Creatività geniale o abilità esercitata?
LORENZO L. BORGIA
NOTE
E NOTIZIE - Anno XII – 22 marzo 2014.
Testi pubblicati sul sito
www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind
& Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a
fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta
settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in
corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli
oggetti di studio dei soci componenti lo staff
dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo:
AGGIORNAMENTO]
(Terza
ed Ultima Parte)
Gli studenti ai quali era stato chiesto di esercitarsi nello scrivere sull’importanza della scienza nella propria vita, rispetto a quelli che avevano fatto semplici riassunti, fecero registrare gradi più elevati di miglioramento nelle prestazioni e, soprattutto, un alto livello di motivazione specifica. In altri termini, l’esercizio che aveva fatto crescere la consapevolezza di quanto sia importante la scienza, ne aveva accresciuto il valore nella considerazione individuale, determinando un aumento della motivazione, con la conseguenza di una migliore performance.
3. Sensazione di competenza ed appartenenza del compito. Una delle modalità più note per influire autonomamente e stabilmente su uno stato affettivo è l’esercizio cognitivo-strumentale. E’ esperienza comune agli studenti di tutto il mondo che dedicare con profitto molto tempo allo studio, ripetendo e consolidando le nozioni ed i concetti utili ad eseguire esercizi e risolvere problemi, riduce l’ansia, conferisce sicurezza e migliora l’umore, rendendo più ottimisti in generale, e non solo per ciò che concerne il risultato delle prove d’esame. Una delle ragioni alla base del circolo vizioso che porta alcuni studenti a non riuscire in matematica è che questa disciplina richiede l’applicazione costante di un intelletto non turbato da preoccupazioni: studiare poco o male, costringe al recupero che comporta l’ansia derivante dalla fretta ed accresciuta ad ogni ostacolo di comprensione che rallenta la corsa. Non sono pochi gli studenti che, dopo aver fatto esperienza di uno studio tempestivo, magari supportato da un tutor in grado di aumentare la responsabilità e l’efficienza, riducendo l’ansia derivante dal timore di non capire e cadere nella tentazione di rinunciare, non solo hanno amato la matematica, ma vi hanno fatto ricorso per ritrovare serenità in momenti di turbamento. In altri termini, un’esperienza che appariva potenzialmente scompensante è poi divenuta adattante: ossia ha acquisito il ruolo di strumento in grado di contribuire all’equilibrio psicoadattativo di una persona.
La padronanza non solo della matematica, come paradigma di scienza astratta, ma anche della maggior parte delle discipline di studio e delle attività svolte come lavoro, conferisce competenza. L’interpretazione dei risultati di vari studi ha portato a ritenere che la sensazione di competenza costituisca un altro elemento in grado di accrescere la motivazione e, in tal modo, sostenere quell’esercizio che rende, se non perfetti, superiori alla media per prestazioni e suscettibili di corrispondere alla figura di persona straordinaria nel suo genere, che merita uno di quegli appellativi che non si lesinano nel mondo dell’informazione: campione, guru, mito, mago, divo, genio, leggenda, eccetera.
Il concetto di appartenenza del compito attiene senz’altro ad un tipo particolare di investimento, che può considerarsi nell’ordine di quelli prossimi all’identità stessa della persona. Per questa ragione, non dovrebbe meravigliare che noi lo si accosti alla percezione di autonomia nella scelta dell’oggetto di interesse; infatti, sia la convinzione di scelta autonoma sia la sensazione di appartenenza del compito attengono ad una condizione particolare di funzionamento psichico in cui può verificarsi un investimento di tipo identitario.
Anche se a nostro avviso l’acquisizione di conoscenza che fonda la sensazione di competenza dovrebbe considerarsi parte di un’esperienza psicologica più complessa, la chiave di lettura prevalentemente adottata negli studi psicologici più recenti è quella del rapporto competenza/motivazione.
Uno studio, durato due anni e volto ad indagare l’impegno e le attitudini atletiche di 882 studenti, fu pubblicato nel 2006 da psicologi dell’Università Democrito della Tracia e dell’Università della Tessaglia, in Grecia. I ricercatori rilevarono un forte legame fra la sensazione di essere abili e il desiderio di seguire una carriera sportiva. Il collegamento era confermato in entrambe le direzioni: la pratica accresceva la probabilità che lo studente si ritenesse competente, e la presenza di un senso di competenza efficacemente consentiva di prevedere il futuro impegno in una specialità dell’atletica.
I risultati di questo studio hanno trovato numerosi riscontri ed equivalenze negli esiti di lavori sperimentali simili, ma condotti campo delle discipline accademiche e della musica.
Carol S. Dweck e colleghi della Stanford University, in California, hanno dedicato vari studi alla comprensione della psicologia della competenza. La Dweck ritiene che l’acquisizione di competenza, in ultima analisi, derivi dal riconoscimento degli elementi realmente necessari per diventare preparati, esperti in un campo o specializzati in un compito. La psicologa di Stanford basa la sua convinzione su un rilievo pressoché costante: coloro che attribuiscono il merito di una riuscita più a talenti innati che al duro lavoro, quando si trovano di fronte ad un ostacolo che li impegna più del dovuto, più facilmente desistono, si scoraggiano ed abbandonano una scuola, un percorso di formazione, un addestramento, una gara o la reiterazione di una performance. Costoro razionalizzano la rinuncia assumendo che la richiesta superi le loro capacità e possibilità. Al contrario, coloro che credono nell’impegno e nello sforzo di miglioramento come via obbligata per riuscire ed eccellere, tendono a perseverare conseguendo spesso buoni risultati.
In conclusione, la tendenza prevalente in questa fase della ricerca sul genio e la creatività, sembra sposare la tesi dell’abilità esercitata come elemento fondamentale, riconducendo ai processi generatori di motivazione le ragioni principali dell’eccellenza. È tuttavia facile prevedere che le altre tesi in campo, con gli altri filoni tradizionali di questi studi, riprenderanno presto il loro posto nell’attualità sperimentale, proponendo alla nostra riflessione nuovi dati, nuovi temi e nuovi problemi.
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