Identificato un nodo di controllo motorio nel midollo spinale
DIANE RICHMOND & GIOVANNI ROSSI
NOTE
E NOTIZIE - Anno XII – 22 marzo 2014.
Testi pubblicati sul sito
www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind
& Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a
fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta
settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in
corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli
oggetti di studio dei soci componenti lo staff
dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo:
RECENSIONE]
La capacità di movimento è una proprietà ed un elemento distintivo della vita animale, la cui importanza per la nostra specie fu resa in modo estremamente efficace da Sherrington, il grande pioniere della neurofisiologia del movimento: “Muovere cose è tutto ciò che l’umanità può fare, per la qual cosa il solo esecutore è il muscolo, sia che si sussurri una sillaba sia che si abbatta una foresta”[1].
Cominciando da una rappresentazione interna, corrispondente allo scopo del movimento, le aree motorie dell’encefalo e del midollo spinale generano schemi di attività che, attraverso i nervi, determinano la contrazione di circa 640 muscoli scheletrici secondo una gamma impressionante di combinazioni, necessarie per consentirci di sorridere, ridere, piangere, ammiccare, parlare, cantare, respirare, prendere, afferrare, lanciare, camminare, correre, saltare, nuotare, e tante altre cose in tanti modi diversi. La massima parte di ciò che costituisce la nostra esperienza motoria non è cosciente, per questo è difficile rendersi conto della complessità dell’architettura funzionale necessaria. Il semplice mantenersi nella stazione eretta, per esempio, richiede continui aggiustamenti di numerosi muscoli posturali, in risposta ai segnali vestibolari evocati da minuscole oscillazioni: tali aggiustamenti implicano l’esecuzione di schemi integrati di controllo cerebellare e cortico-basale. Funzioni locomotorie, come correre e saltare, richiedono invece l’azione combinata di generatori centrali di configurazione, informazione sensoriale controllata e comandi discendenti che, insieme, generano i patterns complessi che alternano eccitazione e inibizione nei gruppi muscolari appropriati.
Anche gli atti più semplici si avvalgono del feedback sensoriale per poter essere modellati o perfezionati nel corso dell’esecuzione, e in alcuni casi l’aiuto dell’informazione proveniente dai recettori periferici è particolarmente evidente: si pensi ad azioni come arrampicarsi lungo un sentiero sconnesso e accidentato o cercare a tastoni un oggetto al buio. Eppure, in alcuni casi è evidente che una sequenza motoria preordinata, per la sua rapidità di esecuzione in blocco, non potrebbe essere corretta dal ritorno sensoriale: è il caso del “servizio”, con il quale si avvia il gioco nella pallavolo o nel tennis, delle successioni di movimenti delle dita su uno strumento musicale o su una tastiera di computer. In questi casi il cervelletto, in rapporto con altri centri, fornisce i suoi “modelli predittivi” che simulano le conseguenze dei comandi in uscita e consentono correzioni di brevissima latenza.
L’anatomia descrittiva e la fisiologia essenziale dei sistemi di neuroni alla base dei nostri atti motori e di quelli degli altri mammiferi, sono così dettagliatamente definite e da tanto tempo note, da farci dimenticare che conosciamo solo le basi dei movimenti elementari ed abbiamo un’idea generica ed approssimativa del modo in cui sono generate e controllate le innumerevoli varianti dei repertori motori che caratterizzano un comportamento tanto ricco e vario quanto quello umano.
Attualmente si ritiene che la vasta gamma dei comportamenti possibili, sostanzialmente posta in esecuzione mediante le vie discendenti dalla corteccia, sia codificata nel sistema nervoso centrale di un animale come un ampio insieme di patterns di attivazione dei motoneuroni, ai quali si dà anche il nome di sinergie motorie (motor synergies). Le specifiche popolazioni neuroniche che orchestrano questi programmi, le loro proprietà cellulari e la loro connettività sono ancora scarsamente conosciute e, pertanto, sono oggetto di intensi studi.
Ariel J. Levine e colleghi del Salk Institute hanno identificato, in una sede profonda del corno dorsale del midollo spinale di topo, una popolazione di interneuroni che riceve segnalazioni sia dalle vie sensoriali ascendenti del nevrasse, sia dai tratti motori discendenti dalla corteccia cerebrale. Il dispositivo anatomo-fisiologico che si configura, consente a questa popolazione di esercitare un controllo sui programmi esecutivi in uscita nel midollo spinale (Levine A. J., et al., Identification of a cellular node for motor control pathways. Nature Neuroscience – Epub ahead of print doi: 10.1038/nn.3675, 2014).
La provenienza degli autori dello studio è la seguente: Gene Expression Laboratory, Salk Institute for Biological Studies, La Jolla, California (USA); Howard Hughes Medical Institute, Salk Institute for Biological Studies, La Jolla, California (USA).
Per consentire anche al lettore non specialista di apprezzare il valore degli esiti di questo studio si propongono, qui di seguito, alcune nozioni introduttive alla neurofisiologia del movimento.
I sistemi motori sono organizzati secondo una gerarchia funzionale, costituita da vari livelli di elaborazione, ciascuno dei quali è responsabile di un tipo di decisioni. Il livello più alto, che si ritiene implichi l’intervento della corteccia prefrontale, elabora un concetto astratto come il proposito del movimento. Subito dopo, si riconosce un livello al quale si decide e si compone il piano motorio delle azioni finalizzate, grazie ad interazioni fra la corteccia parietale posteriore e la corteccia premotoria. Si ritiene che la corteccia premotoria specifichi le caratteristiche spaziali di un movimento, basandosi sulle informazioni relative all’ambiente e alla posizione del corpo nello spazio, prevalentemente fornite dalla corteccia parietale posteriore. Il livello più basso della gerarchia coordina i dettagli spazio-temporali delle contrazioni muscolari necessarie all’esecuzione del movimento pianificato, mediante interazioni della corteccia motoria primaria con il tronco encefalico e il midollo spinale.
Questa descrizione seriale dei livelli di integrazione è efficace per l’analisi delle distinte componenti neurofisiologiche del movimento ma, come ha spesso osservato il nostro presidente, rischia di allontanare dalla realtà in cui la maggior parte dei processi si svolge in parallelo. Proprio questo aspetto è colto dallo studio in termini di configurazioni di attivazione dei motoneuroni detti sinergie motorie. La varietà e la complessità degli schemi funzionali in uscita aumenta lungo la linea evolutiva che va dai mammiferi più semplici all’uomo, pur conservando gli stessi paradigmi; pertanto, la comprensione al livello cellulare del modo in cui si attuano questi processi, può consentire di decifrare la base neurale essenziale per giungere alla conoscenza degli eventi direttamente responsabili del modo in cui eseguiamo le nostre intenzioni e interagiamo con l’ambiente materiale e relazionale.
Nella nostra specie, con il crescere di importanza delle componenti acquisite, legate alle grandi capacità di apprendimento motorio, si ha anche una gamma più vasta di schemi e configurazioni, che giungono fino a caratterizzare individualmente lo stile motorio e comportamentale di una persona. L’ambizione di decifrare in termini di linguaggio la codificazione dei processi che caratterizzano atteggiamenti e comportamenti alla base dello stile inconfondibile di ciascuno di noi, tanto da creare un modello da sottoporre a verifica mediante una realizzazione robotica, è ancora lontana dalla portata delle nostre conoscenze, ma l’individuazione delle popolazioni neuroniche che mediano gli schemi di base nel topo potrebbe essere il primo passo per questo percorso[2].
Ariel Levine e colleghi hanno identificato nel midollo spinale murino una popolazione cellulare, definita in termini molecolari, di neuroni codificatori di sinergia motoria o motor synergy encoder (MSE), che può costituire un nodo centrale nelle vie neurali sia per i movimenti volontari che per gli schemi di risposta riflessa. Come si è già accennato, i ricercatori hanno accertato che questa popolazione neuronica del corno dorsale del midollo spinale riceve impulsi diretti dalla corteccia motoria e dalle vie sensoriali ma, soprattutto, è caratterizzata da un output monosinaptico diretto ai motoneuroni del corno ventrale.
La stimolazione ottica di questi neuroni MSE induceva patterns affidabili di attività in vari gruppi di cellule nervose motorie, e i ricercatori hanno rilevato che le configurazioni motorie variavano sulla base della localizzazione rostro-caudale delle cellule MSE stimolate.
Dal complesso dei dati ottenuti, per il cui dettaglio si rimanda alla lettura integrale del testo del lavoro originale, Levine e colleghi ipotizzano che questi neuroni includono una rete cellulare per la codifica coordinata di programmi di output motorio.
La verifica da parte di altri ricercatori e la prosecuzione delle indagini per caratterizzare meglio questa popolazione neuronica e la sua fisiologia, sono necessarie ma, verosimilmente, si sta inaugurando un nuovo filone di studi nel campo delle basi del movimento. L’importanza della definizione del ruolo di queste nuove popolazioni funzionali di cellule nervose, appare con evidenza se si pensa che, eccetto le risposte riflesse, il comando motorio dei muscoli si genera attraverso trasformazioni sensomotorie a più livelli, con un certo grado di libertà fra l’astratta rappresentazione di un atto finalizzato, tipica del più alto livello corticale, e la pratica effettuazione neuromotoria. Una rappresentazione astratta capace di guidare differenti effettori, garantisce una flessibilità e una gamma di adattamento straordinaria, secondo una proprietà definita equivalenza motoria. Ad esempio, possiamo chiedere ad una persona di scrivere una frase con la mano destra, con la sinistra, tenendo la penna con i denti o, addirittura, con le dita dei piedi: la differenza sarà solo nella qualità dell’esecuzione grafica, ma lo stesso scopo sarà stato perseguito con effettori motori diversi. Ecco, proprio cosa accomuna e cosa distingue i patterns che guidano questi effettori motori diversi, potrà essere chiarito da questi nuovi studi.
Gli autori della nota, che
ringraziano il professor Giuseppe Perrella per la consulenza e la dottoressa
Isabella Floriani per la correzione della bozza, suggeriscono la lettura delle
recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE”
del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).
[1] Sherrington nella “Linacre lecture”
del 1924 (tr. it.: Isabella Floriani), citato in J. C. Eccles & W. C.
Gibson (editors), Sherrington: His
Life and Thought, p. 59, Springer-Verlag, New York 1979, ripreso in Kandel,
Schwartz, Jessell, Siegelbaum, Hudspeth (editors),
Principles of Neural Science, p.739, McGraw
Hill, 2013.
[2] Cfr. G. Perrella, Le basi neurofunzionali del movimento e delle azioni come paradigma di organizzazione del sistema nervoso centrale. BM&L-Italia, Firenze 2010 (relazione all’incontro con il gruppo strutturale della Società dedicato allo studio delle basi neurali del movimento); ma tutta la discussione sui sistemi motori si è ampiamente rifatta a nozioni e tesi esposte dal nostro presidente nel corso degli anni.