Individuato il mediatore del tempo del sonno in “WIDE AWAKE”
NICOLE CARDON
NOTE
E NOTIZIE - Anno XII – 29 marzo 2014.
Testi pubblicati sul sito
www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind
& Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a
fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta
settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in
corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli
oggetti di studio dei soci componenti lo staff
dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo:
RECENSIONE]
Quei ritmi biologici che Franz Halberg definì circadiani, dal latino circa diem, ossia “intorno al giorno”, e il cui studio ha dato origine alla cronobiologia[1], sono per noi argomento di costante interesse, come si può rilevare dalle numerose recensioni di lavori pubblicate, e di riflessione su quanto si conosce e quanto ancora si ignora di questo straordinario aspetto temporale della vita naturale[2].
Un nutrito team, costituito da quindici ricercatori provenienti da quattro istituzioni universitarie statunitensi di grandi e confermate tradizioni, riporta di aver identificato in WAKE la molecola che media l’insorgenza circadiana del sonno (Liu S., et al., WIDE AWAKE Mediates the Circadian Timing of Sleep Onset. Neuron – Epub ahead of print doi: 10.1016/j.neuron.2014.01.040, 2014).
La provenienza degli autori dello
studio è la seguente: Department of Neurology, Department of Neuroscience,
Department of Biological Chemistry, Johns Hopkins University, Baltimore (USA);
Department of Neuroscience and the Farber Institute for Neurosciences, Thomas
Jefferson University, Philadelphia (USA); Neuroscience Research Institute and
Department of Molecular, Cellular & Developmental Biology, University of
California, Santa Barbara, Santa Barbara (USA); Howard Hughes Medical
Institute, Department of Neuroscience, University of Pennsylvania, Philadelphia
(USA).
Il modo migliore, per consentire di entrare in argomento anche a coloro che non sono esperti del campo, mi è sembrato riportare il seguente brano tratto da una recente relazione di Giuseppe Perrella:
“Il fascino dell’alternarsi del sonno e della veglia negli animali e dei cicli diurni dei movimenti delle foglie nelle piante, sta nel valore di segno indelebile che la realtà fisica della luce, ed astrofisica della rotazione della terra nel sistema solare, ha impresso nel corpo e nelle cellule delle creature animali, degli organismi vegetali e, in altro modo, in tutto il mondo biologico. Si dorme col buio e ci si desta con la luce, grazie alla ciclica produzione di fattori di trascrizione nucleari che consentono la genesi del ritmo nell’orologio biologico centrale del nucleo soprachiasmatico dell’ipotalamo, e all’indispensabile sincronizzazione di questo sistema con la realtà fisica del giorno e della notte.
In tutte le specie animali studiate è evidente come la periodicità del sonno sia dettata dalla rotazione della terra, i cui effetti si manifestano attraverso fenomeni che l’alta cultura ha definito con un suggestivo termine tedesco: Zeitgebers. Segni, tracce indicative della fase temporale in corso nel presente di quel minuscolo granello di universo che è il nostro pianeta: il principale Zeitgeber è il quotidiano sorgere del sole, dal quale derivano tutti i segni percepibili, diretti e indiretti, della radiazione luminosa, e gli effetti secondari dovuti alle risposte del mondo alla condizione diurna, quali i rumori, che vanno da quelli prodotti dalle attività degli animali negli ambienti naturali al caotico frastuono delle città più popolose, attive e trafficate.
In antico, e fino a quando la questione è divenuta oggetto di studio delle scienze naturali, si credeva che tutte le differenze di comportamento fra il giorno e la notte, osservate negli esseri viventi, fossero conseguenza del sorgere e del tramontare del sole. Fu un astronomo svizzero, Jean-Jacques d’Ortous de Mairan, che nel 1729 per la prima volta osservò e documentò la conservazione, in piante tenute al buio, di un movimento delle foglie secondo una quotidiana periodicità diurna. Idealmente, si può far risalire a quella data l’inizio dello studio scientifico dei ritmi circadiani ma, per la prima documentazione biochimica e fisiologica di una ciclicità indipendente dalla luce e dal mondo nell’organismo umano, si deve arrivare a non molti decenni fa, quando si sono compiuti i primi esperimenti con volontari isolati in grotte o in stanze di laboratorio schermate dalla luce ed isolate acusticamente ed olfattivamente dal mondo circostante.
In quegli esperimenti, spesso protratti per oltre un mese, i volontari erano privi, oltre che degli effetti della radiazione luminosa sul cervello attraverso la retina, anche di ogni sistema attivo o passivo che fornisse Zeitgebers: orologi, apparecchi radio o televisivi, computer, calendari, telefoni e qualsiasi altro mezzo dal quale derivare evidenze o indizi sul Welt-Zeit, ossia sul “tempo del mondo”, secondo la denominazione introdotta in psichiatria dai fenomenologi. Dovendo fare affidamento unicamente sui segni provenienti dal proprio corpo e sulle proprie razionalizzazioni, i volontari mantenevano il ciclo sonno-veglia naturale per molti giorni ma, progressivamente, la durata dei periodi interni, senza gli stimoli esterni di sincronizzazione, si andava allungando, fino a giungere spesso ad un giorno biologico di 25/26 ore, anziché 24. In questi esperimenti è stato possibile valutare parametri esclusivamente umani, oltre a quelli già studiati negli animali, complessivamente accertando che molti processi fisiologici seguono un andamento con un massimo e un minimo circadiano: il rilascio degli ormoni, con la tipica ciclicità del cortisolo, la temperatura corporea, la funzione renale, ma anche vari processi psichici. Il livello complessivo di vigilanza, le caratteristiche dell’attenzione e della concentrazione, il grado di efficienza cognitiva misurato dalle prestazioni nella risoluzione di problemi matematici, seguono tutti un andamento con una quotidiana ricorrenza dell’optimum e del minimum. […]
Negli orologi biologici che controllano i ritmi circadiani si possono riconoscere varie componenti, altamente conservate nella filogenesi e, pertanto, omologhe o addirittura identiche in specie tanto lontane quanto il moscerino e il topo: un complesso insieme di proteine, fattori di trascrizione, fosfatasi e molecole regolatrici. Gli studi più recenti hanno individuato, nel nucleo soprachiasmatico dell’ipotalamo, così come in altri organi, l’essenza molecolare dell’orologio nel funzionamento di una coppia di “anelli ciclici” o loop a feedback trascrizionali: il primo forma il nucleo del meccanismo circadiano, mentre il secondo forma un loop modulatorio che stabilizza il ritmo. […, segue la descrizione dei meccanismi molecolari noti, NdA].
Nonostante una conoscenza così dettagliata di meccanismi molecolari, ancora non è chiaro il modo in cui l’orologio circadiano regoli la temporizzazione del sonno”[3].
Proprio per cercare di comprendere come ciò avvenga, è stato realizzato lo studio di Liu e colleghi.
I ricercatori hanno identificato un mutante di Drosophila melanogaster, wide awake (wake), che presenta un marcato ritardo dell’insorgere normale del sonno all’imbrunire, tipico della specie naturale. La perdita di WAKE nei grandi neuroni ventrolaterali, un set dei neuroni del nucleo soprachiasmatico promuoventi lo stato vigile della veglia, compromette il naturale inizio del sonno.
In proposito, ricordiamo che il nucleo soprachiasmatico dell’ipotalamo, sede dell’orologio biologico principale (master clock), è suddiviso in una parte parvocellulare dorsomediale con neuroni immunoreattivi all’arginin-vasopressina, ed una parte magnocellulare ventrolaterale con neuroni immunoreattivi al peptide vasoattivo intestinale (VIP). Quest’ultima parte, caratterizzata come indica la denominazione da neuroni di grandi dimensioni, riceve fibre dalla retina, dal corpo genicolato laterale e dal nucleo del rafe, ed opera come un rilevatore di luminanza, rispondendo all’apparire della luce e alla sua scomparsa, con un tasso di attivazione neuronica che varia, momento per momento, in proporzione all’intensità luminosa dell’ambiente.
La verifica sperimentale ha consentito a Liu e colleghi di accertare che il ciclo dei livelli di WAKE, che presentano il loro picco all’avvicinarsi del crepuscolo, e l’espressione di WAKE nei grandi neuroni ventrolaterali, sono dipendenti da Clock.
Sorprendentemente, i ricercatori hanno rilevato che anche i mutanti Clock e cycle presentavano un estremo ritardo nella comparsa del sonno nella fase fisiologica attesa; tale alterazione poteva essere compensata ristabilendo l’espressione di WAKE nei grandi neuroni ventrolaterali, con la conseguenza di riportare ad un’insorgenza del sonno al crepuscolo.
WAKE interagisce con un particolare sottotipo di recettore del neurotrasmettitore inibitorio acido γ-aminobutirrico o GABA, il recettore GABAA resistente alla dieldrina, o RDL (receptor Resistant to Dieldrin). In questa interazione, WAKE regola verso l’alto i livelli del recettore del GABA e ne promuove la specifica localizzazione presso la membrana plasmatica. La sperimentazione ha dimostrato che, nel mutante wake di Drosophila, i grandi neuroni ventrolaterali presentano una ridotta sensibilità al GABA e la loro eccitabilità è notevolmente accresciuta nelle fasi corrispondenti alle condizioni di scarsa illuminazione del crepuscolo.
Dal complesso dei dati emersi dallo studio, i ricercatori deducono che WAKE agisce come una molecola di uscita dell’orologio biologico, specificamente per il sonno, inibendo i grandi neuroni ventrolaterali con l’oscurità che sopraggiunge al calar della sera, per promuovere la transizione dal vegliare al dormire.
L’autrice della nota ringrazia la
dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e suggerisce la
lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE
E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).
[1] Che studia tutti i fenomeni ritmici da quelli infradiani a quelli ultradiani, quali i ritmi circamensili, circannuali, eccetera, a cui sono legati fenomeni della fisiologia, della patologia, della psicologia e della psicopatologia umana (psicosi periodiche, disturbo affettivo stagionale, ecc.).
[2] I soci conoscono il breve scritto di Richmond, Cardon e Perrella, Guida ai meccanismi molecolari dei ritmi circadiani (BM&L, Firenze 2012).
[3] G. Perrella, Presentazione del Gruppo di Studi tematico su “Il sonno come ritmo circadiano” (relazione tenuta il primo marzo 2014), pp. 2-5, BM&L-Italia, Firenze 2014.