Come la luce riprogramma i ritmi circadiani metilando il DNA
DIANE RICHMOND
NOTE
E NOTIZIE - Anno XII – 01 marzo 2014.
Testi pubblicati sul sito
www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind
& Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a
fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta
settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in
corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli
oggetti di studio dei soci componenti lo staff
dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo:
RECENSIONE]
La periodicità funzionale, dal ritmo sonno/veglia alla precisa ciclicità nelle 24 ore di picchi ormonali e di stati fisiologici e comportamentali, rimane uno fra gli enigmi più affascinanti dell’intera biologia[1]. Dagli orologi molecolari presenti in ogni cellula del corpo al sistema di timer che determina comportamenti circannuali come il letargo degli animali e il disturbo affettivo periodico o stagionale descritto in psichiatria, le strutture che assicurano e regolano automatismi ciclici sembrano costituire una componente essenziale degli organismi e dell’organizzazione funzionale della materia biologica, ma ancora presentano numerosi aspetti oscuri o scarsamente indagati.
La temporizzazione di ritmi e comportamenti con una periodicità di circa un giorno, e perciò detti circadiani (da circa dies), presenta un alto grado di variabilità fra individui, e studi condotti su gemelli monovulari hanno suggerito che almeno metà di questa variabilità sia controllata dall’ambiente.
In topi
esposti ad un’alterata illuminazione ambientale si può rilevare la plasticità
della temporizzazione circadiana indotta da un parametro fisico del mondo
esterno. Ad esempio, facendo vivere per un certo tempo dei roditori in una
condizione in cui l’alternanza luce/buio (giorno/notte) anziché svilupparsi
nelle 24 ore fisiologiche segue una periodicità di 22 ore, si determina un
cambiamento stabile, per mesi, del periodo
geneticamente determinato. I meccanismi molecolari che attuano questa influenza
ambientale non sono noti, ma un lavoro di Steven Brown e colleghi, che sarà
pubblicato su Nature Neuroscience,
sembra aver identificato con precisione, nell’orologio principale
dell’organismo sito nel nucleo
soprachiasmatico dell’ipotalamo (SCN),
i meccanismi reversibili dei
cambiamenti nella trascrizione e
nella metilazione del DNA alla base
degli effetti sui ritmi indotti dall’ambiente (Azzi A., et al., Circadian
behavior is light-reprogrammed by plastic DNA methylation. Nature Neuroscience – Epub ahead of print doi: 10.1038/nn.3651, 2014).
La provenienza degli autori dello
studio è la seguente: Institute of Pharmacology and Toxicology, University of
Zurich, Zurich (Svizzera); Functional Genomics Centre, University of Zurich,
Zurich (Svizzera); Laboratory of Chronobiology, Institute of Medical
Immunology, Charité University of Medicine, Berlin (Germania).
La ricerca per l’individuazione delle basi neurali della ritmicità del sonno portò all’identificazione del nucleo soprachiasmatico dell’ipotalamo (SCN, da suprachiasmatic nucleus), un aggregato di neuroni così definito per la sua posizione anatomica subito al di sopra dell’incrociamento dei nervi ottici (chiasma ottico). La frequenza di accensione-scarica di questi 20.000 neuroni segue un ritmo endogeno circadiano, conferendo perciò a questo nucleo il profilo funzionale dell’orologio biologico principale (master clock) dell’organismo nei mammiferi. Queste cellule nervose cerebrali costituiscono, nel loro insieme, il pacemaker critico per l’organizzazione del sonno in un pattern circadiano. Animali con lesioni di questo nucleo continuano a presentare una durata fisiologica del sonno quotidiano nel suo insieme, ma il sonno si presenta a fasi disordinate durante il giorno e la notte. Il nucleo soprachiasmatico è organizzato in distinti gruppi funzionali ed agisce come il controllore delle oscillazioni ritmiche di orologi presenti in altri organi del corpo. Questi orologi periferici sono capaci di mantenere i propri ritmi circadiani solo per pochi giorni se mancano dell’input dal nucleo soprachiasmatico.
Gli orologi biologici che controllano i ritmi circadiani sono costituiti da varie parti: un complesso insieme di fattori di trascrizione, proteine, chinasi, fosfatasi e molecole regolatrici che si sono conservate durante l’evoluzione delle specie. L’essenza del meccanismo dell’orologio nel nucleo soprachiasmatico, così come in altri organi, è una coppia di anelli ciclici o loop a feedback trascrizionali: il primo forma il nucleo del meccanismo circadiano, mentre il secondo forma un loop modulatorio che stabilizza il ritmo. Tali sistemi a feedback interconnessi sono molto simili nel moscerino della frutta e nei mammiferi.
Al centro dei due loops vi sono due attivatori trascrizionali, CLOCK e BMAL1. Questi fattori di trascrizione si legano l’un l’altro e formano un eterodimero che rinforza nel topo la trascrizione del gene per (mPer1-3) e i geni criptocromici (mCry1-2), in tal modo accrescendo le concentrazioni citoplasmatiche delle proteine PER e CRY. A loro volta, PER e CRY formano eterodimeri, entrano nel nucleo ed inibiscono CLOCK e BMAL1, così reprimendo la trascrizione di PER e CRY. Questa sequenza costituisce l’essenza del meccanismo circadiano, in cui Bmal1 RNA raggiunge un picco 12 ore fuori di fase con mPer ed mCry RNA. CLOCK e BMAL1 sono anche al centro del loop modulatorio che modifica i livelli degli eterodimeri CLOCK/BMAL1. Per inciso, le mutazioni nei geni del loop stabilizzante alterano i ritmi circadiani dell’animale molto meno di quanto facciano le mutazioni del loop principale. Una volta che l’orologio nel nucleo soprachiasmatico dell’ipotalamo ha generato il ritmo con questi meccanismi e che il ciclo naturale luce/buio (giorno/notte) lo ha sincronizzato, avviene la sua trasmissione ai vari sistemi attraverso segnali elettrici ed umorali. A questo fine, il segnale molecolare ritmico, nei neuroni del nucleo soprachiasmatico dell’ipotalamo, è trasformato in attività elettrica e trasmesso attraverso i potenziali d’azione ai neuroni di altre aree dell’encefalo[2].
La possibilità, numerose volte osservata e vagliata sperimentalmente, di notevoli variazioni individuali nelle manifestazioni comportamentali ritmiche, su una base molecolare così bene definita ed altamente conservata nel corso dell’evoluzione, ha suggerito da tempo ai ricercatori una notevole importanza del fattore ambientale. Un’intensa sperimentazione, centrata sulla modificazione della durata naturale di 24 ore del ciclo giorno/notte, ha confermato il ruolo della luce nel causare modificazioni del periodo geneticamente determinato attraverso l’attività molecolare del loop principale e di quello stabilizzante appena descritti.
Un esperimento tipico, consistente nell’esporre dei roditori ad un ciclo di 22 ore, determina una periodicità circadiana di 22 ore, che permane per mesi dopo il periodo di condizionamento. L’accertamento dei meccanismi molecolari che consentono questo effetto ha indotto Abdelhalim Azzi, con vari colleghi guidati da Steven A. Brown, a verificare nei topi le conseguenze sui processi di trascrizione, nei neuroni del nucleo soprachiasmatico dell’ipotalamo, dell’esposizione temporanea ad un ciclo di 22 ore. La verifica ha mostrato una stabile alterazione globale della trascrizione. Parallelamente, è stata condotta un’indagine estesa a tutto il genoma del profilo di metilazione del DNA. L’esito dell’indagine nel materiale genetico delle cellule nervose del nucleo soprachiasmatico, ha rivelato alterazioni globali nella metilazione del DNA nel promotore, coerenti e collegate con i cambiamenti indotti nella trascrizione. L’osservazione dei ricercatori ha posto in relazione le alterazioni molecolari con i cambiamenti osservabili nel comportamento dei topi studiati e posti a confronto con roditori fungenti da controllo.
La fase successiva dello studio ha comportato un ricondizionamento prolungato dei topi al ciclo naturale luce/buio di 24 ore. Dopo tale training i topi sono stati nuovamente esaminati sia in termini genetici che comportamentali: tutte le modificazioni trascrizionali, di metilazione e di comportamento precedentemente registrate erano rientrate, riportando i parametri al livello fisiologico. Un altro esperimento è consistito nell’infusione, nel nucleo soprachiasmatico dell’ipotalamo dei topi condizionati al cambiamento di ritmo circadiano, di un inibitore della metiltransferasi. Anche in questo caso, l’esito è stato molto eloquente: l’inibitore è stato sufficiente a sopprimere le alterazioni indotte dal condizionamento al ciclo non naturale.
I risultati di questo studio suggeriscono che il principale orologio biologico dell’organismo, per realizzare adattamenti temporanei ad una diversa condizione ambientale, utilizza come meccanismo la metilazione del DNA.
L’autrice della nota ringrazia la
dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e suggerisce la
lettura delle numerose recensioni di argomento connesso che appaiono nella
sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina
“CERCA”).
[1] La cronobiologia è considerata una branca indipendente della ricerca biologica, che alcuni decenni fa, grazie ad un buon sostegno finanziario, aveva visto il moltiplicarsi di istituti e progetti di ricerca interamente dedicati alle sue tematiche. Attualmente costituisce un settore della sperimentazione biologica molto ridimensionato.
[2] Varie aree dell’ipotalamo ricevono l’input dal nucleo soprachiasmatico e giocano un ruolo nell’integrazione dell’output: la descrizione di questi processi esula dai limiti di questa breve introduzione, e pertanto si rinvia alle trattazioni specialistiche o al breve scritto di Richmond, Cardon e Perrella “Guida ai meccanismi molecolari dei ritmi circadiani” (BM&L, Firenze 2012).