettagliate specificità funzionali che fanno apparire generico e scarsamente significativo il concetto di ipofrontalità.
[continua]
L’autore della nota, che
ringrazia il presidente della Società Nazionale di Neuroscienze con il quale ha
studiato e discusso l’argomento trattato e dal quale ha ricevuto correzioni e
integrazioni preziose, suggerisce la lettura di tutti gli scritti di argomento
connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il
motore interno nella pagina “CERCA”).
[1] Di recente queste osservazioni sono state riportate da Evangelia G. Chrysikou in Your fertile brain at work (“The mad science of creativity”) Scientific American Mind 23 (1), p. 88, 2014; un’illustrazione più estesa e approfondita di questa prospettiva si trova in Shelley Carson, The Unleashed Mind, alla pagina 28 dello stesso fascicolo.
[2] In gran parte questa convinzione origina da un’interpretazione un po’ semplificante di risultati ottenuti dallo studio, ormai storico, di pazienti con cervello diviso da parte del team guidato da Michael Gazzaniga e prevalentemente costituito in seno alla scuola del Premio Nobel Roger Sperry.
[3] Chrysikou E. G., et al. Noninvasive Transcranial Direct
Current Stimulation over the Left Prefrontal Cortex Facilitates Cognitive
Flexibility in Tool Use. Cognitive
Neuroscience 4 (2): 81-82, 2013.
[4] Giuseppe Perrella: comunicazione personale.
[5] Cfr. Giuseppe Perrella, Introduzione al lavoro del Gruppo di Studio sulla Creatività, p. 3. (relazione tenuta il primo marzo 2014). BM&L-Italia, Firenze 2014.
[6] Cfr. Giuseppe Perrella, Introduzione al lavoro del Gruppo di Studio sulla Creatività, p. 4. (relazione tenuta il primo marzo 2014). BM&L-Italia, Firenze 2014.
[7] Si
veda Joaquin Fuster, Prefrontal Cortex.
Academic Press, Elsevier
(Intern. edition) 2008.