Chiarito un meccanismo patogenetico della malattia di Huntington

 

 

NICOLE CARDON

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XII – 08 marzo 2014.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

La malattia di Huntington, prevalentemente espressa come un disturbo ipercinetico del movimento opposto complementare della malattia di Parkinson, è una patologia neurodegenerativa ad esito infausto, causata da una estesa sequenza poliglutamminica in corrispondenza dell’estremo N-terminale della proteina Huntingtina (HTT). Lo studio della fisiopatologia del danno volto alla comprensione dei processi patogenetici, ha rivelato elevati livelli di citochine e microglia reattiva nel cervello delle persone affette, ma non è noto quanto i processi neuroinfiammatori derivino da meccanismi estrinseci o autonomi dalla cellula nella microglia. Per cercare di definire questo aspetto, un team di 10 ricercatori, fra i quali notiamo Fred Gage, Elena Cattaneo e Chiara Zuccato, ha impiegato un approccio genetico esteso all’intero genoma, rilevando che l’espressione autonoma dalla cellula della Huntingtina mutante (mHTT) nella microglia può indurre alterazioni del profilo trascrizionale e dello stato di attivazione delle cellule (Crotti A., et al., Mutant Huntingtin promotes autonomous microglia activation via myeloid lineage-determining factors. Nature Neuroscience  – Epub ahead of print doi: 10.1038/nn.3668, 2014).

La provenienza degli autori dello studio è la seguente: Department of Cellular and Molecular Medicine, University of California, San Diego, La Jolla, California (USA); Razavi Newman Integrative Genomics and Bioinformatics Core, Salk Institute for Biological Studies, La Jolla, California (USA); Laboratory of Genetics, Salk Institute for Biological Studies, La Jolla, California (USA); Department of Neurosciences, University of California, San Diego, California (USA); Ludwig Institute for Cancer Research and Department of Medicine, University of California, San Diego, California (USA); Dipartimento di Bioscienze e Centro per la Ricerca sulle Cellule Staminali, Università degli Studi di Milano, Milano (Italia).

Nel 1872 George Huntington descrisse una famiglia in cui numerosi membri presentavano un disturbo neurologico grave caratterizzato da movimenti involontari aritmici degli arti, simili a quelli di una danza (corea di Huntington). Gli studi seguenti hanno portato alla caratterizzazione prima clinica e poi genetica della malattia, definendone molti aspetti patologici in rapporto all’interessamento dei nuclei della base encefalica. La prevalenza è stimata all’incirca 5-10 su 100.000 abitanti con una incidenza apparentemente uguale nei due sessi.

Nelle fasi iniziali della malattia, la corea è spesso focale e talvolta possono essere presenti solo manifestazioni generiche quali un accresciuto ammiccamento, tic, smorfie o irrequietezza. Lo sviluppo seguente interessa varie parti del corpo, raggiungendo la massima espressione dei sintomi ipercinetici nell’arco di 10 anni, dopodiché si ha bradicinesia e rigidità che ricordano la malattia di Parkinson. Sono spesso presenti depressione, disturbi del comportamento e deficit cognitivi, che in alcuni casi costituiscono la parte più evidente del quadro clinico.

A sostegno della tesi secondo cui la malattia di Huntington sarebbe una patologia genetica dei gangli basali, vi è l’osservazione di neuroni di output dello striato precocemente e gravemente interessati dal processo patologico nelle prime fasi della malattia, ma studi autoptici hanno rivelato un interessamento più esteso e diffuso alla corteccia, al talamo, ai nuclei della base e al tronco encefalico.

La malattia di Huntington è una malattia genetica che si eredita come un carattere mendeliano autosomico dominante, risultante dalla mutazione di un gene altamente conservato e sito sul braccio corto del cromosoma 4. Il gene codifica la proteina citosolica e nucleare HTT, associata ai microtubuli e alle vescicole sinaptiche, ed ampiamente espressa in tutto il sistema nervoso e in altri tessuti del corpo. La mutazione responsabile della patologia consiste nella ripetizione in sequenza della tripletta CAG (poli-Q) che codifica la glutammina, determinando la traduzione di una sequenza poliglutamminica nella proteina. Questo genere di mutazione è stato riconosciuto all’origine di altre malattie ereditarie, ed attualmente la malattia di Huntington si classifica fra le nove patologie neurodegenerative ereditarie causate da ripetizioni estese della tripletta CAG (CAG-Polyglutamine Repeat Diseases)[1]. Per i meccanismi molecolari e i processi patogenetici e fisiopatologici causati dall’espansione di triplette della HTT nella malattia di Huntington, si rimanda alle trattazioni specialistiche.

Torniamo al lavoro qui recensito e condotto da Andrea Crotti con i più noti e già menzionati colleghi, coordinati da Christopher Glass.

L’approccio genome-wide ha rivelato che l’espressione nella microglia dell’Huntingtina mutante, caratterizzata dalla sequenza poli-Q (CAG-poliglutammina), promuoveva l’attivazione trascrizionale pro-infiammatoria autonoma dalla cellula, incrementando l’espressione e le attività trascrizionali dei fattori determinanti la linea mieloide PU.1 e i C/EBP.

I ricercatori hanno osservato elevati livelli di PU.1 e dei suoi geni bersaglio nel cervello di modelli murini della patologia e nell’encefalo di persone affette da malattia di Huntington.

La microglia esprimente la mHTT mostrava un’accresciuta capacità di indurre morte neuronica ex vivo e in vivo, in presenza di infiammazione sterile.

Nel complesso, i risultati ottenuti suggeriscono l’esistenza, alla base della reattività microgliale, di processi  autonomi dalla cellula che possono influenzare la patogenesi non autonoma dalla cellula della malattia di Huntington.

 

L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e suggerisce la lettura delle numerose recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Nicole Cardon

BM&L-08 marzo 2014

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] Le altre otto malattie sono l’atrofia muscolare spinale e bulbare (SBMA), l’atrofia dentatorubrale-pallidoluysiana (DRPLA) e sei forme di atassia spinocerebellare (SCA1, 2, 3, 6, 7 e 17).