Confini geometrici nel cervello in corso di sviluppo
ROBERTO COLONNA
NOTE
E NOTIZIE - Anno XII – 22 marzo 2014.
Testi pubblicati sul sito
www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind
& Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a
fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta
settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in
corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli
oggetti di studio dei soci componenti lo staff
dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo:
RECENSIONE]
La rappresentazione dello spazio circostante un animale, la presenza nel cervello di una sorta di bussola neurale e lo sviluppo di vere proprie mappe cognitive dei luoghi in rapporto con posizioni e spostamenti direzionali, sono argomenti seguiti sempre con interesse da molti membri della nostra società scientifica. Sebbene sia un’ardua impresa il monitoraggio di tutta la ricerca svolta in questo campo in tutto il mondo, attraverso periodici journal clubs, i gruppi di studio interessati a questi argomenti propongono aggiornamenti con una certa frequenza.
Lo spazio locale è rappresentato da una gamma di tipi di neuroni funzionalmente specifici, quali le “cellule di luogo”, o place cells dell’ippocampo, e le popolazioni della corteccia entorinale mediale che comprendono le grid cells, le head direction cells e le border cells. Queste cellule formano una mappa dello spazio funzionale esterno già all’epoca in cui i piccoli di ratto lasciano la tana per la prima volta nella vita, all’incirca all’età di 2,5 settimane. Ma, mentre le place cells hanno campi di accensione di tipo adulto fin dall’inizio, le grid cells presentano campi irregolari e variabili fino alla quarta settimana, sollevando dubbi circa il loro contributo all’attivazione delle place cells nell’età giovanile.
Un nuovo
studio condotto da Edvard Moser con May-Britt Moser e Tale Bjerknes ha affrontato
questo problema (Bjerknes T. L., et al., Representation of Geometric
Borders in the Developing Rat. Neuron – Epub ahead of print doi: 10.1016/j.neuron.2014.02.014,
2014).
La provenienza degli autori dello studio è la seguente: Kavli Institute for Systems Neuroscience, Norwegian University of Science and Technology, Trondheim, (Norvegia).
Attualmente si ritiene che i mammiferi dispongano di un’articolata rete di tipi funzionali diversi di neuroni, che consente loro l’orientamento automatico e la perlustrazione dello spazio. Alcuni anni fa in proposito scrivevo: “Lo studio delle basi neurobiologiche della capacità degli animali di dominare uno spazio esplorandolo, orientandosi, ripartendolo in parti con significati diversi, gestendolo in funzione della propria posizione e di quella di elementi ambientali rilevanti, ha consentito di individuare un sistema composito con sede nell’ippocampo e nella corteccia entorinale che, attraverso la straordinaria organizzazione di place cells, grid cells, head direction cells e border cells, definisce la mappa cognitiva dell’ambiente e le operazioni di base per la gestione dei comportamenti adeguati allo spazio ed alla circostanza”[1].
Proprio Edvard Moser, con May-Britt Moser e altri colleghi, aveva comunicato la scoperta delle border cells che, previste sulla base di modelli computerizzati quale tipo cellulare in grado di rilevare specificamente i confini dell’ambiente in cui è posto un animale, andava a completare il quadro delle popolazioni neuroniche specializzate nelle funzioni che consentono una fruizione ottimale dell’ambiente esterno. La professoressa Nicole Cardon nella recensione del lavoro notava:
“Per cercare di stabilire con precisione
l’origine dell’attività di queste cellule e, in particolare, se questa dipendesse
dalle pareti della recinzione o da altre tracce ambientali, i ricercatori hanno
modificato in vario modo il formato delle pareti. Accrescendo la lunghezza del
perimetro verso nord, sud, est od ovest, aumentavano le dimensioni del campo di
scarica dei neuroni identificati, e i campi erano localizzati in corrispondenza
della lunghezza delle pareti.
Allora Moser e colleghi hanno introdotto una
nuova parete, parallela ad una del perimetro, nel mezzo dello spazio
circoscritto a disposizione dei roditori. Questo nuovo limite spaziale ha
prodotto la comparsa nelle “border cells” di un nuovo campo di scarica.
I risultati fin qui riportati non consentono
di attribuire al comportamento di questi neuroni la definizione funzionale di
“cellule del confine”, infatti potrebbero rispondere specificamente a strutture
conformate come piani verticali, ossia muri, pareti o, in generale, ostacoli
insormontabili. Per verificare questa possibilità, i ricercatori hanno rimosso
le pareti e trasferito su un tavolo il riquadro costituente il territorio
artificiale dei ratti: il rilievo dell’attività elettrica dei neuroni studiati
ha conservato lo stesso profilo, indicando che le risposte non sono legate alla
presenza di barriere verticali, ma a ciò che corrisponde al nostro concetto di limite
spaziale.
Ulteriori verifiche hanno permesso di
confermare il profilo fisiologico di questi neuroni. Infatti, spostando le
pareti in altre camere o modificandone la configurazione da quadrangolare a
circolare, non si rilevava un cambiamento nei campi di scarica e l’estensione
di ciascun campo copriva un’area di proporzioni simili, indipendentemente dalla
forma delle pareti.
I ricercatori, traendo le conclusioni
dall’insieme dei risultati ottenuti, ipotizzano che i neuroni da loro scoperti
possano avere un ruolo nel pianificare traiettorie e nell’ancorare i campi
delle grid cells e delle place cells ad una cornice geometrica di
riferimento”[2].
In questo nuovo studio, i ricercatori del Kavli Institute hanno registrato l’attività elettrica dei neuroni della corteccia entorinale mediale di ratti giovani, in tal modo accertando che, a differenza delle grid cells, le border cells esprimono campi di attivazione, simili a quelli registrabili nell’adulto, fin dai primi giorni di esposizione ad un ambiente costituito da uno spazio aperto, ossia intorno ai giorni 16°-18° dalla nascita. Le grid cells maturano più lentamente delle border cells che possono svolgere un ruolo in un’epoca abbastanza precoce dello sviluppo post-natale.
Da tutto quanto emerso da questa sperimentazione, per i cui dettagli si rimanda alla lettura del testo integrale del lavoro originale, si desume che segnali spaziali provenienti dalle border cells possono essere sufficienti a mantenere attivazioni spazialmente localizzate nelle place cells ippocampali giovanili.
L’autore della nota invita alla lettura
delle numerose recensioni di argomento connesso che, nel loro insieme,
costituiscono un piccolo sussidio monografico allo studio dell’argomento. Si
veda nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno
nella pagina “CERCA”).
[1] Note
e Notizie 14-02-09 La scoperta delle border
cells; si veda anche: Note e Notizie
21-11-09 Grid e place cells in un ambiente compartimentato. Un elenco di
nostre recensioni su questo argomento si trova in Note e Notizie 16-10-10 Immagini in vivo di place cells dell’ippocampo durante l’esplorazione di uno spazio virtuale.
Un’altra nota (Note e Notizie 13-03-10
Evidenze per grid cells umane)
contiene un elenco con collegamenti a note precedenti su questo argomento.
Negli anni seguenti sono state pubblicate altre interessanti recensioni - che
si invita a leggere cercandole fra le “NOTE E NOTIZIE” - fra le quali si
ricorda “Note e Notizie 10-09-11
Esperienza dello spazio a fondamento dei luoghi della memoria autobiografica”.
[2] Note e Notizie 14-02-09 La scoperta delle border cells.